12 mesi con Elasti

di Caterina Balducci

Attualità
12 mesi con Elasti

– Il libro che ti ha cambiato la vita, se esiste.
Il primo. Io avevo circa cinque anni e lui si chiamava Il libro dei primati. Aveva una copertina nera, con le scritte arancioni e verdi. Raccontava dell’uomo più alto del mondo, di quello più basso, più grasso, della macchina più veloce, della donna con le unghie più lunghe e di altri imperdibili fenomeni. Un giorno ero lì, seduta, con il libro in mano e lessi: “Da piccino Robertino, Robert Waldum in verità, era un bimbo di normali qualità. Ma da grande già pesava un quartin di tonnellata e da terra misurava ben tre metri la sua altezza smisurata”. La cosa sensazionale, per me, era che io non sapevo leggere, prima di quel momento. Robertino piccino fu la mia epifania. Grazie a lui scoprii che ero dotata del super potere della lettura. Lui mi aprì il mondo, non solo di Guinness dei primati.

– Il libro che non ti ha cambiato la vita, anche se forse avrebbe dovuto…
La grammatica greca. Non mi ricordo nulla e ho spesso la sgradevole sensazione di cinque anni di liceo classico trascorsi invano.

– Sei d’accordo con Pennac (Come un romanzo) sul diritto del lettore di non finire un libro?
Sono d’accordissimo. Il lettore ha il diritto di iniziare un libro, mollarlo nella cesta della biancheria sporca, riprenderlo tre mesi dopo, chiuderlo in cantina, finirlo, prestarlo, chiederlo indietro, annusarlo, rileggerlo, regalarlo alla biblioteca o al nipotino analfabeta. Ha il diritto di fargli pubblicità o di dire a tutti che è una boiata pazzesca. Il libro è del lettore che ne fa quello che meglio crede.

– Il posto più strano dove hai scritto.
Dentro una zanzariera, durante un concerto di rane, in Uganda.

– L’orario preferito per scrivere.
La sera, prima di dormire, messi a letto i figli. Qualche tempo fa ho letto che, effettivamente, il momento ideale per scrivere è proprio la sera, perché la stanchezza abbassa i freni inibitori. Pare invece che il momento migliore per scrivere un tweet è la mattina presto. Se entro le 8 non hai mandato un tweet intelligentissimo, ti sei fatto scappare la tua occasione, fino alle 8 di domani.

Inchiostro o tastiera?
Tastiera, del computer, del telefonino, dell’Ipad. Quasi solo tastiera, purtroppo. Però l’inestetico callo dello scrittore non mi è ancora andato via.

– Carta o digitale?
Fino a prima dell’estate scorsa, solo carta. Poi ho letto il mio primo libro digitale (Ehm, 50 sfumature di grigio, lo confesso) e mi sto pericolosamente e rapidamente convertendo.

– Facebook o Twitter?
Nessuno dei due in verità. Mi mettono una certa ansia, anche se li frequento abbastanza assiduamente entrambi.

– Non potresti mai scrivere senza…
Senza il mondo intorno. Per scrivere ho bisogno di vedere le cose che si muovono, ascoltare le persone che parlano, preferibilmente di idiozie private, stare in mezzo. Non ho grande fantasia, né un bacino ricco e interiore a cui attingere. Lo so, tutto questo non mi fa grande onore ma è così. In compenso non ho bisogno di nessun feticcio per scrivere, di nessun tavolo, nessuna musica, nessun computer o penna particolare. Dove mi mettono scrivo.

– Raymond Carver, maestro del racconto, diceva: “Mi piace il fatto che può essere scritto e letto in una sola seduta”, sei d’accordo?
Percependo me stessa soprattutto come blogger, non potrei essere più d’accordo. Adoro la brevità. Io sono persino contraria ai post troppo lunghi in un blog…

– Cosa ti piacerebbe portare nel 2013? E cosa lasciare?
Nel 2013 porterei una razione supplementare e gratuita di tempo. Tempo per leggere, per dormire, per giocare, per amoreggiare. Mentre lascerei l’ansia da prestazione, il senso di inadeguatezza e quello di colpa dietro le spalle, magari sigillati dentro un tombino.

– Un messaggio di auguri per il prossimo anno (chi ben comincia…) per gli/le smemorandiani/e.
Una poesia di Eduardo Galeano, giornalista e scrittore uruguaiano, sull’utopia:

 

L’utopia è come l’orizzonte.
Cammino due passi
e si allontana di due passi,
cammino dieci passi
e si allontana dieci passi.
L’orizzonte è irraggiungibile.
E allora a cosa serve l’utopia?
A questo: serve per continuare a camminare.

Elasti nella vita vera si chiama Claudia De Lillo, fa la giornalista finanziaria, ha tre figli, abbastanza piccoli e tutti maschi, e un marito economista marxista che lavora lontano, a volte lontanissimo.
Ha un blog, una rubrica su “D” di Repubblica e all’attivo due best seller pubblicati con Tea: Nonsolomamma e Nonsolodue.