Non è una storia, è la verità. Non è un film, è la storia. È lo schifo, è l’orrore, è l’inferno: l’Olocausto, i campi di concentramento, adulti e bambini deportati, seviziati e bruciati, umiliati… È la testimonianza di quello che è successo, di quello che non sarebbe mai dovuto succedere e di quello che si potrebbe ripetere o si sta ripetendo in forme diverse.
È un docufilm: #AnneFrank. Vite parallele.
A 90 anni dalla nascita di Anne Frank, l’attrice da Oscar Helen Mirren ripercorre attraverso le pagine del diario la vita di Anne Frank e ci porta nella storia di 5 donne che da bambine e adolescenti sono state deportate nei campi di concentramento e sono sopravvissute alla Shoah: Arianna Szörenyi, Sarah Lichtsztejn-Montard, Helga Weiss e le sorelle Andra e Tatiana Bucci.
Come sarebbe stata la vita di Anne Frank se avesse potuto vivere dopo Auschwitz e Bergen Belsen? Cosa ne sarebbe stato dei suoi desideri, delle speranze di cui scriveva nei suoi diari? Cosa ci avrebbe raccontato della persecuzione, dei campi di concentramento? Come avrebbe interpretato la realtà attuale, il rinascente antisemitismo, il razzismo?
Anne faceva l’unica cosa che era libera di fare: scriveva, rinchiusa in una minuscola stanzetta, senza finestre, per due anni. Anne, lo sappiamo, morirà per mano dei nazisti insieme alla sorella e alla madre. Il padre sopravviverà. Ma si sopravvive? La figlia di Arianna Szörenyi, una delle testimoni ancora vive dei campi di concentramento, dirà a un certo punto del film che forse Arianna non è mai uscita dai campi di sterminio. Arianna l’abbiamo vista, è ora una nonnina potentissima, forte, incazzata. Il nipote si è fatto tatuare sul braccio il numero di riconoscimento della nonna. Arianna, incrociò ad Auschwitz Anne Frank e sua sorella. Vite parallele…
Una singola Anne Frank detta più commozione delle miriadi che soffrirono come lei,
la cui immagine è rimasta nell’ombra
Primo Levi
Il set del docufilm è la camera del rifugio segreto di Amsterdam di Anne. È stata ricostruita nei minimi dettagli dagli scenografi del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa. Un’attentissima e dettagliata ricostruzione ambientale che ci riporterà al 1942. Nella stanza ci sono gli oggetti della sua vita, le fotografie con cui aveva tappezzato le pareti, i quaderni su cui scriveva.
Una giovane attrice, interpretata da Martina Gatti, ha invece il ruolo di guidarci nei luoghi di Anne e delle superstiti della Shoah. È lei a viaggiare per l’Europa alla scoperta delle tappe della breve vita di Anne. È ragazza che vuole conoscere la storia dell’adolescente ebrea diventata simbolo della più grande tragedia del ‘900 e ci parla soprattutto attraverso i social. Martina scrive una sorta di diario digitale che mette in relazione le tragedie passate con il presente e tenta di capire quale possa essere oggi l’antidoto contro ogni forma di razzismo, discriminazione e antisemitismo. È la sua curiosità, la sua voglia di non restare indifferente, a farci riscoprire l’assoluta contemporaneità delle parole di Anne Frank, ma anche la potenza delle voci di chi ancora può ricordare. Quelle di Arianna, Sarah, Helga, Andra e Tatiana, le storie parallele. Come Anne Frank hanno subito, da giovanissime, la persecuzione e la deportazione. A loro è stata negata l’infanzia, hanno perduto nei lager madri, padri fratelli, amici, amori.
Racconti strazianti, come quando Arianna, deportata a 11 anni, rievoca i suoi incontri con la madre attraverso il filo spinato di Auschwitz. Donne che narrando trasmettono anche forza, sfida, ironia. Sarah organizzava in campo con le altre ragazzine una gara fra pulci. Non si vinceva niente ma aiutava a vivere.
La domanda che ci impone il docufilm è: come facciamo ad essere sicuri che non risucceda? Parlandone, contorcendoci anche nelle sale cinematografiche, ascoltando storie di bambine strappate via dalla mamma mentre dormivano, bambini costretti a gettare via cadaveri e a cantare in tedesco a piedi scalzi e frustati, cercando di fare similitudini con l’attualità, la Libia, la Siria, i migranti lasciati morire in mare…
Nel documentario, tra le altre, le voci del rabbino Michael Berenbaum, storico e docente di studi giudaici in diverse università americane, dello storico della Shoah Marcello Pezzetti, direttore del nascente Museo della Shoah di Roma, dell’etnopsicologa francese Nathalie Zajde, delle testimoni Doris Grozdanovicova e Fanny Hochbaum, della violinista di fama internazionale Francesca Dego, di Yves Kugelmann giornalista e membro dell’Anne Frank Fonds di Basilea, di Ronald Leopold, direttore dell’Anne Frank House, del direttore del magazine online Jewpopo Alain Granat, del fotografo Simon Daval.
#AnneFrank. Vite parallele. Scritto e diretto da Sabina Fedeli e Anna Migotto, con la colonna sonora di Lele Marchitelli, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in partecipazione con Rai Cinema e in collaborazione con l’Anne Frank Fonds di Basilea e il Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, in uscita nei cinema italiani solo l’11, 12 e 13 novembre (elenco sale su nexodigital.it).
In occasione dell’uscita del docu-film, nasce anche il profilo Instagram @CaraAnneFrank: come Kitty contemporanee, tutti noi possiamo parlare ad Anne e alle altre testimoni raccontando loro i nostri pensieri e le nostre emozioni sul tema della memoria. È questo l’invito rivolto a studenti e lettori in occasione dell’uscita in sala di #AnneFrank. Vite parallele, che vorrebbe mettere in luce l’assoluta contemporaneità del messaggio e delle testimonianze di Anne, Arianna, Sarah, Helga, Andra e Tatiana come strumento per comprendere il mondo attuale e contro ogni forma di razzismo.
È stato inoltre ideato un progetto specifico che prevede la programmazione di speciali matinée al cinema dedicate alle scuole (per prenotazioni: progetto.scuole@nexodigital.it).
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