Oggi sono i comici più importanti ed amati in Italia, ma ieri chi erano, come andavano a scuola, che voti prendevano, quali prof odiavano o amavano, quante volte bigiavano scuola? Oggi intervistiamo l’attore comico Antonio Ornano, un esemplare di maschio caucasico clamorosamente imperfetto. Motivo per cui i suoi spettacoli sono un inno all’incompiutezza emotiva e sentimentale, un’ode all’imperfezione che si propone di squarciare l’ipocrisia di una società che ci vorrebbe sempre infallibili e di successo.
Antonio Ornano nasce a La Spezia, ma si trasferisce a Genova all’età di 10 anni dove ottiene la maturità classica e perfino la laurea in giurisprudenza. Durante gli anni dell’università, più che per il diritto, scopre la fascinazione per il teatro e in generale per il mondo della comunicazione. Due passioni, per molti versi affini e convergenti che ancora oggi coltiva con gioia. Tra un Riccardo III e altri spettacoli su Pavese ed Edgar Allan Poe fonda una factory creativa (MAODIT entertainment) con cui scriverà produce e interpreta spettacoli e cortometraggi, partecipando a festival internazionali in Brasile, Francia, Cina e Ucraina. Dopo anni di teatro di ricerca, prova a sperimentare con la comicità e approda in tv conquistandosi il pubblico di Zelig. Oggi è su Amazon Prime con la serie tv La Scatola Nera.
Antonio, che scuola hai fatto?
Il Liceo Classico Cristoforo Colombo di Genova (ndr poi si è laureato in Giurisprudenza).
A scuola eri uno da primo, secondo o ultimo banco?
Ero un tipo da ultimo banco che però si ritrovava sempre al primo perché faceva casino.
La materia che amavi di più? E quella che odiavi di più?
Italiano e filosofia quelle che mi piacevano. Tutte le altre non mi garbavano, detestavo in particolar modo il greco, fatta eccezione per la letteratura, il latino e l’abominevole matematica.
Nella tua vita da studente qual è stato l’anno peggiore? E il migliore?
L’anno peggiore è stata la prima Liceo. Dopo che sono sopravvissuto per il rotto della cuffia ai primi due anni di ginnasio il cambio della professoressa di Latino e Greco, mi ha dato la mazzata di grazia. Aggiungici l’esplosione dell’adolescenza e la perdita di mio nonno, che per me era come un padre, sono andato in corto circuito. Mia mamma mi ha deportato in un’altra scuola per non farmi bocciare. Il migliore senza dubbio l’anno della maturità.
Eri uno che copiava o uno che passava?
Copiare tutta la vita. Il principale insegnamento del liceo classico è stato imparare a copiare. Se avessi impiegato a studiare tutto il tempo che ho trascorso per inventarmi stratagemmi e sotterfugi finalizzati alla copiatura, oggi sarei un intellettuale di primo livello.
C’è un prof oppure una prof che è entrato spudoratamente nel tuo cuore? E uno o una che ti ha fatto molto male?
Il professore di italiano che ho incontrato nella scuola dove mi ha deportato mia madre per non farmi bocciare era straordinario: Agostino Moraglia. Un uomo che mi ha fatto capire cosa significasse passione, perché la vedevi in lui, quando spiegava. Ma non era autoreferenziale, lui godeva quando riusciva ad appassionarti, quando si rendeva conto che ti coinvolgeva. Nessun professore mi ha fatto male, o se qualcuno lo ha fatto l’ho semplicemente rimosso. Certo è che la professoressa di Latino e Greco della mia prima liceo era la reincarnazione della malvagità: ti interrogava a sorpresa, 10 volte di seguito, ma forse ero solo io che non avevo voglia di fare niente
Quando eri tra i banchi di scuola sapevi già che avresti fatto il comico di mestiere? Se no, che mestiere sognavi di fare?
No. Ero esuberante ma non ne avevo idea. A 16 anni ho iniziato ad appassionarmi al teatro. Volevo più diventare un attore che un comico. Come alternativa forse avrei voluto fare lo psicologo. Mi è sempre piaciuto ascoltare. Anche con gli occhi. La mia specialità è predicare benissimo e razzolare malissimo.
Chi è il compagno di scuola che non dimenticherai mai?
Il mio compagno di banco della quarta ginnasio. Si chiama Luca Ceravolo. Ancora oggi è come un fratello.
Come sono, secondo te, gli studenti di oggi?
Gli studenti secondo me sono sempre uguali. È il contesto intorno che cambia. Negli anni ’70 la politica era parte integrante della vita di una persona. Negli anni ’80 lo era il disimpegno, la frivolezza, il consumismo. Oggi siamo circondati dalla tecnologia. Abbiamo milioni di opportunità tecnologiche che ci offrono milioni di opportunità di conoscenza e di relazione. Dipende da quanto siamo in grado di approfittarne. L’unico vero rischio è lasciarsi imprigionare dal virtuale. Non essere più fisicamente ed emotivamente tra le persone.
Cosa stai portando in scena oggi? Di che parla il tuo spettacolo?
Debutto con il mio nuovo spettacolo, l’Ornano Furioso. Parto dall’Ariosto per arrivare a riflettere sulle ragioni della mia rabbia. Il responsabile sono io, una consapevolezza che è anche una condanna, perché ti priva dell’effimero quanto catartico piacere di prendertela sempre con qualcun altro. E così l’unica via è smetterla di essere altrove e obbligarti a vivere in un tempo a cui non siamo più abituati, il presente. Il tempo giusto per cancellare ogni alibi, per bearti dei sogni infranti e sguazzare nei tuoi fallimenti. Poi magari scopri che, nascosti da qualche parte, ci sono persino dei tuoi simili. E allora ti scappa da ridere. Come si intuisce, mi piace molto partire alla scoperta delle fragilità umane. La verità è che siamo venuti al mondo clamorosamente imperfetti ed il rischio, soprattutto nel tempo in cui viviamo, è fingere tutta la vita di essere quello non siamo. Forse è un peccato, perché alle volte, i vincitori non sanno proprio cosa si perdono.
Che consigli ti senti di dare ai ragazzi che affronteranno la maturità 2020?
Godetevela, godetevi gli sbalzi di umore, le esplosioni di gioia che seguiranno agli abissi delle vostre fisiologiche malinconie. Siate curiosi. Se non l’avete già è il momento di trovarvi una cazzo di meravigliosa passione che vi accompagni tutta la vita. È il momento giusto la maturità, uno spartiacque. Siete in quella meravigliosa età che invidio, quella in cui avete il futuro a disposizione.
Com’è stata la tua maturità?
Dopo un anno e mezzo trascorso nel nuovo liceo, per la maturità sono tornato nel mio vecchio liceo, in un’altra sezione. Mia mamma mi ha mandato a ripetizione di tutto, anche di compasso, ma alla fine mi sono miracolosamente diplomato con un paio di linee di febbre 38/60, che, stante le premesse, è stato un po’ come se il Genoa si fosse salvato con due giornate di anticipo. La gioia post maturità, il bagno di mezzanotte in spiaggia, la cartucciera con tutte le versioni di greco miniaturizzate per copiare lo scritto, il bacio con una mia compagna di classe, insomma, bei ricordi.
Hai mai bigiato? O meglio dalle tue parti (ndr Genova) come si diceva?
Ovviamente, da noi si diceva prosaicamente marinare. L’ho fatto tantissimo, spudoratamente e incautamente. A Genova ci si rifugiava a giocare a carte in un baretto vicino alla scuola, dove una volta su tre ci scoprivano i professori oppure si andava a giocare a calcio ai Parchi di Nervi.
Che voto ti dai per tutto quello che hai fatto, fai e farai?
Al contrario dei miei prof di liceo mi piace essere di manica larga. Mi darei un 7 per il passato, un 7 per il presente e un 8 per il futuro, perché alla fine ci si prova sempre a migliorare, anche se non sei mai stato uno studente modello.
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