Dopo Gli zingari rubano e altri pregiudizi, la Sfatina (super eroina disegnata da Maicol & Mirco) cercherà di sfatare i peggiori luoghi comuni sui migranti. Stavolta, ad aiutarci nella nostra difficile impresa, c’è la dottoressa Carlotta Santarossa, Project Manager dell’OIM, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. L’OIM è un ente importantissimo che si occupa di tutte quelle persone che, per vari motivi, lasciano il proprio paese di origine. Appena una settimana fa, l’OIM ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché si trovino alternative e meccanismi di sbarco sicuri per i migranti soccorsi in mare e che sono in fuga dalla Libia. Tra gli obiettivi dell’OIM c’è anche quello di migliorare la comprensione delle questioni legate all’immigrazione.
Dott.ssa Santarossa, come si svolge il vostro lavoro? L’OIM è la principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio e conta 174 stati membri. Siamo nati nel 1951 e l’Italia è tra gli stati fondatori dell’organizzazione. In Italia il nostro staff si trova a Roma, ma abbiamo anche personale dislocato sul territorio. Lavoriamo in partnership con le istituzioni italiane, con le altre Agenzie delle Nazioni Unite (ES. UNICEF e UNHCR), con le associazioni dei migranti e con la società civile.
Perché è importante monitorare il percorso migratorio? La migrazione è un fenomeno complesso, che coinvolge le società di partenza, arrivo e transito dei migranti. Ci sono moltissime ragioni per cui una persona può decidere oppure essere costretta a lasciare il suo paese, ma sicuramente è un percorso che produce un cambiamento, in chi lo vive e in chi ne viene comunque coinvolto a vario titolo. Trattandosi di un fenomeno ampio, che nel mondo coinvolge secondo l’OIM almeno 270 milioni di persone nel mondo (circa il 3,5 % della popolazione globale), è importante che sia gestito per cercare di garantire che i diritti di tutti coloro che sono coinvolti in questo processo siano rispettati, e che i benefici non solo economici, ma anche sociali e culturali, siano appannaggio di tutti.
Quando ha iniziato a fare questo lavoro, aveva dei pregiudizi sui migranti che poi si sono rivelati infondati? Quando ho iniziato non sapevo moltissime cose sul fenomeno migratorio, e ancora oggi ne imparo di nuove ogni giorno. Le immagini che arrivano dalla TV o dai media spesso mostrano i migranti come persone bisognose, senza risorse e alla ricerca di salvezza. Sicuramente ci sono molti che si trovano in queste drammatiche condizioni, ma la migrazione è molto altro, sono anche gli imprenditori che investono in Italia, gli studenti che si spostano nel mondo per conoscere e imparare, gli artisti che fanno arte, musica e cinema. Dal 2016 siamo entrati nel sistema ONU diventando Agenzia Collegata alle Nazioni Unite. Il Quartier generale dell’Organizzazione è a Ginevra, mentre l’OIM Italia esercita un ruolo di Coordinamento per i paesi dell’area mediterranea. Siamo attivi in tantissimi settori legati alle migrazioni, ma in sintesi ci impegniamo nel proteggere chi rischia la vita per migrare e nel promuovere una migrazione regolare e sicura, cercando allo stesso tempo di aiutare sia i paesi di origine sia quelli che accolgono i flussi migratori a comprendere, a gestire e a valorizzare la ricchezza – umana, economica, sociale – che le migrazioni portano con sé.
Sfatiamo insieme una serie di pregiudizi sui migranti.
1. Non possiamo accoglierli tutti. Come dicevo prima quando si parla di immigrati si pensa quasi sempre al fenomeno drammatico degli arrivi via mare. È raro sentire parlare dei circa 5 milioni di migranti regolari che vivono nel nostro paese e contribuiscono a circa l’8 % del PIL nazionale. I flussi via mare invece sono un’emergenza dal punto di vista umanitario, quello sì, ma numericamente abbastanza limitato: basti pensare che al massimo gli arrivi via mare hanno raggiunto i 180.000 nel 2016, mentre nel 2019 sono arrivate via mare circa 11.000 persone. Per fare un rapporto lo stadio di San Siro può ospitare 75.000 persone. Questo tipo di flussi migratori tra l’altro sono soprattutto un fenomeno sud-sud e che nello specifico riguarda persone che si spostano all’interno del continente africano o in Medio Oriente. I numeri che arrivano in Europa sono di fatto residuali rispetto a un fenomeno più grande che però si svolge altrove. I minori stranieri non accompagnati (e cioè quasi sempre ragazzi fra i 16 e i 18 anni che viaggiano da soli, senza genitori o familiari) sono circa il 15% del totale.
2. Arrivano con il barcone e invadono le nostre coste. Arrivano attraverso viaggi difficili, fatti a tappe, per cercare di raccogliere il denaro necessario per il tragitto seguente, affidandosi a persone senza scrupoli che lucrano sulla disperazione altrui. Sono viaggi pieni di paura e di sofferenza, dove non si sa mai quando si arriverà, se si arriverà, dove si arriverà. Molto spesso ci sono persone destinate a essere gravemente sfruttate durante il viaggio o una volta giunte alla loro destinazione finale, a volte vengono addirittura scelte con questo scopo, o vendute da familiari, e sono quelle che per la legge si chiamano “vittime di tratta”. Come dicevamo l’emergenza quindi è soprattutto umanitaria: l’OIM ha stimato che dal 2014 oltre 19.000 persone sono morte nel Mediterraneo. E questo numero non include coloro, probabilmente migliaia. che perdono la vita nel deserto.
3. Sono tutti terroristi o criminali. I migranti che arrivano in Italia hanno un percorso migratorio complesso che segue diverse motivazioni e modalità. Alcune persone lasciano paesi in guerra, violenza indiscriminata, persecuzioni individuali, ed hanno diritto a quella che si chiama protezione internazionale. Molti altri invece cercano di trovare scampo da gravi forme di povertà e di minacce alla propria possibilità di sopravvivenza a causa del ridursi delle risorse nei loro paesi, anche per colpa dei cambiamenti climatici. Molti in realtà decidono la loro meta lungo il percorso, a volte si spostano nei paesi confinanti per cercare lavoro e poi continuano, fino a quando, arrivati in Libia, trovano una situazione che di fatto li spinge a continuare verso l’Europa.
4. Vengono tutti in Italia. Non vengono tutti in Italia. In Italia, ed in altri paesi che affacciano sul Mediterraneo, arrivano coloro che scappano dalla Libia o dalla Tunisia. Negli ultimi anni per rispondere a questo flussi sono stati adottati meccanismi di redistribuzione fra diversi paesi dell’Unione Europea. I minori possono essere ricongiunti con altri familiari che vivono in Europa in base a diverse norme.
5. I migranti hanno addirittura lo smartphone, non sono così disperati. Uno smartphone permette alla persona non solo di chiamare la famiglia, ma anche di capire dove si trova su una mappa, di ricevere fotografie di luoghi da raggiungere o attraversare, di scambiare informazioni con altri migranti lungo la rotta. E’ sicuramente un oggetto mediamente costoso, ma non penso possa essere definito un bene di lusso, sintomo di ricchezza, soprattutto se è l’unico strumento per poter comunicare durante i mesi, o gli anni, di viaggio. Il mio smartphone costa 140 euro non penso si possa considerare un bene di lusso!
6. Ci rubano il lavoro. I migranti che arrivano in Italia via mare devono aspettare diverso tempo per poter lavorare regolarmente e incontrano enormi difficoltà nell’accesso al mondo del lavoro, per colpa della barriera linguistica e del mancato riconoscimento dei titoli di studio che possono aver preso all’estero, inoltre è molto difficile fare incontrare la domanda di lavoro e l’offerta di questa popolazione migrante. Piuttosto dobbiamo dire che molti di coloro che vengono impegnati sono sfruttati nelle campagne o in altri settori, con orari di lavori spesso massacranti, nessun contratto, nessuna tutela, in condizioni di lavoro disumane, che riguardano anche i minori. In molti casi chi trova loro questi lavori (raccolta di frutta e verdura, lavori nell’edilizia, consegne, etc.) pretende che una parte del guadagno, già bassissimo, sia data a loro per l’attività di “intermediazione”. Questo è il fenomeno del caporalato, e riguarda gli stranieri ma anche gli italiani, e che sfrutta il bisogno delle persone più deboli che non hanno altro modo per poter trovare lavoro. E’ un modo per guadagnare sfruttando la sofferenza altrui, che si basa sulla paura di chi lavora di perdere anche queste poche possibilità di guadagno. Dovremmo cercare tutti di riflettere su quanto di quello che compriamo, i pasti che consumiamo, i vestiti che indossiamo, sia frutto di queste forme di vera e propria schiavitù. Iniziare a farsi queste domande è il primo passo per cominciare a trovare delle risposte.
LE PAROLE GIUSTE sui minori migranti della Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Milano Anna Maria Caruso
«Il tema delle migrazioni è complesso e transnazionale. Come Garante dell’Infanzia di Milano vorrei limitarmi ad alcune note sui Minori stranieri non accompagnati che, a migliaia, sono arrivati a Milano, nel corso di questi anni. Il numero dei minori stranieri presenti in Italia al 31/12/2019 è di 6.054, a Milano sono circa 800, ma ne sono transitati a migliaia nell’arco di questi anni. Il 90% di loro ha un’età compresa tra 14 e 17 anni e i paesi di provenienza sono soprattutto Egitto, Albania e Pakistan, oltre ai paesi dell’Africa subsahariana. Sappiamo che la presenza straniera a Milano si caratterizza come fenomeno complesso ed in continua evoluzione. Diversi sono i paesi di provenienza così come i progetti e i modelli migratori. Per i minori stranieri soli, a complessità si aggiunge complessità, a fragilità altre fragilità, altre problematiche. In particolare, l’età molto vicina ai 18 anni di questi ragazzi rende urgente indirizzarli verso l’autonomia personale e lavorativa perché sono soli e possibili prede di chi opera fuori legge, ma vanno soprattutto aiutati a costruirsi un futuro sostenendo le loro capacità e la loro voglia di affermarsi. Il complesso sistema di accoglienza risente ancora di un clima di emergenza e fatica a farsi carico di una domanda così complessa quale è quella di cui i migranti sono portatori. Il Tribunale per i Minorenni di Milano sempre più riesce ad affiancare ad un minore migrante un tutore volontario e questa presenza aiuta a predisporre per lui un progetto ”su misura” che, grazie ai sevizi che il Comune mette a sua disposizione, facilita la sua crescita e la sua inclusione.» Anna Maria Caruso, Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Milano
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