
Una volta la Warner Bros era i Looney Tunes (i cartoni animati brevi, quelli con Bugs Bunny e Daffy Duck), che non avevano altro scopo se non quello di fare ridere i bambini. Anzi, di far ridere tutti quanti. E di farlo anche stupidamente. Non importava come: il povero Wile E. Coyote finiva schiantato, schiacciato, esploso? Perfetto: se faceva ridere, andava tutto bene.
Oggi però siamo nel 2016, e far ridere non basta: bisogna fornire anche un messaggio alle giovani generazioni (magari anche alle vecchie), cercare di insegnare qualcosa, fare riflettere, eccetera. E allora ecco che la Warner Bros ti sforna un cartone in cui ci sono gag continue come nei Looney Tunes dei bei tempi andati, ma anche un messaggio di quelli pesi: in pratica, Cicogne in missione vuole insegnarti come essere un bravo genitore nel mondo di oggi.
Si capisce già dalla premessa: le cicogne una volta consegnavano i bambini, adesso i bambini non vanno più di moda, e allora consegnano telefoni cellulari e prodotti di ogni tipo per una megaditta (che siccome non si può chiamare Amazon, si chiama Cornerstore.com). D’altronde questo vuole il mercato: i bambini non sono interessanti, e i genitori preferiscono focalizzarsi sulle loro carriere e sui già citati telefonini, che attirano gran parte della loro attenzione.
Insomma: abbasso questo mondo moderno consumista e virtuale, viva la vita e gli affetti veri.
Però. Può un messaggio del genere essere veicolato da un film che rappresenta il più classico prodotto commerciale hollywoodiano, con tutti gli elementi giusti al posto giusto? Se mettete insieme una parte di Disney, una di Dreamworks, una di Warner e shakerate bene, otterrete un cocktail godibile ma assolutamente generico: una descrizione che calza a pennello a questo Cicogne in missione. Nonostante sia firmato da Nicholas Stoller, uno che con la comicità ci sa fare, visto che ha lavorato con Ben Stiller sull’ultimo Zoolander e ha diretto Seth Rogen nei due Cattivi Vicini, tanto per dire. Si vede che, senza volgarità, il suo umorismo risulta un po’ depotenziato.
Ma torniamo al messaggio. Vero, in un film come questo importa fino a un certo punto, se il resto funziona, se funzionano le gag e funziona l’avventura. Però anche da questo punto di vista, il bicchiere è pieno solo a metà: ci sono momenti francamente troppo già visti, e un paio di scene invece davvero memorabili. Per il futuro, in ogni caso, preferiremmo più gag stupide e meno ricerca di una morale. Grazie.
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