
Inizia l’Estate, stagione prediletta dall’Alligatore, che si porterà in spiaggia molta buona musica ascoltata nella sua palude nel corso dei primi mesi dell’anno. Come sempre musica giovane, underground, italica…
Tutte le cose inutili sono un duo alternativo chitarra/batteria. Vengono da Prato e hanno fatto un gran bel disco targato Black Candy Records, label indipendente di Firenze tra le più longeve d’Italia. “Non ti preoccupare” è il suo titolo, una sorta di mantra che si sono ripetuti spesso tra un concerto e l’altro quando le cose non andavano, per tirare avanti … e hanno fatto bene perché mi piace. Mi piace per la freschezza e l’immediatezza, per la semplicità voce/chitarre/batteria e niente campionamenti, per i testi. Nove pezzi così, dall’iniziale “Millenovecentonovantotto”, alternative-rock ginnico e incazzato dal testo ben calibrato, al quasi punk finale “Vammi a fondo”, malinconico quanto basta. In mezzo perle quali “Luce e notte fonda”, brano dal gran ritmo, poesia da giovane rock italico anni zero, belle chitarre e dilatazione a mille, “Questa città è bella”, stesso ritmo e intensità, con in più una profonda ironica indignazione sulla crisi culturale dei nostri giorni, “Come un faro”, autobiografico voce/chitarra semplice e diretto. Tutte caratteristiche che si trovano anche negli altri brani, veri, genuini, con loro due a metterci la faccia a partire dalla copertina.
Niggaradio mi sono piaciuti subito per le tematiche a sfondo sociale, il loro blues originale cantato in siciliano, la sensualità, l’ironia, la forza di questa loro terza uscita, “Santi, diavuli e brava genti”. Difficile scegliere una loro canzone rispetto a un’altra, ma se dovessi proprio farlo citerei “U Diavulu”, vecchia storia di vendere l’anima al diavolo, ma con un finale fortunatamente diverso, blues impeccabile contro il cinismo della vita moderna. Citerei “Unni mi femmu”, tantrico inizio del cd, umanista, tra antico e moderno, con suggestioni orientali, “A processione da Madonna”, parole tra sacro e profano e una deliziosa armonica, “Cu si ‘nnamura”, intenso pezzo d’amore cantato in modo superbo da Vanessa, la vocalist della band. Da citare assolutamente “Santi in paradisu”, intenso rock con le giuste parole dure per ricordare alcune pagine nere della Storia d’Italia, da Portella della Ginestra in giù. Un disco tutto da ascoltare, curato fin nei minimi dettagli a partire dal bel bianco e nero di copertina a tutti i testi delle canzoni tradotti in italiano. La classe non è acqua.
Youarehere ritornati con un nuovo disco (il terzo della loro vita) a tre anni da “Propaganda”, ottimo esempio di elettronica made in Italy, con questo “Plus Ultra” (che in latino significa Andare oltre). Un disco di nove pezzi molto compatti, ispirati dall’International Klein Blue di Yves Klein, ben rappresentato dall’orizzonte che si dissolve in una sintesi perfetta tra cielo e mare, tra sopra e sotto. Il colore puro ricercato dall’artista francese è stato omaggiato dai tre musicisti romani a partire dalla copertina, autoprodotta, e dal primo singolo, non a caso intitolato “International Klein Blue”: strumentale di gusto kraut con ritmiche moderne, da mondi nuovi, da film di fantascienza. Sulla stessa lunghezza d’onda anche “Guess What?”, ottima colonna sonora da film fantasy-avventuorso, la rombante e ritmica canzone che apre l’album “Duga”, dal cantato scuro, romantico (Morrissey?), e le pulsioni elettroniche guidate dalle tastierine di “A Building Collapse”. Menzione speciale a “Eternal Present” dal cantato dolente e nostalgico su di un tappeto di elettronica … a tratti vengono in mente i Police.
iBerlino duo bolognese, anzi, della Bolognina, famoso quartiere multietnico, anzi del loro appartamento, anzi della loro cucina … insomma, questa loro seconda uscita “Hai mai mangiato un uomo?” è un disco intimo, notturno, profondamente urbano nel senso migliore del termine. Sofisticato senza tirarsela, elettronico senza perdere l’umano, indipendente senza la smania di volere fare tutto sa soli. Dal breve “Intro”, perfetto nella sua semplicità, il disco cresce fino alle due maestose tracce finali “Come andar di notte”, mantra dilatato/dilatante nei suoi sette minuti e “Non si può vietare un deserto”, dodici primi tra il mistico e il sensuale. In questi due pezzi si aggiunge anche la voce di Susanna Regazzi, udita brevemente anche in “Intro” e in “Neve”, brano teso dal gran ritmo. In “Fotografia” mi fanno venire in mente i primi La Crus, mentre in “Un seme” è cantautorato classico, voce/piano. “Hai mai mangiato un uomo?” è così filosofico da sembrare naturale, un trip hop nel vero senso del termine. Ascoltatelo e capirete subito cosa intendo.
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