Covid: gli adolescenti come stanno? Ce lo racconta lo psicologo Andrea Panìco

di Alessia Gemma

Le Smemo Interviste - News
Covid: gli adolescenti come stanno? Ce lo racconta lo psicologo Andrea Panìco

 

I ragazzi come stanno? Ce lo siamo chiesti dal secondo giorno di isolamento forzato da COVIDSono stati i primi ad entrare in lockdown e gli ultimi che ne usciranno.

Save the children avverte che molti rischiano di rimanere isolati rispetto alle loro classi: il 42% dei minori in Italia vive in case sovraffollate e il 7% è vittima di un grave disagio abitativo. Solo 1 famiglia su 3 ha un computer e 1 su 10 un tablet. “Il lockdown che stanno vivendo i bambini e gli adolescenti in Italia chiusi tra le mura delle loro case, in molti casi sovraffollate e prive di spazi adeguati, rischia di creare gravi ripercussioni sulla loro crescita”.

E chi se ne sta occupando a parte i genitori e gli insegnanti da remoto (con risultati più o meno felici…)? Si sta parlando poco di loro, di come la stanno vivendo e come sarà dopo. E poi come è l’adolescenza imprigionata? Il corpo che mentre cambia viene messo a freno avrà delle ripercussioni sulla testa? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Panìco, psicoanalista e psicoterapeuta, presidente dell’associazione Telemaco di Jonas – Milano, Centro di clinica psicoanalitica per l’adolescenza.

L’associazione Telemaco, che da tempo segue gli adolescenti e le famiglie degli adolescenti, ha subito messo in azione un pronto intervento per i ragazzi a casa. Gli psicologi e gli psicoanalisti di Jonas Milano, Gianburrasca e Telemaco Milano offrono ascolto psicologico gratuito a chi, in questi giorni difficili, è chiamato a confrontarsi con la solitudine e l’angoscia. Questi psicologi possono allora cominciare a dirci cosa sta succedendo e a immaginare cosa potrebbe succedere?

 

Buongiorno Andrea, cosa sta succedendo in questi giorni nel vostro centro? Sono aumentante le richieste di aiuto? 

Buongiorno Smemoranda, il centro è fisicamente chiuso, ma fortunatamente il nostro lavoro permette la modalità da remoto. Abbiamo attivato un servizio gratuito di sportello di ascolto telematico per l’emergenza Covid dedicato ai giovani e alle loro famiglie. La situazione è ancora molto fresca, la maggior parte delle domande arriveranno quando l’adrenalina del momento sarà un po’ scesa, ma qualcuno ha già iniziato a contattarci.

La prima urgenza alla quale avete dovuto far fronte con i ragazzi e le famiglie quale è stata?

Indubbiamente le complicazioni imposte dalla convivenza forzata, in particolare la gestione della privacy personale, sia per i ragazzi che per i genitori. Alcune persone fanno i colloqui in bagno o in auto, e comunque le dinamiche quotidiane ci richiedono maggiore flessibilità e variazioni di orario. D’altra parte l’adolescenza è il tempo in cui si impara ad abitare i propri spazi e la quarantena aumenta il livello di difficoltà.

Sono cambiate le domande rispetto ai primi giorni di isolamento? Sta già succedendo qualcosa durante l’isolamento nell’atteggiamento e nella testa dei ragazzi?

I ragazzi si stanno confrontando con una situazione inedita e decisiva in un tempo di formazione personale. Se all’inizio il sentimento più diffuso era una sorta di incredulità, un gioco a scadenza ravvicinata, ora sembrano più obiettivi e disillusi. Stiamo vivendo tutti in un tempo sospeso e i ragazzi, in particolare, adesso guardano con un misto di lucidità e incertezza verso il futuro. È come se sentissero più pesante lo scorrere del tempo in virtù di un suo rallentamento. Quello che li fa più soffrire però è l’impossibilità del contatto con gli amici e gli amori.

Avete un numero whatsapp per i ragazzi che vogliono scrivervi. Chi vi sta contattando più spesso, le famiglie o direttamente i ragazzi?

Come accade molto spesso, sono le famiglie che fanno da intermediario per i loro ragazzi. Sebbene sia necessario il consenso dei genitori per i minorenni, il nostro servizio di ascolto garantisce la massima riservatezza anche a chi ci contatta direttamente.

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Chi è più spaventato e preoccupato, le famiglie o i ragazzi?

Bella domanda… A oggi notiamo che lo spavento e la preoccupazione, se da un lato sono legittimi e diversificati a seconda che si sia adolescenti o adulti, dall’altro investono trasversalmente le persone, sia per quanto riguarda l’età che la condizione socio-economica. Come accade per ogni trauma, anche questa situazione invoca la singolare modalità di ognuno di confrontarsi con essa, ognuno con i suoi fantasmi.

Qual è l’emozione più comune che state riscontrando in questo momento?

Questa la so! Una su tutte: la noia. Da un lato perché i ragazzi non sanno cosa fare, o almeno credono, dall’altro perché manca una prospettiva sul domani. La noia, però, può essere generativa se si impara a cavalcarla. Siamo fin troppo abituati a girare senza sosta su di una giostra che sembrava non si potesse fermare mai. Abbiamo tutti disimparato ad aspettare. L’attesa però è il tempo del desiderio, come quando si trascorrono le serate d’estate col naso in su alla ricerca delle stelle cadenti. Bisogna trasformare la noia in attesa.

Questo isolamento ha acuito la paura dell’altro? Potrebbero avere più diffidenza e paura degli sconosciuti? 

Non direi, anzi, c’è voglia di incontro, di scambio, di condivisione. Un mio giovane paziente sta fantasticando di andare a trovare la fidanzata nascondendosi nel bagagliaio dell’auto; questa non è paura ma amore! L’amore ha sempre qualcosa del fuorilegge, sebbene chiaramente le normative debbano essere rispettate. È curioso che questa emergenza globale si sia sviluppata in un tempo di paura dell’altro e di chiusura dei confini, quasi fosse una sua estremizzazione. Ben venga allora il desiderio di legami veri! Sono sicuro che i giovani sapranno indicarci la giusta via da seguire perché sanno come rompere gli schemi.

Dalla nostra esperienza empirica ci sembra che i ragazzi, ancora più degli adulti, in genere stiano reagendo con un’iper-responsabilizzazione e disciplina ferrea? È così? A cosa è dovuto?

I ragazzi stanno facendo il loro dovere e per certi versi ci stanno più dentro dei “grandi”. Scalciano perché l’adolescenza non è certo il tempo del divano, è il tempo dei prati. Allo stesso tempo, ci stanno dimostrando che, contrariamente alle lamentele dei genitori, un messaggio educativo di responsabilizzazione nei loro confronti è passato con un certo successo e, dunque, non hanno più bisogno di essere giustificati. Diciamo che sono più abili di molti adulti nell’amministrare la propria libertà.

Nell’urgenza da isolamento forzato è cambiato qualcosa nel vostro approccio? Avete dovuto rimodulare la risposta?

Sì. Le video sedute escludono un elemento fondamentale nella psicoanalisi, in particolare con gli adolescenti, ovvero il corpo. Il nostro corpo è il teatro di qualcosa di ordine mentale, e viceversa. Non dover portare il corpo per venire a parlare di sé dà l’idea di poter aggirare un ostacolo, quando invece non è così, a maggior ragione nel bel mezzo di una pandemia. Per questo motivo, ognuno col suo stile, cerchiamo di far avvertire una presenza reciproca, perché, potremmo dire, le parole prendano corpo.

Dall’esperienza di questi giorni è possibile ricavarne ora un prontuario minimo per far fronte alle problematiche più comuni tra i ragazzi a casa? Ci sono dei consigli generali da poter suggerire?

Quando lo psicologo sente la parola “consigli” gli vengono i brividi! Scherzi a parte, ogni soggetto sviluppa la sofferenza in modo unico, quello che vale per un uno non vale sicuramente per l’altro. Detto ciò, mi sento di suggerire tre “trucchi”. Il primo è non vivere ogni giorno come se fosse domenica, non perdere cioè la cognizione del tempo. Fare le cose come sempre, nel rispetto del calendario, e darsi dei ritmi. Il secondo, più difficile, è aprire una prospettiva: per quanto sicuramente diverso da come ce lo eravamo immaginati, il futuro ci sarà. Questo tempo di sospensione va colto come un momento per imparare, quello che si vuole, ci tornerà utile domani. Terzo: scrivete! Lettere, poesie, temi, diari, fogli volanti: saranno la nostra memoria e un giorno saranno pagine di storia.

Dal vostro punto di vista si tornerà alla normalità? I ragazzi che torneranno alla socialità faranno meno fatica a riadattarsi o ci potrebbe effettivamente essere un cambiamento anche generazionale possente?

Uno psicoanalista americano, Christopher Bollas, sostiene che troppa normalità sia un problema; personalmente lo condivido. I normali sono fuori, letteralmente. Non si tratta quindi di ritornare a una supposta stagione normale, bensì di elaborare quanto sta avvenendo. Quello che oggi chiamiamo “normalità” è (stato) un periodo di legami liquidi, come direbbe il sociologo Baumann, e di ritiro sociale. Auspico che il domani sia fatto di rapporti meno virtuali e più reali. Paradossalmente, la generazione 2.0, abituata a una condizione più social che sociale, potrebbe fare da capofila in questa riscoperta perché, per un certo verso, per loro sarà la prima volta, quella che non si scorda mai.

In questa situazione il gap generazionale sta aumentando? I ragazzi stanno maturando un disprezzo per gli adulti che in qualche modo li hanno messi in questa situazione o c’è una percezione diversa del disagio che subiscono?

Finora non ho sentito nessuno lamentarsi di ciò. Pur riconoscendo l’eccezionalità di questa situazione, nella vita si tratta sempre di far fronte a degli accidenti per i quali non si può incolpare nessuno. In questo senso, gli adolescenti stanno dimostrando molta più maturità di quella che saremmo abituati a riconoscergli. È una sorpresa per tutti. Si sentono cioè investiti, loro malgrado, di una responsabilità davanti alla quale non possono arretrare. In un certo modo, questo li fa sentire più in sintonia col mondo degli adulti. Il fatto di sapere di avere una sorta di missione salva pianeta fa sì che tollerino meglio le imposizioni di questo periodo.

Le problematiche dell’adolescenza legate nell’emergenza COVID si sono acuite? Sono diverse? Includono differenze sociali?

Quello che l’emergenza Covid ha acuito è il senso di frustrazione. Tutti i ragazzi, di ogni estrazione sociale, hanno la netta e innegabile percezione che le loro possibilità sono fortemente limitate. L’adolescenza d’altra parte è anche imparare a saperci fare con i limiti dell’Altro. Diciamo che è aumentata l’intensità di questo limite, ma con essa sta pian piano risvegliandosi il mondo della fantasia, dei sogni, dei desideri. Come recita il messaggio del nostro progetto (gentilmente datoci in concessione dall’amico Daniele Cima) “cambiamo il mondo una stanza alla volta”.

Chi sono al momento i ragazzi più in difficoltà?

Direi che ci sono due gruppi di ragazzi in difficoltà. Ci sono quei giovani che vivono una problematica incentrata maggiormente sui loro vissuti corporei, il che comprende tutti i rapporti che una persona può intrattenere col proprio corpo. Facendo un elenco necessariamente riduttivo, parliamo di ragazze e ragazzi in difficoltà con il cibo, le sostanze, la rabbia, le relazioni amorose e la tristezza. Un secondo gruppo, che non esclude il primo, è composto invece da quegli adolescenti che vivono un rapporto eccessivamente conflittuale con i genitori o comunque i “conviventi”. Non poter modulare la distanza trasforma in questi casi le pareti di casa in una prigione che Freud definirebbe “perturbante”, dove il familiare è al tempo stesso lo straniero, il nemico.

Telemaco propone anche iniziative extra-scolastiche dedicate ai ragazzi, come uno spazio compiti e un laboratorio cinematografico. Ci può suggerire una lista di 5 film da proporre ora a tutti i ragazzi a casa?

I film, come i libri, permettono di uscire di casa stando comodamente seduti sul divano. In prima battuta direi, parafrasando Pennac, che non importa la “qualità” del libro o del film, pertanto invito i lettori a seguire le proprie inclinazioni. Ma sarebbe maleducato glissare così! Per quanto riguarda i film direi, per stare in tema, Labyrinth. Poi non possono mancare Into the wild e Matrix. Aggiungo un film meno conosciuto, per quanto con un cast stellare: Don Juan de Marco. Last but not least, Quasi famosi. E poi una serie tv, così da prendere cento piccioni con una fava: Lost. Venendo ai libri, di questi tempi non si può non suggerire Luis Sepulveda… direi “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”. Rimanendo in Sud America, Marquez: “Cent’anni di solitudine” (ma anche “L’amore ai tempi del colera”, a proposito). Tra la vastissima letteratura italiana mi sentirei di suggerire Calvino con “Le città invisibili” e, tra i contemporanei, “Divorare il cielo” di Paolo Giordano. Infine, Murakami con “Kafka sulla spiaggia”. Ma anche Mcliam Wilson “Eureka street”, “Il conte di Montecristo” di Dumas, McMurtry e il suo esilarante “Lonesome dove” e Meyer con “Eravamo dei grandissimi”. Sono più di cinque in effetti… d’altronde i libri non scadono mai. Resistiamo a casa.

 

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Andrea Panìco

Andrea Panìco, psicoanalista e psicoterapeuta, è presidente dell’associazione Telemaco di Jonas – Milano, Centro di clinica psicoanalitica per l’adolescenza. È membro di Jonas Milano e del Consiglio Direttivo di Jonas Italia. Insegna presso la scuola di specializzazione in psicoterapia I.R.P.A. Ha scritto diversi articoli di carattere scientifico e il suo primo libro, “Batman ha paura dei pipistrelli. La clinica dell’adolescenza come metafora della psicoanalisi contemporanea” verrà pubblicato quando tutti potremo leggere nei parchi.

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