
Il punto è che odio questo gioco. Odio questo stupido gioco e odio il mio stupido telefono. L’ho appena scagliato per terra. Credo sia rotto.
Stickets è uno di quei giochi che riescono a essere parte integrante della vostra vita, e allo stesso tempo a darvi profondamente sui nervi. Ma forte. Perché Stickets è semplice, ci giocate tanto (e vi fa arrabbiare tantissimo).
Avete presente Tetris? Ecco Tetris è molto, molto più complesso rispetto a Stickets, il gioco puzzle asciugato fino al massimo possibile del minimalismo. Anche nella musica, che è calma e rilassante. Ma non impedisce a voi di andare fuori di testa quando perdete, ve lo assicuro.
Comunque, detto questo, perché Stickets prende così tanto? Proprio perché è semplice. bisogna mettere in fila quadrati dello stesso colore, riuniti in elementi a forma di L, che non si possono ruotare, non si possono cambiare, si possono solo posizionare. Bisogna posizionarli finché non finisce lo spazio sullo schermo. Tre elementi dello stesso colore posizionati vicini si possono cancellare e quindi creare altro spazio. Il problema è che il suddetto spazio, è poco. Quindi qualsiasi cosa facciate, sapete di essere solo a tre, massimo quattro mosse dal game over. E questo fa sì che il vostro approccio diventi stranamente riflessivo. Ci penserete un bel po’, prima di fare una mossa. E quando la farete, e scoprirete che per quell’errore siete destinati a perdere nello spazio di tre mosse… bè quello fa veramente impazzire.
Avete presente la telefonata di Aldo in Tre uomini e una gamba? Ecco. La vostra reazione sarà simile.
Dicono gli studiosi che un videogame è fatto di un cuore, cioè l’idea fondamentale di gioco, e di un guscio, cioè tutto quello che gli sta intorno, e che lo rende figo. Bè, Stickets è estremamente figo, ma non ha bisogno di alcun guscio, perché è già un gioco perfetto nella sua semplice e sfavillante purezza. Poi è ovvio che dopo qualche tempo si sente il bisogno di tornare a giocare un Assassin’s Creed o roba del genere, ma insomma: per fare un grande gioco non c’è bisogno di un grande budget. Sarà pure una banalità, ma a volte è bello ricordarselo.
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