
Il Giappone piace davvero a tutti. Cioè, è difficile che, se dite a qualcuno “Ti piacerebbe andare a Tokyo domani?“, quello o quella non ti risponda: “Certo!” Poi chi è nato negli ultimi trent’anni è stato talmente immerso nella cultura pop giapponese, tra fumetti, cartoni animati e videogame, che quasi gli sembra di conoscerlo, quel paese. O almeno di conoscere qualche luogo super-iconico, tipo l’attraversamento pedonale di Shibuya, centro più centro di Tokyo, che è esattamente il luogo in cui inizia il gioco che raccontiamo oggi.
Ghostwire: Tokyo, come è facile intuire dal titolo, è una storia di fantasmi. Nel senso che da un momento all’altro ci ritroviamo nel centro di Tokyo (Shibuya, appunto) circondati da spettri ostili, ombre degli umani che popolavano queste strade prima del misterioso evento che ci ha fatto precipitare in questo inquietante altroquando. Quindi aspettatevi bambini in divisa da scolaretti e impiegati con l’ombrello, ma in versione fantasmatica. Non so voi, ma personalmente sono d’accordo sul fatto che un impiegato con l’ombrello faccia più paura di quasi tutti gli altri mostri al mondo.
Prima l’action, poi l’horror
Del resto, chi ha creato questo gioco è un esperto di horror: si tratta di Shinji Mikami, l’autore della serie di videogiochi horror forse in assoluto più famosa della storia del videogame, e cioè Resident Evil. Ghostwire: Tokyo però non spinge tanto sul pedale dell’orrore, ma si accontenta di usare l’atmosfera, lo stile horror per costruire quello che è a tutti gli effetti un gioco d’azione, anzi quasi uno sparatutto in prima persona, in cui semplicemente – invece di avere il classico pistolone – avete la magia. Ma più o meno, è la stessa cosa.
Quindi, un gioco che non avrebbe niente di speciale, se non avesse stile a pacchi. Perché non è vero che l’abito non fa il monaco: in questo caso, lo stile basta e avanza. Sarà perché siamo tutti affascinati dalle storie degli spiriti giapponesi, gli yokai, sarà perché tutti quanti amiamo Tokyo. O forse sarà perché, dai, Ghostwire: Tokyo è un gioco in cui incontri gatti di strada che ti vendono oggetti magici: cosa ci può essere di meglio? Niente.
Lascia un commento