
Giacinto Facchetti è un mito intramontabile del mondo del pallone. Uomo onesto, calciatore fortissimo, simbolo di un calcio diverso per ogni interista che si rispetti, ma anche per qualsiasi altro appassionato di calcio. È stato capitano della grande Inter, e ha giocato nella nazionale italiana in un bel periodo (era il capitano pure nella “Partita del secolo”, Italia – Germani 4 a 3 del 1970 in Messico). BeccoGiallo, casa editrice da sempre in prima linea nel raccontare un’Italia diversa, non poteva fare a meno di omaggiarlo con un gigantesco fumetto, veramente grande nel formato e anche nei contenuti, testimonianze, interviste. Ma è il fumetto il piatto forte, ovviamene: grandi disegni a colori e in bianco/nero (anzi, nerazzurro), la scelta di raccontare Facchetti attraverso un padre e un figlio, giornalisti (e tifosi) che lo seguono nel corso degli anni, dai primi tempi fino alla scomparsa, non dimenticando la presidenza onoraria dell’Inter ai tempi degli scandali di calciopoli, ancora una volta simbolo di limpida onestà. Troppa retorica? Visto l’argomento sportivo, spesso impregnato di banale esaltazione dell’ovvio buonismo, era dietro l’angolo, ma la professionalità e l’impegno degli autori l’ha impedito. Ne abbiamo parlato con Paolo Maggioni e Davide Barzi, due dei tre responsabili del libro assieme a Davide Castelluccio.
Come è nato Giacinto Facchetti – Il rumore non fa gol?
Maggioni: “La storia di Giacinto mi interessa da anni. Non solo perché è un simbolo dell’Inter, ma perché la sua storia incrocia quella dell’Italia che esce con le ossa rotte dalla guerra e poi scala il mondo con talento e abnegazione; un paese che poi baratterà una certa idea di futuro con un presente un po’ edonista e ricco di scorciatoie. Giacinto è sempre rimasto lo stesso e questa è stata la sua forza. Celebrarlo con un fumetto, dieci anni dopo la scomparsa, era un’occasione per parlare a chi ha nostalgia di quella purezza e a chi vorrebbe immedesimarsi in una figura positiva.”
Barzi: “Sono stato coinvolto nell’operazione quando il progetto di Paolo era già stato approvato dall’editore e non ho avuto il minimo dubbio quando mi è stato chiesto di lavorare con Paolo alla sceneggiatura del volume: erano anni che cercavo il progetto giusto per tributare il mio omaggio alla mia idea forse un po’ fuori dal tempo di un calcio romantico ed etico e alla mia mai celata passione neroazzurra. Il fatto che questo progetto portasse la firma di Paolo Maggioni è stato un ulteriore incentivo alla risposta affermativa. E mai scelta fu più saggia. A livello umano, lavorare con Paolo, conoscere Gianfelice Facchetti, poter accedere ad alcuni materiali della famiglia Facchetti per la costruzione dello script hanno rappresentato un momento davvero importante, a tratti esaltante.”
Perché questo titolo? … Il rumore non fa gol, e i gol di un terzino?
Maggioni: “Intanto perché è una bella frase. E poi perché è di Helenio Herrera, una delle tante ‘massime’ che usava per caricare i suoi giocatori. Anche se tutto lo stadio è contro di te – la sostanza – non è detto che il tuo avversario ti batta. E poi, in senso lato, è un omaggio a Giacinto, un hombre vertical che non ha mai avuto la necessità di andare fuori le righe per farsi ascoltare.”
Barzi: “Quando ho sposato il progetto (‘matrimonio lampo’, direi) ho condiviso da subito anche quel titolo. Più che mai oggi che la sovrastruttura parolaia attorno a questo sport è davvero ipertrofica. Il gesto sportivo esaltante diventa spesso secondario rispetto alle eccessive analisi dello stesso. La mia prima assoluta al Meazza di Milano fu in un Mundialito, nel 1981, e – abituato alle comunque allora sobrie telecronache RAI – la prima domanda che feci ai miei fratelli, quasi con sollievo, fu: ‘Ma perché non si sente il commento?’. Forse già allora anelavo a focalizzare il calcio nella sua essenza.”
Come vi siete documentati? Oppure non vi siete documentati, era già tutto nella testa, di tifosi cultori della materia?
Maggioni: “Gianfelice Facchetti è un amico. Aveva aiutato me e Claudio Agostoni a scrivere un audiodocumentario per Radio Popolare, nel 2011, che raccontava le ‘Italie’ di Facchetti. Il passaggio su carta è stato naturale. Nel libro ci sono anche i ricordi di Massimo Moratti, Giovanni Storti, Marco Materazzi, Massimo Raffaeli e John Foot.”
Barzi: “Il materiale raccolto da Paolo, le testimonianza di Gianfelice, i ritagli di giornale, le figurine, tutto ha contribuito a supportare la nostra indubbia passione per l’argomento cercando di riportare un mondo e un’epoca non solo alla luce della fascinazione che subiamo dalla stessa, ma anche con un côté visivo e narrativo che potesse davvero trasportare il lettore in un’altra era.”
Come mai la scelta di raccontare Facchetti, visto da un padre e figlio giornalisti, che crescono con il loro tifo per l’Inter di Facchetti?
Maggioni: “Dal punto di vista narrativo il passaggio di testimone tra un padre e figlio giornalisti sportivi poteva essere una strada efficace per raccontare il passare del tempo e anche l’evoluzione del giornalismo sportivo, che da ‘epico’ e diventato sempre più invasivo e gridato.”
Barzi: “Una delle tante felicissime intuizioni di Paolo. Se c’è una cosa che sogno un giorno di fare con mia figlia (ora ha due anni, è un po’ presto) è di andare assieme allo stadio, a gioire e soffrire assieme di questa passione. La passione per una squadra, per me tifoso romantico, è soprattutto qualcosa che unisce, non che divide. Ci sono amici d’infanzia che ho abbracciato quasi esclusivamente dopo un gol e ringrazio l’Inter per averci dato questa possibilità. Mia figlia la abbraccio spesso a volentieri, ma farlo al Meazza dopo una vittoria avrebbe un che di speciale e unico.”
Il libro è uscito da più di un anno, come è stato accolto dal mondo del calcio? La divisione che vediamo, sentiamo, leggendo il libro, ha impedito di portarlo dovunque?
Maggioni: “Il libro sta andando molto bene, non solo tra gli interisti. Facchetti è sempre stata una figura ampiamente condivisa, almeno prima di calciopoli. Abbiamo ricevuto complimenti anche da tifosi di altre squadre: chi ama volare alto – nel calcio spesso è complicato – non potrà non apprezzare l’intento del libro.”
Barzi: “Sì, è innegabile che alle presentazioni che continuano a chiederci e a cui volentieri continuiamo a presenziare la maggioranza degli spettatori sia di fede nerazzurra, ma una percentuale di amanti dello sport e dell’etica dello sport partecipa sempre.”
Come mai siete usciti con l’editore BeccoGiallo? … editore di fumetti impegnati, apparentemente lontani dal mondo patinato dei miliardari del pallone.
Maggioni: “Perché Facchetti era una persona con una storia esemplare e lontana anni luce dai Cliché del pallone. Il calcio è un pretesto per raccontare un uomo e la sua idea di mondo. E BeccoGiallo, che ringrazio, è da sempre molto vicina a questa sensibilità.”
Barzi: “Facchetti era e rimane piuttosto vicino a quell’idea di mondo attento al prossimo, corretto, rispettoso e accogliente che si respira del catalogo dell’editore padovano.”
Chi vincerà lo scudetto? L’Internazionale mi sembra lontana dai primi posti, riuscirà lo stesso? Oppure non è l’annata giusta?
Maggioni: “La vera vittoria di quest’anno è essere ripartiti con una squadra competitiva. Per il futuro, si vedrà. Ma ho fiducia che la proprietà cinese abbia capito che l’Inter è una squadra speciale, e che a condurla – oltre al business – devono esserci i sogni.”
Barzi: “Per scaramanzia ed eleganza non dirò a chi andrebbe la mia preferenza nel caso (abbastanza concreto, ed è un eufemismo…) non fosse l’Inter a potersela giocare. E non dirò nemmeno ‘Ah, ma l’anno prossimo…”, un mantra che per troppi anni ha accompagnato noi tifosi nerazzurri. Siamo partiti con un obiettivo chiaro, tornare in Champions League, e speriamo che la squadra abbia le forze, fisiche e mentali, per raggiungerlo. L’illusione dei primi mesi al vertice, se fossimo persone pragmatiche, non avrebbe dovuto illuderci nemmeno per un secondo. Ma noi siamo dei sognatori romantici…”
Altro da dichiarare?
Maggioni: “Un grazie ai due Davide che mi hanno accompagnato in questa avventura. È solo grazie al loro talento se questa storia è arrivata in libreria.”
Barzi: “È stato un onore, che spero un giorno di replicare, lavorare con Paolo: una competenza e una memoria storica davvero inarrivabili. E il buon Davide si è calato nel progetto in maniera totale, viene davvero difficile pensare a cosa sarebbe potuto diventare il libro senza la sua dedizione e professionalità. Ma non possiamo chiudere l’intervista con tutti ‘sti complimenti, risulterebbe melenso. Vogliamo parlare male di qualche altra squadra a caso?”
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