
C’è Benigni dentro un film di Pinocchio, ma questo non è il Pinocchio di Benigni. (Infatti Benigni non fa Pinocchio, ma Geppetto, e il risultato è molto migliore rispetto al Pinocchio di Benigni).
Il Pinocchio di Benigni era stato il film più costoso della storia del cinema italiano: tipo 45 milioni di euro. Questo di Matteo Garrone sta sulla ventina di milioni di budget, che non sarà tanto come quello, però è comunque una cifra più che importante. Quindi capite bene che se non altro ci aspettiamo una qualità dell’immagine, una ricchezza della produzione di livello davvero hollywoodiano: da questo punto di vista il film non delude per niente, nel senso che tutta la parte tecnica è davvero meravigliosa.
L’unico problema però non è piccolo: non ci si emoziona neanche per un secondo.
Molte recensioni di questo Pinocchio di Matteo Garrone iniziano raccontando quanto il film sia fedele al libro di Carlo Collodi. Però bisogna intendersi su cosa significa essere “fedeli” a un libro. Perché sì, il film di Garrone è molto simile al libro di Collodi nel senso che non è un racconto per bambini come lo intendiamo noi oggi. Anche il film è spaventoso e pieno di situazioni molto forti, certo. Però non arriva ai livelli del racconto: Le avventure di Pinocchio – Storia di un burattino può essere davvero il primo romanzo horror della vita. Il film invece rimane una versione edulcorata, rimane un po’ a metà: non completamente per adulti, non completamente per bambini.
C’è però, dicevamo, un problema più grave: non ti dà uno straccio di emozione, quasi una lista della spesa di cose che devono succedere – e in effetti succedono: il gatto e la volpe, il viaggio nella pancia del pescecane, il paese dei balocchi… ogni episodio è una specie di cortometraggio visivamente curatissimo, però non c’è nessun momento wow. Ci vedi tante cose, tanta cura, tanto pensiero. Però, alla fine, poca anima.
Matteo Garrone è l’ennesimo fuoriclasse del cinema cascato su Pinocchio. Burattino maledetto?
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