Intervista a Giovanni F., due anni dopo

di Redazione Smemoranda

Giù la Maschera - Storie di Smemo

Due anni fa usciva Se hai sofferto puoi capire, il libro che racconta la vita di Giovanni F. un ragazzo di 12 anni sieropositivo. Abbiamo affidato a uno dei redattori di Giù la Maschera, Elia (il nome è di fantasia), il compito di andare a chiedere a Giovanni com’è cambiata la sua vita, e il suo mondo, negli ultimi due anni.

Ben trovato, Giovanni!
Ben trovato, Elia.

Allora, prima di tutto, come stai? Ho saputo che sei stato operato ai piedi. Com’è andata?
L’operazione bene, a Bologna sono davvero bravi. È stata un pó pesante… 50 giorni di gesso a entrambi i piedi, il dolore, la riabilitazione che sto ancora facendo… ma sono contento, perché migliorerà la mia maniera di camminare.

Illustrazione di Andrea Lucca

Sono passati due anni dall’uscita del libro. È cambiato qualcosa nella tua vita?
Cambiamenti come quelli che mi aspettavo con la diffusione del libro, purtroppo, non ce ne sono stati. Ma ho conosciuto un po’ di persone famose. Ad esempio Giuseppe Battiston, l’attore, che è stato indimenticabile: alla presentazione del libro, ne ha letto un pezzo con una tale bravura che sia io che la mamma ci siamo prima messi a ridere e poi commossi! Con lui siamo andati a cena ed è molto simpatico. Ho conosciuto anche Marta e Gianluca di Zelig, con lei ogni tanto ci messaggiamo. Sono stato a Radio Deejay, senza intervenire in onda perché la mia voce si sarebbe riconosciuta (ha parlato mia madre, che è stata un mezzo disastro, per via dell’emozione). Però ho incontrato la Pina, la Vale e Diego, fantastici tutti e tre. Poi ho conosciuto Francesco Toldo che ha fatto vivere a me e al mio papà l’emozione di un derby molto… comodo! Abbiamo anche mangiato un hamburger insieme una sera. È un tipo fantastico!
Diciamo che il fatto di sentire molte persone vicine a me, di essere stato accolto a braccia stra-aperte, di essere entrato nel gruppo dei B-Livers… Ecco, tutte queste cose compensano un po’ la delusione di sapere che, ancora oggi, ci sono pregiudizi per l’HIV. A partire dal fatto che tutti lo chiamano comunque AIDS.

Cosa intendi?
Bè, per esempio, la difficoltà di proporre il libro nelle scuole è stata enorme. Una Preside, contraria al desiderio delle docenti di presentare il libro nella scuola per farlo poi leggere agli studenti; commentò dicendo che il suo liceo era “frequentato da persone per bene”! Avrei voluto far conoscere ai miei coetanei la verità sulla malattia, mostrare loro cosa significa vivere insieme al virus.
Però vorrei anche ringraziare tutte le persone che ci hanno dimostrato e ci dimostrano il loro affetto, la loro gratitudine per quello che gli abbiamo raccontato. Grazie soprattyutto agli studenti dei licei classici e scientifici di Cagliari che (al contrario dei milanesi di prima), hanno letto con entusiasmo la storia mia e dei miei compagni sieropositivi!

Quest’anno sei in prima superiore, cosa hai scelto di fare?
Liceo scientifico, e ne sono contento… per ora!