Daniele Barsanti canta gli “Zingari” di Monicelli

di Laura Giuntoli

Le Smemo Interviste
Daniele Barsanti canta gli “Zingari” di Monicelli

“Il bello della zingarata è proprio questo: la libertà, l’estro, il desiderio. Come l’amore: nasce quando nasce e, quando non c’è più, è inutile insistere. Non c’è più”. È questa la filosofia dei protagonisti della saga cult “Amici Miei” del grande regista Mario Monicelli: partire senza meta, senza restrizioni, senza un programma e vedere dove si va a finire. Amici miei ha quasi cinquant’anni – il primo film è uscito nel 1975 – ma, come tutti i grandi film, continua nutrire il nostro l’immaginario. Sicuramente ha ispirato quello del cantautore versiliese Daniele Barsanti, che alla saga ha dedicato il suo primo ep, Zingari, descritto come “ un’evasione estemporanea, senza meta e senza obiettivi. Si va dove porta la strada, fino a quando c’è benzina, fino a che non finisce quel pezzo che suona ad una “radio che fa godere”». Lo abbiamo intervistato.

 

“Zingari” è il tuo primo Ep, ma è anche “un’attitudine alla vita, una ricerca spasmodica della libertà”. A ispirarti infatti è stata la saga cult di Monicelli “Amici miei”, in cui le zingarate sono un viaggio senza meta che porta i protagonisti a vivere esperienze fuori dall’ordinario. Come nasce questo disco, concepito in un periodo in cui viaggiare ci sembra un’utopia?

Ciao. “Zingari” nasce dalla voglia di raccontare qualcosa di preciso, un istante in cui il tempo si è fermato, un’emozione che ha fregato la fugacità dei secondi, un pieno controtempo emotivo, il viaggio è sì fisico, ma anche nei ricordi, ritorna come viaggio mentale, come qualcosa che resta nell’esperienza. Fare le cazzate, rincorrere le notti come se potessero non finire mai, partire di giorno, godersi la notte e tornare alla mattina mi dà l’illusione di fregare la fine della vita, come se fossi sopravvissuto a qualcosa che secondo il mondo doveva finire e invece abbiamo infranto la regola. “Zingari” è un disco per viziosi, sregolati, romantici.

Hai mai fatto una zingarata? Com’è andata?

Anche pochi giorni fa, la zingarata va cavalcata come un’onda, e se parte bene trascina tutti. È stata divertente, sul limite della legalità ma niente di estremo, siamo leggeri non stupidi.

“Zingari” ha delle sonorità anni Ottanta, un periodo che adesso è tornato in auge forse proprio perché ci appare spensierato e felice rispetto a quello che stiamo vivendo. Cosa ne pensi?

La penso al contrario, vedo un mondo senza più limiti che invece che renderci uomini più liberi, ci ha reso solo uomini più fermi, insicuri, incapaci di avere una propria opinione, c’è tanta confusione in tutti i campi. La globalizzazione non ha fatto i conti con la limitata capacità umana di sapere fare squadra, c’è solo tanto “io”. I social poi sono l’espressione più chiara di questa realtà egocentrica. La ripresa degli anni ‘80 è un segnale di ricerca di qualcosa che adesso ci manca, andare a cercare nel passato qualcosa che oggi non c’è più, cosa precisamente non si sa, si soffre di eterna nostalgia.

Qual è la traccia che preferisci, quella che più rappresenta lo spirito dell’album?

La traccia manifesto è sicuramente “Zingari”, ma il disco intero è un viaggio, fuori e dentro di me. Ha ancora un senso non vivere a singoli. Una casa non può avere solo una bella sala o tante belle sale, serve un ingresso, la cucina, il bagno, la camera da letto.

Tra i temi che canti c’è l’amore vissuto in modo spensierato ed estemporaneo, come in “Lato B”, “Le quattro”, “Le Luccioline”. Da autore, che differenza c’è – se c’è – tra essere “leggeri” e essere “superficiali”?

In realtà sono 3 canzoni che parlano di rapporti complessi, il primo in “Lato B” è un rapporto fisico, nato dall’attrazione di convenienza. In “Le quattro”, c’è lui che non riesce a stare dietro a lei, che ogni notte arriva con una scusa e la mattina trova gli spettri di una notte passata per casa. In “Le Luccioline” c’è una storia d’amore con una prostituta che diventa amica, amante, complice di una notte. Tra leggerezza e superficialità c’è solo una differenza, la scelta. Scegliere di essere leggeri non è subire il colpo della superficialità.

In “Amici miei” il vero amore sono gli amici, i compagni di viaggio con cui vivere avventure strampalate. Che rapporto hai con l’amicizia?

È sincerità più che nell’amore stesso. Non c’è nemmeno un istinto che si mette in mezzo al rapporto di amicizia, quindi è l’amore per eccellenza, è totale sincerità.

Sei cresciuto in Versilia, un posto di mare, dove si va in vacanza, quanto c’è di questa terra nelle tue canzoni?

C’è nel mio modo di vedere le cose, nella mia voglia di scappare e tornare, c’è nel mio essere un po’ pirata o zingaro e c’è nella mia ossessione del tempo. Quando nasci e vivi qua, si vive tutto l’anno aspettando l’estate, che è l’unica parentesi di vita, l’occasione ghiotta per fare tutto e allora non si dorme, non si lascia nessuna occasione, non esiste il relax. La Versilia che vivono i turisti è la grande scenografia messa su dai locals che vivono tutto l’anno in quei 3 mesi di stagione estiva.

Il primo a notarti è stato Saturnino Celani grazie a un provino su Soundcloud, raccontaci com’è andata!

Avevo 22/23 anni e stavo cercando di avere un’opportunità. Ricollegandomi al discorso di prima, in Versilia al di fuori dell’estate e del settore turistico e della musica da piano bar, non ci sono altre occasioni per parlare di musica in maniera seria. Allora così, istintivamente, dopo aver pensato per anni di scappare a Milano, decisi di sfruttare questa cosa che si chiama Internet. Caricai il provino di un mio brano (fatto in casa, suonava malissimo), “Lucia”, e lo mandai a Satu via Facebook, presentandomi, raccontandogli un po’ me. Era intorno al mio compleanno quando mi ricontattò e fu il più bel regalo quando decise di pubblicarlo sulla sua pagina. Per tanti poteva essere niente, per me fu l’inizio di tutto. Da quel gesto arrivai a firmare il primo contratto per Universal alla fine di quello stesso anno.

Nel 2018 hai aperto i concerti di Francesco Gabbani in giro per l’Italia, che esperienza è stata?

Francesco è un fratello con una spalla su cui piangere. Mi ha risollevato da un momento buio e mi ha dato l’energia che mi serviva per ricaricare le pile. Quell’esperienza live fu solo un’altra prova della sua stima artistica.

Il tuo primo concerto, il tuo ultimo concerto e quello più memorabile. (come spettatore).

Paolo Nutini primo concerto, bellissimo. Jovanotti ultimo concerto. Coldplay a Nizza direi indimenticabile.

Sei musicista, cantante, autore e compositore dei tuoi pezzi. Raccontaci la genesi di una tua canzone.

I pezzi nascono di solito da un’idea, un’idea che scaturisce da qualcosa di cui mi sono accorto. Quando mi arriva quell’impressione lì, rimango colpito e mi viene voglia di raccontarla. Quindi di solito parto con un soggetto, con una sensazione, con un flash, con qualcosa che mi è arrivato. Da lì, inizio a scrivere la canzone. Poi la melodia è tendenzialmente già dentro quell’idea lì. Mi viene in mente tutto insieme, solitamente. Ci vuole un flusso di coscienza che porta ad avere un’idea, quando sei sovrappensiero, può succedere ovunque.

Tre canzoni che ascolti in questo periodo, la tua mini-playlist dell’estate.

“La faccia delle donne” degli Stadio e Vasco Rossi, “Vaffanculo” di Masini, “American Girl” dei The 1975.

Progetti per il futuro?

Sicuramente far ascoltare “Zingari” a più persone possibili e farle entrare proprio nel mio paio di occhiali, “nel mio spazio e nel mio tempo”, come dico sempre io. Portare più cuori possibili dentro questo disco, perché è un disco sincero.

Lasciaci una citazione da una tua canzone sulla Smemo!

“Sovrappensiero, senza neanche farlo apposta, mi sono perso nel Mar Rosso della tua stanza. Chissà che fai? Vedo la luce alla finestra. Chissà come ti passa addosso questa notte, notte, notte stronza” da Fuori dai locali.

BIO: Daniele Barsanti è un musicista, cantante, autore e compositore toscano classe 1990. Viene scoperto da Saturnino Celani, noto bassista di Jovanotti, tramite un provino su Soundcloud, durante il quale si esibisce con “Lucia”, brano che nel luglio 2015 viene pubblicato sotto l’etichetta Universal Music Italia. A settembre dello stesso anno viene nominato “Artista del mese” da MTV e il video del singolo entra in rotazione sul canale MTV New Generation. Nell’estate del 2018, a pochi mesi dalla pubblicazione dell’ep “TU CHE NE SAI”, uscito a maggio, il cantautore viene invitato da Francesco Gabbani ad aprire i concerti del suo tour “Gabba Live 2018”, esperienza che porta DANIELE a esibirsi nelle più suggestive location d’Italia. Un anno dopo conosce Diego Calvetti e inizia la collaborazione con l’etichetta Apollo Records, con la quale pubblica il singolo “Le Commesse” e “Fuori dai locali”, entrambi pubblicati nel 2020.