Piccolo riassunto fino a qui: Il primo Jurassic World, il primo film di questa nuova saga-reboot di Jurassic Park, aveva una trama quasi uguale al primo Jurassic Park, quello originale di ormai trenta e passa anni fa. Ed era praticamente una enorme metafora del cinema americano, che non smette di sfruttare i miti del passato, rievocandoli, resuscitandoli, ringiovanendoli grazie al computer, sempre in versioni più potenti e muscolose. Dall’altra parte ci siamo noi spettatori, che come quelli del parco vogliamo attrazioni sempre più spettacolari, perché l’adrenalina dà assuefazione e la dose, alla lunga, bisogna aumentarla. Se no arriva subito la noia.
Però di adrenalina ce n’era, nel primo Jurassic World, e alla fine il regista Colin Trevorrow portava a casa la pagnotta. Al secondo film della nuova saga, poi, cambiava il regista e di conseguenza anche le atmosfere. Il regista del secondo film Jurassic World: Il regno distrutto era Juan Antonio Bayona, spagnolo trapiantato a hollywood che ha in curriculum fondamentalmente due cose: un grande film horror che si intitola The orphanage (e faceva paurissima), e un grande disaster movie, The impossible, che parlava dello tsunami dell’oceano indiano del 2004. Dunque, horror e disaster movie, e lui aveva preso e rimescolato questi due generi nel suo Jurassic World. Il risultato era un film che faceva paura, non solo ai ragazzini.
Una fine che guarda agli inizi
Ok, Ci siamo? Bene. Adesso siamo arrivati al terzo film, si chiude questa seconda triolgia, torna il regista del primo film Colin Trevorrow, quindi Jurassic World: Il dominio è un film meno gotico, meno spaventoso del precedente, centrato soprattutto sulla nostalgia, il cosiddetto fan service, perché ritroviamo i protagonsiti del film originale Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum. Il che va bene, ma rende anche tutto un po’ ripetitivo: sì, cambiano un po’ le ambientazioni (c’è più montagna del solito), si aggiunge qualche dinosauro, ma insomma la sostanza non cambia, non cambiano i messaggi… poi ormai ci sono talmente tanti cliché – anche visivi – che, appunto, la sensazione di già visto è inevitabile. Decidete voi se questa dino-nostalgia è cosa buona e giusta, oppure mancanza di idee.
Volendo trovare invece il lato positivo, Jurassic World: Il dominio è sempre uno di quei in cui le risorse di Hollywood sono usate davvero per fare le cose in grande. Il che significa effetti speciali, ma anche soggettisti e sceneggiatori che sanno scrivere dei personaggi che oltre alle facce delle star hanno anche motivazioni abbastanza credibili, e personalità che vanno almeno un passetto oltre gli stereotipi su cui sono costruite. Speriamo che questi basti, a salvare dall’estinzione anche le sale cinematografiche, perché questo è uno di quei film che devono incassare tanto per dimostrare che la grande industria del cinema si risolleva post-pandemia. Per ora il pubblico sembra rispondere bene. D’altronde, chi non ama i dinosauri?
Lascia un commento