Justin Fashanu, calciatore coraggioso

di Giovanna Donini

La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia è il 17 maggio, ma vorremmo che questi disvalori non trovassero posto in nessun altro giorno di nessun anno di nessun secolo. Per questo continueremo a raccontare storie che ci ricordino i danni provocati dall’omobitransfobia.
Come quella di Justin Fashanu, il primo giocatore di calcio che si è dichiarato gay.

Fashanu, da Londra a Nottingham (Forest)

Justin Fashanu nasce nel 1961 nel Nord di Londra. A 17 anni, quando firma il suo primo contratto da professionista con i Canaries, è un attaccante forte che vede la porta con una certa regolarità. Debutta da minorenne nell’allora First Division nel mese di dicembre del 1978 e si afferma come uno dei talenti più interessanti del campionato inglese.
In tre anni segna 40 gol e uno di questi contro il Liverpool è particolarmente bello tanto da fargli vincere il premio per il miglior gol dell’anno. Nel 1981 dopo essere entrato anche nel giro della Nazionale inglese, il blasonato Nottingham Forest sborsa un milione di sterline per acquistare il suo cartellino. Justin è dunque il primo giocatore di pelle nera ad essere pagato una simile cifra.

Uscire allo scoperto

A Nottingham, la città di Robin Hood, Justin oltre ad essere un giocatore di calcio di talento è ormai uomo che vuole sentirsi libero di essere se stesso. Non sono però anni facili per chi decide di esserlo. Sono gli anni degli Skinhead, dell’AIDS, degli hooligan, siamo in pieno governo Thatcher a capo dei conservatori e per i suoi modi e la decisione nel portare avanti i suoi programmi era soprannominata la “Lady di ferro”. A livello sociale ci sono sconvolgimenti importanti, pagati in particolare dalla classe operaia e dalla fascia più debole della popolazione. Sono dunque anni molto difficili Ma Sono anche gli anni dei Duran Duran, Spandau Ballet, Wham, Dead or Alive, Depeche Mode, Eurythmics, Frankie Goes to Hollywood, Pet Shop Boys, Tears for Fears, Culture Club, Bronski Beat, Dei Pink Floyd, I Queen e I Rolling Stones. Il mondo gay comincia ad uscire allo scoperto anche grazie alla musica ed ai musicisti.
Justin Fashanu Di giorno si fa vedere con un’avvenente signorina, con cui dice di essere fidanzato, la notte frequenta invece i locali gay. La notizia delle frequentazioni notturne del calciatore rimbalzano presto sui tabloid, e quando il nome di Justin è sbattuto in prima pagina da uno di questi con il titolo “locali gay”, il rapporto fra il ragazzo e il suo allenatore si rompe definitivamente. Fashanu finisce ai margini del Notthingam Forest, si allena quasi in disparte dai suoi compagni e i tifosi avversari lo prendono sempre più di mira. Le porte della Nazionale maggiore per lui si chiudono definitivamente. Si trasferisce al Notts County, che nel mese di dicembre ne rileva il cartellino pagandolo appena 150 mila sterline. Ma il 31 dicembre 1983 è colpito duramente al ginocchio da un avversario e si procura una brutta ferita. Quando rientra il suo rendimento non è più lo stesso. Justin è costretto a fermarsi e per curarsi vola negli Stati Uniti, dove si trasferisce stabilmente. Resta fermo per ben tre anni, nei quali matura una maggiore consapevolezza della sua sessualità. In quel momento, nell’ottobre del 1990, Justin infatti decide di fare coming-out e di ufficializzare dalle pagine del ‘Sun’ la sua omosessualità. È in assoluto il primo giocatore professionista a farlo.

“La star da 1 milione di sterline: sono gay”, titola il tabloid che pubblica la sua intervista.
Il suo intento è quello di squarciare il velo di ipocrisia che circonda il mondo del calcio. Justin spera di dare l’esempio e aprire una strada, invece non sarà così. Persino suo fratello John, che si sta facendo strada con il Wimbledon, ne prende le distanze, come la stessa comunità nera. La vita personale di Justin va a rotoli: il calciatore è solo, e la sua immagine è sfruttata da cinici agenti, che vendono ai tabloid le storie di sue relazioni con uomini di potere e personaggi famosi, ma tutte si rivelano false o infondate.

Un finale tragico

Chiusa la carriera da calciatore nel 1998, Justin si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti a Ellicot City e ricopre il ruolo di allenatore per il Maryland Mania Club. Però Il 25 marzo 1998 un diciassettenne, Ashton Woods, contatta telefonicamente la polizia del Maryland e Accusa l’ex calciatore di aver abusato di lui dopo averlo narcotizzato al termine di una serata fra alcool e fumo.
La polizia convoca Justin e lo interroga sui fatti il giorno seguente. L’ex attaccante si dimostra collaborativo, e non viene ritenuta necessaria la sua carcerazione preventiva. Fashanu sa bene però che il rischio di una condanna è molto alto: in quegli anni nel Maryland l’omosessualità è considerata per legge reato, così come la pratica del sesso orale e della sodomia, anche fra coniugi all’interno del matrimonio e partner consenzienti. E quando la polizia si reca nell’appartamento di Fashanu il 3 aprile per prelevarne i campioni biologici necessari ad eseguire il test del DNA, lo trova vuoto. È scappato in Inghilterra, usando il cognome materno per non farsi riconoscere. Qui cerca un aiuto disperato per organizzare una sua difesa, ma non trova nessuno disposto a darglielo.
Il 3 maggio 1998, viene trovato impiccato con un cavo elettrico all’interno di un garage semi-abbandonato poco lontano dalla sauna dove era stato, nell’East End londinese. Le indagini stabiliscono che l’ex calciatore si è impiccato. In una tasca è ritrovato anche un biglietto contenente uno struggente messaggio di addio, in cui Fashanu fornisce anche la sua versione dei fatti.
“Desidero dichiarare che non ho mai e poi mai stuprato quel giovane. Sì, abbiamo avuto un rapporto basato sul consenso reciproco, dopodiché la mattina lui mi ha chiesto denaro. Quando io ho risposto ‘no’, mi ha detto: ‘Aspetta e vedrai’ “.
“Sperò che il Gesù che amo mi accolga: troverò la pace, infine”.

La riabilitazione

Dopo la sua morte le accuse di stupro nei suoi confronti cadono e Fashanu è assolto per mancanza di prove: emergono infatti grosse falle nella ricostruzione del ragazzo che aveva fatto la denuncia e nelle stesse indagini.

Nel 2016 sua nipote, Amal Fashanu, giornalista e presentatrice, ha realizzato un documentario per la BBC sull’omofobia che regna ancora nel mondo del calcio. La Premier League ha cambiato il suo regolamento, stabilendo che chi usa parole come “f****o” o “n***o” possa essere punito fino a 19 giornate di squalifica.
Nel febbraio del 2020, infine, quasi 22 anni dopo la sua morte, Justin Fashanu è stato riabilitato anche come calciatore, venendo inserito ufficialmente nella ‘Hall of Fame’ del calcio inglese.
“È stato finalmente riconosciuto che Justin non era solamente un calciatore gay – ha dichiarato la nipote Amal – era soprattutto un calciatore di talento”.