
Il libro di Camilleri che ho tra le mani si intitola La rivoluzione della luna.
In questo libro, uscito nell’anno del signore 2013 per Sellerio editore Palermo, Camilleri ci racconta una storia che sembra inventata di sana pianta ma che invece è realmente accaduta. Ci racconta che nel milli e seicento e sittantasetti la Sicilia fu governata per 28 giorni da una donna! Nel 1677 Eleonora di Mora fu chiamata a governare la Sicilia dalla morte improvvisa del Viciré, suo marito.
Ventotto giorni (!), lo stesso tempo che ci impiega la luna a fare il giro dello zodiaco, le bastarono a portare la giustizia in una terra di ’ngiustizia, di approfitto, di pripotenza e di arbitrio.
Ci volle una donna per calmierare il prezzo del pane!
A chi andrà di portare i suoi occhi a girovagare tra le pagine di questo libro, si troverà l’agenda piena di rendez-vous con il malaffare, l’innamoramento del potere, la difficile condizione delle donne; il “nefando crimine”. Vivaiddio, incontrerà anche la giustizia sociale e il casto amore. Tale e quale a quello che prova il protomedico Serafino nei confronti di donna Eleonora, descritta da Camilleri alla sua maniera, ossia con la sua lingua mondana, terragnamente imprescindibile, fatta di parole che prendono forma, dove il significato diventa nitido perché è pieno e carico e denso e ricco.
Egli, verbigrazia, ci descrive donna Eleonora usando l’aggettivo biddrizza, per Camilleri donna Eleonora è di una “biddrizza da fari spavento”, cosicché, attraverso questa parola, è come se te li sentissi addosso i suoi occhi (“e che occhi”), è come se ti sentissi cosparso tutto del profumo della sua biddrizza adamantina, è come se la sua biddrizza ti entrasse dolcemente nella pelle a mo’ di sonda a toglierti il fiato e a riempirti di significato, là dove la parola “bellezza” poté mai.
Le parole del Camilleri sono così potenti che abbiamo la netta sensazione che donna Eleonora ci appaia, e perciò ci si ritrova, pieni di rossore e di sgomento, ad allungare la mano, come se fossimo dei cristiani assillati dalla prova.
La pregnanza della lingua di Camilleri si manifesta in modo robusto e proprio allorquando lo scrittore ci narra di un certo Vescovo che abusa dei minori. Per Camilleri un Vescovo che abusa dei minori non è semplicemente un Vescovo che abusa dei minori, nossignore! Per Camilleri un Vescovo che abusa dei minori è un Vescovo che lo mette ‘n culo ai picciliddri!
Lo scrittore di Porto Empedocle si prende la responsabilità di farci vedere l’orrore, va fino in fondo, si va ad installare nel profondo della nostra ripugnanza. Egli alza il sipario della schifezza, là dove essa fete così intensamente da togliere l’onore. Con queste quattro parole Camilleri si carica di coraggio e ci dà un pugno al Vescovo, come se fosse un Papa a cui hanno offeso la madre; il suo gesto lenisce il nostro stomaco malandato.
Andrea Camilleri fa lo stesso effetto che i semi di finocchio fanno ad una mia amica: stra-bene!
Leggerlo è una ricetta: la lettura di questo libro non è consentita di rimandare, è improrogabile.
“Finalmenti ‘ncontrava a ‘na fìmmina che, oltri che ad aviri ‘n sommo grado tutti l’attributi fimminini, possidiva macari un gran paro di cabasisi.” A.C.
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