Questa è la storia di Momo, un ragazzino con la vita abbastanza incasinata: la mamma prostituta lo ha affidato, per sempre, alle cure di una signora che cresce altri figli di prostitute. Il papà non si sa chi sia (poi veramente a un certo punto del libro spunterà fuori…).
Momo e i suoi non fratelli bambini vivono al sesto piano senza ascensore di un appartamento nella periferia multietnica di Parigi, nella zona di Belleville, l’appartamento è di Madame Rosa: ex prostituta, ebrea deportata e sopravvissuta e ora donna anziana e molto triste che ogni tanto si imbambola…
Tutta la storia è narrata da Momo che ci tiene spesso a specificare di non essere nella sua “forma olimpica” eppure ne farà delle belle.“La vita non è mica una faccenda per tutti quanti.”
La sua matrigna, la donna che lo alleva, Madame Rosa, ex prostituta, ora pesa 95 kg, si trucca molto, piange tutti i giorni e dorme con una foto di Hitler sotto al letto perché quando è disperata la tira fuori per ricordarsi a cosa diavolo è scampata e si sente un pochino meglio.
Madame Rosa da ragazza era finita ad Auschwitz, per un fortunatissimo sbaglio non era stata sterminata e da allora aveva giurato a se stessa di non farsi prendere mai più da nessuno, per questo aveva tutti i documenti falsi, i suoi e quelli dei suoi ragazzi. Perché non si sa mai.
Momo, che in realtà si chiama Mohammed, forse è l’unico arabo al mondo che parla e capisce anche la lingua yiddish, la lingua di Madame Rosa.
“Per molto tempo non ho saputo che ero arabo perché non c’era nessuno che mi insultava. L’ho saputo soltanto a scuola.”
Il problema adesso di Madame Rosa e Momo è che cominciano a non avere più un soldo perché le prostitute non le lasciano più i loro figli e in più Madame Rosa comincia ad avere importanti momenti di assenza mentale, non ci sta, s’impalla. Dovrebbe andare in ospedale ma non vuole perché ha paura che la tengano in vita a forza e che batta il record dell’uomo più tenuto in vita al mondo: 17 anni di tenuta in vita, pensa che fatica.
“Mi faranno vivere per forza. Fanno sempre così negli ospedali, hanno delle leggi apposta. Io non voglio vivere più del necessario e ormai non è più necessario. C’è un limite anche per gli ebrei. Mi faranno subire delle sevizie per impedirmi di morire, hanno una faccenda che si chiama l’Ordine dei medici che è fatto apposta per questo. Ti fanno sbavare fino alla fine e non ti vogliono concedere il diritto di morire, per non creare dei privilegiati.”

L’unico che potrà aiutarla sarà il piccolo Momo insieme a personaggi strambi che entrano ed escono nell’appartamento al sesto piano senza ascensore: i fratelli montacarichi, che di professione fanno traslochi e quindi ogni tanto portano su e giù Madame Rosa; Madame Lola, il trans ex pugile che piace tanto a Momo perché è elegante e gentile; N’Da Amédée, il ruffiano nero che va a farsi scrivere le lettere per i suoi parenti in Africa perché non sa scrivere; e poi gli amici immaginari che tanto spaventano Madame Rosa che teme che Momo possa essere “psichiatrico” come il padre: la tigre, il pagliaccio, l’uomo ombrello…
Questa è una storia allegra e ironica dentro una storia molto amara fatta di persone tristi che però sono buffe e quindi molto amabili.
“La felicità è nota per la sua scarsità.”
È una storia piena di buoni, sfigati ma buoni. È una storia colorata, multietnica, di aiuto reciproco, una storia di sopravvivenza, di un passato tragico per Madame Rosa, un passato così spaventoso che torna tutte le notti, tutti i giorni e piano piano se la prende tutta.
“La vita può essere molto bella, ma non è stata ancora veramente scoperta e intanto bisogna pur vivere.”
Questo libro fu scritto molto tempo fa da un autore che poi non era lui, nel senso che si firmava con uno pseudonimo (Émile Ajar) e non si seppe che era lui fino alla sua morte e anche la sua storia è eccezionale come quella di Momo. Romain Gary ebbe una vita affascinante e una storia multietnica fatta di sradicamento, solitudine e colpi di scena.
Ora questo libro torna con la forza dei disegni di Manuele Fior che ci fa vedere i personaggi meglio di come potremmo immaginarli.

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