Lettera ai vecchi dentro

di Viviana Correddu

Storie di Smemo
Lettera ai vecchi dentro

Comprendo profondamente quello che i giovani vivono, e sono costernato, addolorato per l’assenza di futuro cui sembrano condannati. Come faccio ad avere la pretesa di sradicare questa assenza di futuro? I responsabili delle grandi agenzie, dei grandi poteri, delle istituzioni sembrano interessati solo a giovani che “servono”, che rinunciano alla loro coscienza critica, alla loro autonomia, alla loro autogestione: il potere vuole solo giovani ubbidienti.

Da “lettera ai giovani” Se non ora adesso ed. Chiarelelttere.

Questo diceva Don Andrea Gallo pensando ai giovani. E riprendendo Antonio Gramsci, a loro direttamente urlava: “Agitatevi!! Abbiamo bisogno del vostro entusiasmo! Organizzatevi! Abbiamo bisogno della vostra forza! Studiate! Studiate! Studiate! Abbiamo bisogno della vostra intelligenza!“ ma uomini come don Gallo e Gramsci, che lo hanno detto, ci hanno creduto davvero e lo auspicavano davvero e senza ipocrisia, non ce ne sono stati molti… e pochi altri ce ne sono ancora con la stessa propensione verso la gioventù.

Il suoi discorsi e scritti a riguardo, hanno certamente un’impronta politica molto forte. E quando oggi mi ricordo di queste sue parole, le ricordo certo pregne di quel sentimento partigiano che aveva nel sangue. Ma spesso le conservo “emotivamente”, come fossero l’inizio di quei pensieri che poi prendono il volo. Perché Andrea puntava alto, e a volte è necessario partire dal basso, da sé e con gli altri per raggiungere obbiettivi importanti, che possano poi avere un senso comune.

Per questo, se don Gallo scriveva ai giovani, io invece voglio fare un ragionamento al contrario. E allora io, che a trentacinque anni ancora mi sento gggiovane nonostante non ne abbia più diciotto, mi rivolgo a quelli che nel nostro stupido bel paese… così gggiovani non lo sono più… E attenzione! La mia non è una questione di età anagrafica… ma d’intenzioni, mentalità, e attitudini. Quindi non vi sentiate tutti chiamati in causa solo perché superate i sessanta; non è questo il punto, e Andrea ne era l’esempio eclatante.

Per questo però prima di iniziarla, questa lettera, ci piazzo un’altra frase che il Gallo ripeteva sempre…

“Con i giovani devi essere trasparente, devi proporre esempi, non bastano le parole.”

Ora posso iniziare!

Cari, non-giovani,

abbiamo capito che le cose, come le pensate e le fate voi, e come voi le avete pensate e fatte in passato… sono inarrivabili. Che le cose che dite, hanno sempre più valore, e vanno sempre a superare, zittire, e appiattire il nostro pensiero sulle cose: ”Oh! Cosa vuoi che ne sappia questo sbarbatello!”.

Abbiamo capito che le nostre idee sono belle, che abbiamo tanto entusiasmo, ma che nella vostra testa possiamo essere belli ed entusiasti solo se va bene a voi, e fino a quando vi andrà bene, elargendo “lascia-passare” a seconda del momento. Abbiamo capito che siamo una generazione di “bamboccioni”, inetti, senza un futuro… perché in fondo in fondo al vostro cuore (e chissà se poi è così in fondo), vi viene comodo sapere che quella sedia, fosse anche la seduta del vostro cesso preferito, resterà vostra, anche quando nessuno la vuole. Abbiamo capito che siamo dei “bravi” ragazzi, quando vinciamo qualche premio che fa onore alla Nazione, quando scopriamo qualche virus, o qualche cura in giro per il mondo dopo che ci avete costretti a  mollare tutto (perché in Italia non è il momento di pensare a ‘ste cazzate e alla ricerca),

quando abbiamo idee geniali e cercate di farle vostre,

quando spaliamo fango dopo le alluvioni (in questo caso anche gli immigrati, ancor più dei gggiovani, vengono particolarmente celebrati. Poi basta.),

abbiamo capito che siamo “bravi”,

quando abbiamo buon cuore e il sorriso sulle labbra, mentre quando alziamo la testa e abbiamo le spalle un po’ più larghe… diventiamo presuntuosi,

siamo “bravi” quando ci rapportiamo come foste dei guru che ci dicano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato,

quando elargiamo gioia e affettività quel tanto che basta a farvi sentire amati e apprezzati, gratificati fino a quando il legame è di dipendenza e non in un processo di autonomia,

quando non osiamo essere migliori di voi, più capaci, più simpatici, più preparati; innovativi, intelligenti,

quando siamo utili ai vostri scopi, ai vostri fini, usati e ingabbiati in un meccanismo per cui dobbiamo solo “ringraziare” e obbedire… stare buoni buoni. Siamo “bravi”… solo se non diamo fastidio per la nostra intraprendenza.

C’è una frase di don Gallo che mi ha aperto un mondo, il suo motto di brigata partigiana, che sprona a non mollare, ad agire, a ricominciare: OSARE LA SPERANZA. Perché dalla prima volta in cui gliel’ho sentito gridare, ho capito che sperare solamente, non può bastare nella vita. E la devi osare, quella speranza che hai nel cuore e che se ci pensi non ti fa respirare.

E allora, cari non-giovani… non abbiate paura. Noi non vogliamo primeggiare, sgomitare, e sbeffeggiarvi. Noi vogliamo OSARE quella speranza che sa attraversare i nostri sogni e le nostre aspirazioni, una speranza che tende a quel “bene comune” di cui non conoscete più il significato. Quel bene comune che esclude il possesso, il privilegio, l’arroganza, la prepotenza, il controllo. Non abbiate paura. Abbiamo ali grandi, abbastanza grandi e forti per provarci, e riprovarci… e poi ancora. La paura non serve. Se impariamo a sbatterle bene, non potrete fermarci. I sogni volano lontano. Noi li inseguiamo. Tenetevi pure la poltrona, la sedia, la scrivania o la cattedra. Ma non toglieteci i nostri sogni. Il Gallo come tanti altri in passato, ma per fortuna anche persone comuni, che ancora esistono, ci spronano ad essere persone pensanti, a crescere guardandoci intorno, con gli occhi impregnati di mondo, terra e mare. Persone, non più così giovani, che ci spronano attraverso critiche severe, tese a farci migliorare, riflettere, capire. Che sanno amarci perché in noi vedono quel futuro che loro non potranno più gustare tra i denti e sulla lingua, e ci regalano l’esperienza che a fatica ma con onestà, hanno ormai intrisa nella pelle. Abbiamo bisogno di “esempi”… non di “parole” come diceva don Gallo. Chi non ne è capace perché inaridito dalle proprie miserie, si faccia da parte… che dobbiamo passare! Perché siamo “bravi”, ma non come lo intendete voi.