Liberté, Égalité, Professionalité #SalTo12

di Alberto Forni

Recensioni
Liberté, Égalité, Professionalité #SalTo12

Amici! Che bello! Anche quest’anno è arrivata finalmente la primavera, che porta i profumi dei fiori, degli alberi in fiore, degli alberi senza fiori, quei profumi lì insomma. E insieme a questi profumi arriva anche quello del Salone del Libro, quel buon profumo di carta che i maledetti Kindol vorrebbero portarci via. 

Non mi pare vero che sia già trascorso un anno. Ho ancora negli occhi e nelle recchie, e pure nel naso e un po’ anche nella bocca, i sapori, i profumi, le belle immagini e il cicaleggio frinente e sfinente dello scorso Salone (che come saprete, fra gli adddetti ai lavori, viene simpaticamente chiamato Salone Kitty. Ah! Ah! Non sono delle sagome questi editori?).

Il Salone dell’anno passato per me è stato proprio indimenticabile, come le vacanze a Riccione.

Mentre tutti, fuori, parlavano solo della crisi, l’industria editoriale dimostrava di essere in ottima salute anche perché la crisi, lo sappiamo bene, esiste solo nella testa delle persone che ci credono. Un po’ come l’Easter Bunny.

 

Al Salone è sempre tutto un fiorire di professionisti, di editori con anni e anni di esperienza sulle spalle, di strategie promozionali pianificate fino all’ultimo dettaglio, fino all’ultima virgola. Niente è fuori posto, niente viene lasciato al caso e per me, che sono persona precisetta e puntigliosa, respirare a pieni polmoni la fresca aria della professionalité è una cosa che sempre mi elettrizza e sempre mi riconcilia col mondo dell’editoria. 

 

  

Questo che vedete qui sopra, il post-it, dovrebbe essere una specie di fascetta. Avete presente quelle strisce di carta che stanno intorno alle copertine dei libri per indurre il lettore all’acquisto? Quelle che dicono un milione di copie, decima ristampa, da questo libro il film, ha detto Saviano che dovete di leggerlo, ha emozionato tutto il mondo, in cima alle classifiche delle librerie indipendenti curde? Ecco quelle lì.

Io, appunto, mi trovavo al Salone perché avevo dato vita a un blogghettino sulle fascette e contavo di rinvenirne alcuni esemplari. Era, insomma, una specie di safari. E in effetti ne avevo trovate di belline. Tipo questa.

 

Oppure questa. Fatta come si usava una volta, usando solo ingredienti naturali: un po’ di cellulosa, dei pigmenti blu e tanta fantasia.

 

Per non essere da meno, anche io avevo messo in campo tutta la mia professionalité e avevo portato da casa delle fascette autoprodotte. Ma questa è una storia che vi racconto domani. Sennò vi stufate subito.