Matteo Faustini: “Ragazzi, non copiate che dalla cattedra si vede tutto”

di Irma Ciccarelli

Le Smemo Interviste
Matteo Faustini: “Ragazzi, non copiate che dalla cattedra si vede tutto”

Matteo Faustini, classe 1994, è un cantautore bresciano che ha iniziato a muovere i primi passi nella musica fin da bambino, partecipando a diversi concorsi musicali.

Nel 2017 viene selezionato come finalista ad Area Sanremo ed è la voce della tribute band “Smooth Criminals”, con la quale ha portato in giro per l’Europa il mito di Michael Jackson.

Negli ultimi due anni, Matteo ha intrapreso la sua carriera di insegnante di scuola primaria e ha scritto più di 50 brani (alcuni dei quali insieme a Marco Rettani) come “Nel Bene e Nel Male”, in gara al 70° Festival di Sanremo nella categoria “Nuove Proposte” e vincitore del “Premio Lunezia per Sanremo” per il suo valore musicale e letterario.

Matteo Faustini: la nostra intervista

“Il cuore incassa forte”è il titolo del singolo in rotazione radiofonica estratto dall’album “Figli delle Favole”. Di cosa parla questo brano?

Questo, come anche gli altri, è un brano molto importante per me. Sono convinto che l’amore vero sia fatto da un intero più un altro intero, non da una metà più un’altra metà ed il cuore, essendo un muscolo, può essere allenato.

Spesso, quando finisce una relazione le persone si aggrappano subito ad un altro amore, come se fossimo al supermercato e ci fosse l’offerta 2×1: questa è dipendenza.

L’amore giusto è quello che crea indipendenza e il verbo “amare” dev’essere innanzitutto riflessivo: bisogna prima amare sé stessi, togliere centimetri di debolezze e chili di incertezze e poi provare ad amare un’altra persona.

L’amore è un muscolo volontario.

C’è una frase portante di questo brano a cui sei particolarmente legato?

“Forte, mi farò più forte, perderò centimetri di debolezze, chili di incertezze. Il cuore incassa forte, usalo o si rompe”.

Alla fine, per quanto possa far male il cuore è da usare: non ho scritto in cassaforte, ma incassa forte. Per quanto sia più comodo rinchiudere il cuore, proteggerlo, non sei libero, soffri di meno, ma vivi di meno! Cavolo, la vita è una!

Quindi, con calma, piano piano, il cuore è da mettere sul ring, ancora, farlo incassare forte, farlo crescere un po’ di più.

Ma non si rischia, invece, di distruggerlo?

Assolutamente sì e in modo permanente. Ma adesso è facile dirlo, mentre stai soffrendo come un cane odi l’amore, ti riprometti che non ti innamorerai più, che questa è l’ultima volta, però alla fine te lo auguri.

Quindi, se ripenso alla mia vita, quelle sofferenze che ho odiato,  adesso le ringrazio perché grazie a quel dolore ho scritto le canzoni che hanno permesso di realizzare il mio sogno: fare il cantautore, andare a Sanremo, vendere dischi, fare concerti.

Il sistema, l’energia, Dio, il caso, ognuno può chiamarlo come vuole, mi ha è dato l’opportunità attraverso il dolore perché anche se le emozioni sono un acceleratore di esperienza, dalla sofferenza ci vuoi uscire perché fa schifo e ti impegni di più per uscirne e questo ti migliora.

Quindi sì, mettendo il cuore lì sopra rischi di distruggerlo ma hai l’opportunità immensa di vivere, migliorarti e di curvare i tuoi difetti.

In cosa, secondo te, è diverso l’amore che vivi tra i banchi di scuola e quello quando sei più grande? Cambia tanto?

Sì! La prima volta che provi qualcosa di bello tendi a renderlo assoluto: l’amore migliore, le amicizie migliori. Sì, l’amore tra i banchi di scuola è quello più bello perché è puro, vero, non è cinico, non si auto giudica, non è negativo ed ha solamente voglia di scoprirsi.

Quando diventi grande, hai paura di innamorarti, hai paura di soffrire, mentre quando sei giovane non vedi l’ora. E questo è bellissimo.

La scuola è un argomento a te molto caro dal momento che sei anche un insegnante. Che effetto ti ha fatto essere dall’altra parte?

Cambia molto. Mi ha insegnato tantissimo. Apro e chiudo parentesi: si vede quando la gente copia, quindi i professori che non dicono niente è perché sono buoni, si vede tutto dalla scrivania, tutto quanto!

Comunque, detto questo, impari tanto: facendo l’insegnate ho perdonato certi comportamenti dei miei ex professori e accettato degli altri. È un grande ruolo di responsabilità perché educhi e formi delle giovani menti, per quanto li vedi poco durante la settimana, ti ascoltano e puoi fare veramente del bene attraverso quel mestiere.

Cosa ne pensi della riapertura delle scuole in questo periodo di emergenza?

Cerco in tutti i modi di affidarmi alle scelte dello Stato, anche se, forse, bisognava aspettare il momento in cui i casi non erano così rilevanti. Quello che è stato fatto da marzo a giugno poteva essere prolungato anche per questi mesi.

Puoi prendere qualsiasi precauzione che si voglia ma, soprattutto i bambini, la tolgono la mascherina ogni tanto, come quando fanno ricreazione, all’inizio stanno ad un metro di distanza ma poi no.

È molto difficile, quindi è facile che la situazione degeneri per quanto la scuola sia un bell’ambiente, sia bello tornarci, per quanto sia deprimente la Dad (didattica a distanza), soprattutto per gli insegnanti che parlano senza che qualcuno risponda dall’altra parte.

Meglio prevenire che curare! Forse si poteva aspettare ancora un po’, ma le scelte sono state fatte da chi è sicuramente più competente di me, quindi..affidiamoci!

Hai confessato di acquistare i diari di Smemoranda quando andavi a scuola, hai un ricordo particolare?

Te lo dico brutalmente: Smemoranda mi ha salvato da una lezione di filosofia dove mi sarei buttato giù dalla finestra solo ad ascoltare! Mi stavo annoiando ed è stato bello leggere tutto il diario in due/tre ore! Mi ha alleviato in quel momento!

Dopo il palco di Sanremo, ci sono stati gli instore tour e solo qualche giorno fa sei salito nuovamente su un palco. Com’è stato ritornare a cantare davanti ad un pubblico?

È stato pazzesco, un altro sguardo sul cuore. Un conto è esibirsi con una canzone davanti ad una giuria che ti giudica, magari vieni eliminato al televoto, e altra storia è cantare un disco, le tue canzoni, fare una serata con della gente che vuole semplicemente ascoltare e intonare la tua musica.

È uno spettacolo! Non dimenticherò mai quei momenti, mi sembra passato un’eternità, invece è stato solo la settimana scorsa. Sono questi i regali della vita.