È ironico che l’ultima apparizione televisiva dei Nirvana sia avvenuta in un programma comico.
Era un programma della Rai, Tunnel, e prima della loro esibizione c’era lo sketch di Antonello Fassari, comico romano che interpretava un signore di mezza età perennemente preoccupato del fatto che sotto le finestre di casa sua si radunassero giovani fracassoni e malvestiti. La scenetta in pratica consisteva nel fatto che lui vedeva apparire quei tre sul palco e diceva: “aiuto, chi sono questi drogati?”
Chiaro che il bersaglio del comico mica erano quei tre particolari ragazzi di Seattle, e neanche i ragazzi in generale, ma, come dire, i piccolo borghesi – i boomer, se preferite – che vanno in ansia per la presenza di giovani che non rientrano nei loro canoni di tranquillità e rispettabilità. Tipo gente che suonava il basso senza scarpe, come amava fare Krist Novoselic.
Gli ultimi giorni di Kurt Cobain
Eppure quella scenetta (portata a casa senza incidenti diplomatici probabilmente solo perché i Nirvana non capivano una parola di italiano), è molto meno divertente oggi, che sappiamo quale sia stato il ruolo dell’eroina nel chiudere Kurt Cobain in quella spirale di depressione che sarebbe sfociata nel suicidio, neanche un paio di mesi dopo quella serata. Eroina che, non avesse ucciso più o meno direttamente il leader di quella band, probabilmente l’avrebbe distrutta, visto che lo stesso Dave Grohl l’ha detto più volte: il motivo per cui lui e Kurt si frequentavano poco, nell’ultimo periodo, era semplicemente la droga. C’era chi ci stava, e chi no.
Tutto è stato detto e raccontato sui Nirvana, e se amate quel periodo del rock americano probabilmente sapete già tutto. Ha aiutato, i giornalisti e i biografi, il fatto che la storia fosse anche piuttosto breve. Ogni giorno della carriera dei Nirvana è stato scannerizzato e consegnato agli annali (provate a fare la stessa cosa con Bob Dylan: è un po’ più complicato).
La storia del grunge: avrebbe potuto essere diversa?
Però ognuno dei frammenti di quella storia ci illude di poter capire meglio cos’è stata davvero quella band rivoluzionaria, e perché Cobain se n’è andato così presto. Un’illusione, appunto, che ci lascia lì a fare ipotesi. Chissà, durante quell’ultima apparizione televisiva, quanto Kurt Cobain fosse consapevole della cornice, del fatto che un comico italiano lo stava insultando con le stesse parole che avevo usato Axl Rose due anni prima, quando minacciò di prenderlo a pugni in un backstage di MTV.
Chissà se quella permanenza a Roma contribuì alla sua infatuazione per la capitale italiana, che lo portò a organizzare una breve vacanza il mese dopo con la moglie Courtney Love, nel lussuosissimo hotel Excelsior di Via Veneto (quello della Dolce Vita di Fellini). Chissà, se non fosse andato a Roma con la famiglia, forse non avrebbe litigato con Courtney durante quella vacanza e non avrebbe tentato una prima volta il suicidio con una dose da cavallo di Roipnol. Una prova generale per quello che sarebbe successo il mese successivo nella sua casa di Seattle.
Con i se, non si fa la storia, però. Rimane la storia del grunge, una storia di vittime e di sopravvissuti, divisa tra chi è rimasto (purtroppo) invischiato in quegli anni, e chi oggi può permettersi di sorridere ricordando di quando i comici alla televisione italiana li chiamavano capelloni e drogati. L’ultima grande storia maledetta della storia del rock.
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