Quel golosone dell’orso bruno marsicano

di Mia Canestrini

Sei una bestia - Storie di Smemo
Quel golosone dell’orso bruno marsicano

Pensate se all’arrivo dell’autunno potessimo fare tutti come gli orsi bruni: mangiarci l’impossibile per poi addormentarci al caldo di una tana fino alla primavera. Non è una strategia di sopravvivenza invidiabile? Invece che sopportare mesi di freddo, neve, pioggia e nebbia, giornate cortissime e raffreddori che trasformano il naso in un cono vulcanico, gli orsi se ne vanno beatamente a dormire per qualche mese, una sorta di letargo dal quale ogni tanto si svegliano per sgranchirsi le zampe.

La maggioranza degli animali, spesso molto meno dotati fisicamente dei plantigradi, se ne resta là fuori a sopportare tutto il fardello invernale oppure prende su e se ne va altrove, compiendo migrazioni anche di decine di migliaia di km, per raggiungere regioni più calde, trovare cibo e quindi sopravvivere. Ma l’orso no, l’orso è più furbo. Lui trascorre il periodo tra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno rimpinzandosi di cibo e mettendo su una riserva di grasso di cui non si vergogna affatto. E lo fa con una dedizione notevole.

Un po’ come se noi iniziassimo ad aprire il frigorifero, e giù tutto quello che c’è dentro, finocchi con sopra la marmellata, hamburger crudi impastati con il succo di frutta, formaggini e maionese, latte con il prosciutto cotto e tutti i surgelati che avevo proprio bisogno di qualcosa di fresco. Poi dritti verso la dispensa e giù ancora, fette biscottate, biscotti, lenticchie, mais, fagioli, le cialdine del caffè, pomodori pelati, riso e pasta senza manco cuocerli e magari anche un po’ di farina che quando togliamo la faccia dal mobiletto sembriamo usciti da un film su Pablo Escobar.

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Svuotati frigoriferi e dispense un dubbio ci attanaglia: saremo ingrassati abbastanza per addormentarci senza pensieri un intero inverno? Di corsa sulla bilancia che segna + 10 kg, ma non è abbastanza, e allora mentre i bottoni di pantaloni e camicia saltano via come proiettili corriamo davanti alla porta del vicino. Driiiiiin – chi è – levati che devo mangiare e in un secondo siamo seduti sul ripiano della sua cucina a fagocitare la pasta al forno avanzata una settimana prima, i croccantini del gatto e anche il gatto. Immaginate di fare questo per settimane e poi, avvolti da un lenzuolo matrimoniale perché non vi entrano più nemmeno i mutandoni di nonna vi trascinate fino al letto e cadete in preda ad un sonno atomico. Il miracolo è che all’arrivo della primavera vi sveglierete in perfetta forma, probabilmente facendo uno sbadiglio lungo mezz’ora.

E Barbara, l’orsa di 5 anni e 120 kg catturata pochi giorni fa nella Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, stava probabilmente facendo tutti questi preparativi pre-invernali. Forse qualcuno non lo sa, ma anche in Italia centrale, in Abruzzo per l’esattezza, sopravvive un manipolo di orsi bruni che in questa stagione sta facendo scorta di grassi per poi affrontare l’inverno in tana. Sono gli ultimi orsi bruni dell’Appennino, ne restano circa 50 e molte persone, zoologi, carabinieri forestali, guardiaparco e volontari sono impegnate per la loro salvaguardia.

Per poterli meglio tutelare e comprenderne a fondo la biologia alcuni esemplari vengono dotati di collari speciali, dei collari molto robusti dotati di un GPS in grado di inviare ai ricercatori la posizione dell’animale via email e di una batteria. Questa la sorte toccata all’orsa Barbara, che ora fa da ambasciatrice della ricerca e della conservazione dell’orso più raro al mondo. Barbara deve essersi spostata dal Parco nazionale d’Abruzzo alla Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio per nutrirsi nei frutteti della zona. Gli orsi sono infatti onnivori e i marsicani seguono un’alimentazione costituita principalmente da vegetali, con la frutta tra le loro grandi passioni. Gli orsi fruttariani insomma.

Tornando seri, la Riserva Naturale è una delle principali aree di espansione dell’orso bruno marsicano verso il Parco Nazionale della Maiella e i dati raccolti attraverso il collare GPS applicato a Barbara potranno svelare ai tecnici delle tre aree protette spostamenti, abitudini, ma anche le difficoltà che l’orsa incontrerà sul suo cammino prima del letargo, al risveglio e durante il periodo riproduttivo primaverile. Uno degli aspetti di ricerca fondamentali nell’applicazione di questi collari è rappresentato dalla possibilità di monitorare il processo di espansione della popolazione di orso bruno marsicano verso nuove aree protette, luoghi in cui si giocherà la partita decisiva per la sua conservazione.

Ma come mai gli orsi marsicani sono ad un passo dall’estinzione? La caccia indiscriminata del passato ha eradicato gli orsi da tutta la penisola (pensate che c’erano orsi ovunque nelle montagne italiane fino a due o tre secoli fa!), con l’eccezione del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, poi la distruzione e la trasformazione degli habitat, il bracconaggio, lo sviluppo capillare di aree urbane e vie di comunicazione, i conseguenti numerosi investimenti stradali e incidenti hanno fatto il resto. Pensate che tra il 1994 e il 2018 sono stati 43 gli orsi bruni marsicani ritrovati morti, di questi il 63% è morto per cause antropiche legate proprio alle cause elencate.

La grande difficoltà per questa sottospecie è dunque quella di poter ricolonizzare nuovi territori, di espandersi nelle altre regioni italiane e riprodursi con successo. Quando una popolazione animale è ridotta così all’osso bastano pochi esemplari morti ogni anno affinché il suo destino sia la scomparsa. Le femmine di orso bruno marsicano danno alla luce i loro piccoli proprio in inverno, al caldo delle loro tane, e ogni primavera posso solo immaginare l’emozione dei ricercatori abruzzesi che attendono di scoprire quanti orsetti usciranno da ogni tana tana, pronti ad affrontare un mondo che non è più a misura di orso.

Tanto però si può fare per dare ai cuccioli di orso la speranza di crescere, sopravvivere e diventare un giorno esemplari riproduttivi a loro volta, contribuendo così all’esistenza della loro specie anche in futuro: innanzitutto informarsi correttamente, per non cadere in falsi allarmismi. Gli orsi bruni marsicani non sono pericolosi per l’uomo, ma hanno una grande passione per la frutta: fosse per loro probabilmente non mangerebbero altro e quindi capita che si introducano in qualche orto o giardino facendo un po’ di danni. A volte viene loro voglia di pollo e frittata e allora possono avventurarsi in un pollaio.

Ma la nostra intelligenza, le recinzioni elettrificate e alcune accortezze possono evitare queste incursioni. Per risolvere il problema degli incidenti stradali, il WWF ha messo in sicurezza un tratto di strada di 3 km in Molise, dove a fine agosto era stata investita una giovane orsa: speciali dispositivi ottici e acustici avvisano gli animali del sopraggiungere dei veicoli e rendono più visibili gli animali agli automobilisti. E ancora, la scorsa estate una vasca di raccolta d’acqua nella quale nel novembre del 2018 erano annegati una femmina di orso con i suoi due piccoli è stata chiusa in modo che nessun animale possa più cadervi dentro.

Orso_bruno_marsicano

C’è ancora moltissimo da fare e non è detto che gli orsi bruni marsicani riescano a sopravvivere in futuro, ma a me piace sognare ad occhi aperti e spero che un giorno incontrare un orso su un sentiero diventi possibile in ogni angolo d’Italia, come è successo per il lupo. Forse quel giorno è molto lontano, ma chissà che i più giovani di voi, diventati un po’ anzianotti, non possano leggere una mattina che gli orsi bruni si sono riprodotti in un Parco diverso dal Parco nazionale d’Abruzzo. Se quella mattina arriverà fatemi una promessa: aprite il frigorifero e mangiate tutto quello che c’è per festeggiare!