Ambrogio, il pettirosso imbruttito con attico in centro

di Mia Canestrini

Sei una bestia - Storie di Smemo
Ambrogio, il pettirosso imbruttito con attico in centro

C’è un pettirosso tra le palme, in Piazza Duomo a Milano. Già “tra le palme” è un fatto strano per un pettirosso, il cui habitat d’elezione sarebbero le foreste di abeti. Ma in Piazza Duomo, tra i senegalesi e i nigeriani che smerciano braccialetti e accendini, le orde di turisti russi e giapponesi a tre braccia (destro, sinistro e bastone per il selfie) e gli stormi di piccioni che sembrano incollati al pavé, beh.

Beh. Quando l’ho visto sono trasalita. Ho tirato mia madre per la giacca per farglielo vedere, cioè per accertarmi di non avere le allucinazioni. Avevo mangiato un po’ tante castagne e le castagne sono pesanti. Magari la loro digestione sta risucchiando sangue dal mio cervello e i miei neuroni sono in sofferenza. E invece no. Lo ha visto anche lei. Quindi, ricapitolando, c’è un pettirosso in Piazza Duomo. Tra le palme. Gente, non è una cosa normale.

Innanzitutto le palme non ci sono da sempre in Piazza Duomo e senza le palme e quelle piante piumose che ci crescono sotto il pettirosso in Piazza Duomo non ci sarebbe mai andato a vivere. È pur sempre un uccello e a tutti gli uccelli che non nidificano a terra servono delle piante. Anche se non sono lì per nidificare. È una questione di abitudine. Poi, che i pettirossi in inverno si spostino nelle città, dove è un po’ più caldo che in campagna a causa delle centinaia di migliaia di termosifoni e condizionatori accesi, è normale. Fa proprio parte della biologia della specie.

Il pettirosso è un uccelletto di piccole dimensioni e del peso di pochi grammi, molto diffuso in Europa. Alcuni pettirossi vivono in nord Europa e in inverno si spostano verso sud, altri restano nel loro Paese tutto l’anno, come alcuni pettirossi italiani, però con l’arrivo del freddo scelgono soluzioni abitative con più comfort, tipo i giardini pubblici e privati urbani.

Dunque il pettirosso milanese, a occhio e croce, potrebbe arrivare dal profondo nord come dalle campagne intorno a Brugherio. Questo onestamente me lo rende un po’ meno figo. Preferisco pensare che abbia l’accento svedese e che in estate becchetti insetti che sanno di aneto. Quindi, in Piazza Duomo c’è un pettirosso che arriva da lontanissimo, che ha volato per migliaia di km e che siccome deve essere un tipo con delle pretese ha deciso che per l’inverno il suo territorio sarà delimitato dai palmizi del centro di Milano, che più centro di così non si può.

Perché il pettirosso, tenero solo all’apparenza, è territoriale. Molto territoriale. Così territoriale che i pettirossi si azzuffano spesso al punto di uccidersi pur di difendere il pezzo di terra che si sono scelti. Ciò mi rattrista per eventuali altri pettirossi che vorranno accaparrarsi 100 mq in piazza senza vendere i propri reni, le otturazioni d’oro del nonno e ipotecare anche l’anima come noi umani, ma sinceramente al pensiero che quel pettirosso tenga duro tra le sue palme un lampo di piacere attraversa i miei occhi. Quel pettirosso è il mio eroe. Non ha scelto un qualunque giardino, come un qualunque pettirosso. Lui canterà per i baristi che alle cinque aprono i bar e i tassisti del parcheggio mezzo addormentati.

Il suo canto è così bello che Chopin tentò di riprodurlo nel tema principale della Grande polonaise ed è stato per questo ribattezzato Chopin dell’aria. Alla prima serranda che si alza eccolo gorgheggiante sulla ringhiera dell’aiuola, desideroso di cantare per qualcuno. Gli occhi con l’espressione accigliata a dire “Hey, hey tu, garçon, cagami che sono Chopin” (il pettirosso come avrete capito è un po’ arrogante).

Me lo immagino tutto impettito e fiammante in cima a una banana rinsecchita che scruta la piazza in cerca di un conspecifico nemico. Ma il deserto di marmo e cemento che circonda la sua isola di verde sicuramente lo rassicura. Già lo vedo pontificare tutto incazzoso inondando di sermoni i piccioni grassi e zozzi che razzolano a terra, provando a convertirli alla dieta super proteica che lo tiene in vita, demonizzando i carboidrati delle granaglie che i turisti tirano loro di continuo. Un pettirosso attento alla linea, che freme per difendere le sue risorse, pronto a inveire contro i suoi simili, sicuro di sé e ambizioso. Insomma, un pettirosso imbruttito.

pettirosso

Pensate a quando sarà arrivato in città: “Ué figa ma giardini qua?” Avrà trovato il verde pubblico un po’ scarso e indagato tra i merli, veri padroni del Real Estate dei giardini. Sicuramente con tutta la boria possibile avrà chiesto dov’era il giardino più top di tutti. E taaac eccolo tra le palme. Dominatore assoluto di banani e datteri. Organizzatore di eventi per gli storni che invadono la città a migliaia in cerca di un luogo adatto a radunarsi e passare la notte. Personal trainer dei piccioni (li ho visti tra le palme che facevano GAG anche se con poca convinzione). Hair stylist dei parrocchetti che purtroppo hanno colonizzato anche Milano, veri latitanti senza permesso di soggiorno (ma il pettirosso se ne frega, per lui l’importante è fatturare).

Consumatore seriale di fette di prosciutto e cotolette tra i tavolini dei locali vista Duomo, oppure cadute da qualche panino da studente in gita scolastica. Perché non credo abbia fatto bene i conti sulle risorse alimentari che la piazza offre. Insetti? Forse deve sperare nelle larve del punteruolo rosso che adora distruggere le palme. Bacche e frutti rossi? Mmmh forse se fa un salto al Carrefour in Corso Italia. Vero è che all’occorrenza il pettirosso cambia anche dieta, mica è scemo. E a dirla tutta credo che il pettirosso Ambrogio – ho appena deciso che si chiamerà così – ci abbia visto lunghissimo. A Milano il panettone si inizia a mangiare il 1 agosto e si va avanti fino al 31 luglio. E facendo due conti di briciole di panettone devono caderne miliardi.

Ambrogio è il mio eroe perché sta nel centro di una delle città più in espansione d’Europa con un coraggio che solo un pettirosso può avere e una voglia di panettone che nemmeno una sciura. Milioni di persone vocianti, motori, gas di scarico, cani, oggetti, luci e suoni che vorticano intorno al suo fazzoletto botanico a dir poco esotico. Zero insetti e zero frutti o semi commestibili. Piante che non riesce a riconoscere, nessun simile con cui inscenare una baruffa.

pettirosso

All’inizio, appena arrivato, magari di sera tardi, quel posto deve essergli sembrato quasi accogliente. Magari era molto stanco e aveva fame. Magari ha letto centrifuga mirtilli lampone fragola e si è confuso. Ma credo che nelle settimane a venire la sua sarà veramente una prova eroica. Se ne starà lì minuscolo come un punto di domanda, di quelli che la maestra segna con la penna rossa sui compiti fatti male, ultimo baluardo di una natura sempre più relegata ai margini che si chiede quale sia il limite e si riprende, per quanto assurdo sia, il suo spazio in pieno centro. Forse più che un punto di domanda è un punto esclamativo.

Con il suo petto e la faccetta rosso incazzatura come gli si addice, se ne starà là a lanciare i suoi tic tic tic e i suoi siiiiih allarmati verso una risata improvvisa, un’intrusione di bambini tra le palme, l’esplosione fragorosa di un clacson o le campane del Duomo. E nessuno nel frastuono urbano lo sentirà. Perché l’ho visto: saltellava con l’aria preoccupata sul terreno, passando veloce da un tronco all’altro, gli occhietti come due perline di ossidiana attenti attenti, come uno che si chiede a che ora vada a letto tutta quella milanesità.

Non è forse un eroe? Voi, indipendentemente dal punto di partenza, Göteborg o Brugherio, avreste lo stesso spirito di avventura e conquista? Se passate da Piazza Duomo buttate un occhio tra le palme e se lo vedete vi prego fatemelo sapere, io da ora in avanti non potrò più mancare l’appuntamento. Non fategli capire che siete preoccupati per lui però, perché potrebbe offendersi a morte e non importunatelo, credo che la sua vita sia già abbastanza stressata!