
Quando qualcuno che ha fatto parte della nostra vita ci lascia, per esempio. Giorgio Faletti è morto oggi all’età di 63 anni. Siamo qui a scriverne perché ha attraversato un po’ tutta la nostra vita lavorativa e non solo, a partire dai nostri e suoi esordi comici, quando nacquero delle televisioni private, via via a crescere nelle numerosi trasmissioni che abbiamo firmato per e con lui, da Drive in a l’Araba fenice, da Emilio a Zelig. I suoi personaggi, numerosi e sempre di sua invenzione, hanno fatto la storia della comicità, da Vito Catozzo (“Porco il mondo che c’ho sotto i piedi!”) al piccolo Carlino (giumbotto), dallo stilista Tamburino (“Adalpina!”) alla parodia di Loredana Bertè, al testimone di Bagnacavallo (“Anatrema!”).
Professionalmente rigoroso e sempre concentrato sulla precisione e credibilità delle sue invenzioni, Faletti era un punto di riferimento per le giovani generazioni che stavano per intraprendere la professione del comico televisivo. D’altra parte la scuola del cabaret – aveva debuttato al “Derby” di Milano di cui fu anima negli ultimi anni prima che il locale cessasse l’attività – lo aveva forgiato, anche se dal cabaret Faletti prese soprattutto il piacere dell’esibizione, più che il gusto dell’improvvisazione fine a se stessa.
Ma come accade a qualche comico, pur considerando il far ridere un obiettivo importante, Faletti non lo ritenne mai l’unico scopo della sua vita artistica.
Fu infatti anche musicista, e portò a Sanremo, tra l’altro, il successo di Signor tenente. Fu inoltre attore di cinema e sceneggiatore. Ma soprattutto è stato l’autore di libri entrati a far parte dei veri best seller, anche in campo internazionale. Primo su tutti il noir italiano forse più venduto nel mondo: Io uccido. Lo pubblicò in Baldini&Castoldi, casa editrice che appartiene profondamente anche alla nostra storia professionale.
Difficile pensare a un creativo eclettico e poliedrico come Giorgio Faletti. L’impressione che abbiamo avuto, frequentandolo, è stata sempre quella di uno che aveva sempre voglia di fare le cose che gli piacevano e che lo divertivano, ma con il rigore di un professionista quasi “distaccato”. Lo ricordiamo qualche anno fa, nella sua isola d’Elba. Si esibiva alla Biodola per gli amici, tra cui noi. Il contesto era quello di una specie di piano bar, e lo spettacolino era ovviamente in via amichevole, ma Faletti ci metteva lo stesso impegno che ci avrebbe messo Frank Sinatra al Madison Square Garden. Questo era Giorgio Faletti. Che da oggi entra a far parte definitivamente di quelli che hanno costruito la storia culturale del dopoguerra italiano.
“A mia moglie Derelitta ci ho fatto sette figli in sei anni… e prendeva la pillola! Sei figlie femmine mi ha dato prima di avere il maschio: Crocefissa, Derelitta jr, Addolorata, Immacolata, Selvaggia e Deborah, tutte come la madre… e poi è nato Oronzo, che io, mondo cano, l’ho chiamato Oronzo Adriano Celentano Catozzo, non per spregio a Little Tony, ma Adriano è sempre dentro il cuore, mondo cano!” (Vito Catozzo)
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