Provaci sempre

di Caterina Balducci

Storie di Smemo
Provaci sempre

E’ difficile spiegare, a chi non ci è nato, una regione bizzarra ed estrema come la Romagna, da non confondersi con la cugina Emilia, così-lontana-così-vicina… Forse la Romagna è soprattutto eccentrica e non ammette mezze misure. Gli aspetti eccentrici, dicevo, sono tanti: il carattere estroverso delle persone, un po’ invadenti e con la battuta sempre pronta, l’incredibile devozione verso il lavoro e verso il turista, la spontaneità e la gioia di vivere, gli eccessi, il divertimento… Ma se c’è una passione veramente radicata in Romagna, be’, è quella per le due ruote, della bici – senz’altro – ma ancora di più delle moto… Potremmo chiamarla religione? Forse, perché fa parte dei rituali del luogo. Chiunque in Romagna ha guidato un mezzo a due ruote sin dalla più tenera età, a chiunque sono stati impartiti i dogmi motociclistici sin da piccolo. Ora, mi rendo conto che una religione più pagana non possa esistere, e che in quanto tale sia attaccabile, ma è un tratto quasi antropologico. D’altronde, la moto si accompagna alla spregiudicatezza e al senso di libertà tipici del luogo, la moto ti fa sfrecciare beatamente tra il lungomare e le colline dell’entroterra…

Questa premessa solo per cercare di giustificare, nel caso ce ne fosse bisogno, perché i vari signori Rossi e Simoncelli abbiano trasmesso ai loro prodigiosi figli una passione tanto pericolosa… Credo l’abbiano fatto con la più totale naturalezza sin da quando i loro bimbi erano molto piccoli, e molto lontani dai riflettori di tutti il mondo, perché alle passioni non si guarda in faccia, le passioni esistono per essere vissute in pieno e, possibilmente, per essere trasmesse. La Moto GP regala delle emozioni che forse ci fanno immaginare i piloti come degli esseri super-umani, immortali. Non è così, e la notizia di oggi ci ha violentemente riportato alla realtà.

Tornando al personale, e ai regionalismi, Marco Simoncelli viveva in un paese di diecimila abitanti sulle colline di Riccione, si chiama Coriano, ed è lo stesso dove io sono nata e cresciuta. La prima volta che l’ho contattato per Smemoranda non ho potuto sorvolare su questo particolare e in tutte le mail, prima della consegna del pezzo, c’era tra di noi un riferimento divertito al nostro essere compaesani. Forse è proprio quando perdi le radici che hai più bisogno di ritrovarle, e mi riempiva di orgoglio raccontare in riunione di redazione, già alcuni anni fa, di quel pilota “che ricordava tanto Valentino” e che era proprio del mio paese. Naturalmente anche Coriano si era attrezzata alla grande per essere degna di un tale cittadino: all’ingresso del paese il tabellone elettronico del comune era più aggiornato sui risultati del suo campione che sulle assemblee municipali… I corianesi, oltre ad esibire su molti balconi delle loro case la bandiera col numero della moto di Simoncelli, avevano anche affisso in paese un mega striscione che mi faceva tanto sorridere: “Vai Marco, provaci sempre, dagli il gas!”. Un incoraggiamento anche per i momenti di difficoltà.

Sono orgogliosa, oltre che piena di tristezza, di avere condiviso con Marco i natali e l’esperienza di Smemoranda. Ci teneva, al pezzo per la Smemo. Sapeva di rivolgersi a tantissimi giovani e voleva che il messaggio fosse forte e chiaro, inequivocabile. Come quello dell’edizione di quest’anno, “Dream”, dove invitava i ragazzi a non mollare i propri sogni. Si scusava, via mail, del suo italiano, che invece a noi andava benissimo. Abbiamo sempre bisogno che chi scrive ai ragazzi parli la lingua dei ragazzi… E quindi mi piace ricordare Marco, ribelle come i suoi capelli, gentile e spontaneo, romagnolo doc, proprio con una frase del pezzo scritto per la Smemo: “Il mio sogno, oggi che ho 24 anni e corro in MotoGP, è ancora quello di quel bambino che guardava le gare di moto in TV con il suo babbo.” Il suo sogno l’ha rincorso fino all’ultimo, spericolatamente e consapevole dei rischi. Il suo sogno l’ha portato via ma credo che oggi valga ancora di più.