Piccoli fiocchi accesi nella notte, scintille che vengono giù lanciando un loro messaggio luminoso nel buio. Sono le parole. Cadono, e ricoprono come un manto palazzi, vie, semafori: tutto quello che ha un nome e di cui si può parlare. E noi del mondo tratteniamo solo quel velo, quelle forme disegnate. Mentre le cose prima o poi si usurano o cambiano proprietario, le parole rimangono con noi finché siamo capaci di pensare, così sarà bene rispettarle e tenercele care: le parole sono tutto quello che abbiamo. Sono anche tutto quello che possiamo ancora avere: basta accostarle, scostarle, scambiarle per schiudere spiragli sull’infinità delle loro combinazioni. Si tratta di un infinito sorprendentemente personale: ogni parola è una scelta, il primo passo di un bivio. Ogni frase è fatta di più passi, ed è una strada. Ogni libro ci porta di frase in frase, ed è un viaggio. E chi può contare tutti i viaggi possibili?
Ma sarebbe triste se i percorsi delle parole fossero solo fughe in avanti: ci sono modi per far sì che lungo il cammino degli anni ci capiti, qui e là, l’occasione di rincontrare noi stessi. Il più sicuro è fare amicizia con i libri appena possibile.
Se cominciamo a leggere da giovani, pur lasciandoci influenzare dagli scrittori, possiamo contaminare la fantasia delle loro storie con la nostra: siamo costretti a farlo per capire personaggi e situazioni, per supplire con l’immaginazione alla poca esperienza del mondo. Il bello è che poi, quando col tempo le esperienze arriveranno davvero, saranno arricchite da quei barlumi di fantastico che noi stessi avevamo donato alle parole lette una volta. Insomma: avremo più probabilità di ritrovare noi stessi e la personalissima magia della nostra gioventù nei libri che leggeremo da adulti. E se la semplice successione di caratteri stampati di un libro è uguale per tutti, quel tocco di fantastico è invece fortemente nostro, ci racconta di noi, ci dice di più su come eravamo, moltiplica le strette di mano o i rimbrotti che possiamo darci nel tempo.
Le parole che decidiamo di usare per comunicare con gli altri o per organizzare pensieri, ricordi ed emozioni contengono così tanto di noi perché sulle parole esercitiamo continuamente le nostre facoltà di scelta. E proprio la presenza di mille e mille mondi personali dietro il velo delle parole rende tanto più miracolosa quell’impressione che a volte proviamo, quella di leggere frasi che bruciano silenziosamente dall’urgenza di dirci qualcosa. Sembrano rivolgersi a noi, proprio a noi, e volerci parlare della nostra vita. Chiedono di accompagnarci. C’incamminiamo insieme a loro sotto la nevicata e i nostri passi suonano sempre meno pesanti, finché le inseguiamo staccandoci da terra e vediamo le cose rimpicciolirsi lontane. Poi passiamo attraverso una superficie trasparente e ci rendiamo conto di aver trascorso questi minuti in una palla di vetro, sì, di quelle con la neve finta.
Ecco, questo non è il mondo, ma un mondo: è solo uno scritto che finisce così, chiudendosi e scintillando grazie alle parole, sottili e grate visitatrici dell’universo interiore di ognuno di noi.