Non ci posso pensare. Tra poco lo rivedrò. È passato un anno, solo un anno, e mi sembra una vita. Mamma mi ha lasciato sulla spiaggia, è andata al mercato a fare la spesa. Mi ha consegnato in custodia a Fernanda, la signora dei bagni che mi controlla da lontano. Ma che roba dico io, ormai sono cresciuta! Così passeggio da sola sulla spiaggia. C’è ancora poca gente. Prima ho salutato Walter, il bagnino. Mi ha detto quella frase che ultimamente mi dicono tutti quelli che non mi vedono da un po’ di tempo. “Ehi, Isabella, ti sei fatta grande eh?” E io sorrido e rimango lì a dire “e già” oppure a fare “eh, eh”… Ma d’altronde che altro si può dire? È una domanda che non prevede risposte, giusto? Invece io una domanda per me ce l’ho. Ma quanto diventerò ancora grande? Cambierò tanto nella vita? Arriverò al punto che qualcuno non mi riconoscerà più? Magari mi torneranno di nuovo i capelli biondi proprio come li avevo quando ero piccola. Comunque sicuramente sono molto meglio adesso di quando quegli stupidi mi chiamavano Isabrutta. “Ecco, è arrivata Isabrutta!” così mi salutavano all’inizio di ogni estate. Me lo ricordo ancora. Una tragedia. Era questo il mio battesimo quando arrivavo qui ad Anzio per il periodo estivo. E ridevano. Io non so proprio chi l’abbia inventata questa storia di Isabrutta. Ma se lo piglio… Comunque ormai anche questa è passata. Ora è la volta di “ti sei fatta grande.” Chissà, forse ogni periodo della vita è fatto da una frase che ne segna l’entrata e l’uscita e che poi si dimenticherà o forse no. Be’, per adesso non ci voglio pensare. Sarà il tempo a spiegarmi come vanno queste cose, sempre che non ci sia stata già qualcosa che mi sono dimenticata senza accorgermene. Ora però di sicuro c’è qualcosa che non dimentico da un bel po’. Andrea. Andrea è un tipo simpatico, abbastanza alto, con i capelli scuri e gli occhi verdi e mi piace un sacco. Sì, proprio moltissimo. Ma proprio un sacco perché… Be’ non so bene perché mi piace così tanto veramente… Cioè non c’è proprio un perché, che ne so, perché balla bene o perché è il più fico di tutti o perché veste in modo strano o perché… Be’ insomma l’ho detto: non so bene perché! Ecco, forse proprio il fatto che non ci sia una ragione particolare magari questo è il perché mi piace! In realtà con Andrea non so bene che fare, sono molto indecisa. È sempre strano rivedersi dopo un po’ di tempo con un ragazzo, molto più che con un’amica. Cioè le cose vanno così, passi un anno senza vederlo e all’inizio te lo ricordi bene. A ottobre, dopo le vacanze, è come se tu avessi davanti agli occhi una sua fotografia, ma poi passa qualche altro giorno e qualcosa cambia, ecco, a novembre improvvisamente quella foto si sfuoca, perde colore. E allora ti rimangono solo degli strani ricordi, delle frasi magari, un momento particolare. E tu cerchi in tutti i modi di rimetterlo a fuoco. Ma non è che hai tanti mezzi a disposizione per farlo. Anche perché Andrea non sta a scuola mia, non è neanche figlio di quel gruppo di amici che i miei genitori mi obbligano in qualche modo a frequentare a Roma. A proposito di quel gruppo, sì, non per fare la difficile, insomma per dirla tutta, ma sono proprio quelle persone delle quali farei volentieri a meno. Ecco, li baratterei tutti come se fossero quelle stupide figurine del wrestling con le quali quei tipi giocano tutto il giorno. Sì, li scambierei volentieri tutti con Andrea. E vi assicuro che non è soltanto perché è uno di loro che ha inventato il nome di Isabrutta! Comunque quest’inverno con Andrea ci siamo sentiti solo un paio di volte. Sai quelle telefonate che fai a Natale e che una volta che l’hai fatta non fai altro che aspettare Pasqua per farne un’altra con la speranza di farla durare un po’ di più. Andrea purtroppo fa il compleanno i primi di giugno e quindi non ci sono tante altre occasioni per sentirci. Ma la cosa strana è che quando ci siamo sentiti al telefono a Natale oltre a farci naturalmente gli auguri, abbiamo parlato di tutto tranne che di quello… Cioè non è che non mi andasse di parlare di tutti quei regali che abbiamo ricevuto, di quelli che ci aspettavamo e di quelli che non avremmo proprio voluto. Anzi, Andrea e io abbiamo riso un sacco. E poi è stato fortissimo, perché a un certo punto Andrea mi ha detto: “Sai sono andato a dormire ogni sera con poggiata sulla pancia la pubblicità dell’ipod shuffle. Ecco, quello era il regalo che mi sarebbe piaciuto un sacco ricevere! Che poi io avevo scelto apposta lo shuffle perché, non so se lo sai, ma è quello che costa di meno, così ero sicuro che me lo facevano…”
“Oh, certo che lo so…” Ho fatto io, ridendo come se niente fosse. Roba che se c’è una cosa sulla quale non sono proprio preparata, e devo dire che un po’ me ne vanto anche con le mie amiche, è proprio su questa tecnologia estrema che ci sta sommergendo. Sì, insomma, tutti questi telefonini e mms e msn e messenger e tam tam e quelle mie amiche che stanno ore e ore in chat e quelle altre che scaricano così tanta roba che poi neanche si ricordano più un titolo delle canzoni che hanno! Be’, io a questi tipi qui non li capisco proprio, li ritengo ecco degli inquinatori delle più semplici e piacevoli chiacchiere! Be’, insomma devo dire che invece con Andrea sono stata un po’ zerbino. Sì, insomma sono sembrata la più grande esperta di tutti i tempi! “Certo, come no, lo shuffle! È quello più leggero e che contiene il numero di canzoni giuste…” Tanto che Andrea non si è accorto di niente e ha continuato a parlare come se nulla fosse. “Ecco, appunto. Ma i miei genitori non hanno proprio voluto capire, oh, mi hanno regalato una macchina fotografica! Non c’è niente da fare, i miei sono di coccio!” E così abbiamo parlato di tutti i regali che abbiamo ricevuto ma di quella “cosa” niente. E anche a Pasqua è stata la stessa cosa. Abbiamo chiacchierato al telefono della cioccolata che ci siamo mangiati, di quella fondente, di quella al latte e perfino di quella con tutti i pezzi di nocciola frantumata, e poi di quelle pecorelle di pasta di mandorle che fanno quasi svenire per quanto sono buone e di quante uova abbiamo disegnato, ma di quella “cosa”, di nuovo niente. Quella “cosa” è un bacio. O meglio il mio primo bacio. Lo ricordo come se fosse ieri, un momento pazzesco, una foto che non potrà mai sbiadirsi, un film che nella mia testa ho rivisto più di mille volte. Non so se ero folle, ma quella sera mi è sembrato qualcosa di incredibile. Eravamo stati al piccolo pub sulla piazzetta del porto che come sempre resta aperto fino a tardi. Abbiamo giocato alle macchinette e devo dire che ero stata anche brava. Lo avevo battuto due volte ma poi sulla bella mi ero distratta un po’ e lo avevo lasciato vincere. O forse lo avevo voluto far vincere. Fatto sta che a un certo punto avevamo finito tutti i nostri soldi. Ma lui non ne ha chiesti altri agli amici. No. Ha solo detto: “ Oh, basta mi sono scocciato di giocare…” Poi mi ha sorriso e mi ha chiesto una cosa incredibile. Roba che mi ha sorpreso, sul serio. Non me lo sarei proprio mai aspettato da lui. “Isa, ti va di fare una passeggiata in spiaggia?” Isa. Non mi aveva mai chiamato così. E io ho risposto calma, senza problemi. “Sì, perché no.” Così abbiamo iniziato a camminare. E una luna perfetta e un mare silenzioso e piccole onde che si rompevano timide sul bagnasciuga e qualche canzone lontana e il rumore dei locali lungo la spiaggia. Insomma era proprio una strana atmosfera. E quel profumo leggero, il mio, il suo, bo’, non so. Camminavamo vicini e parlavamo di quello che ci passava per la testa, di amici in comune, dell’ultima festa, delle ciambelle del bar del porto e del gelato di Mennella e della pizza rossa in piazza. Ma non avevamo fame. Poi ci siamo fermati e uno strano improvviso silenzio. E un suo sorriso illuminato dalla luna, solo quello. E poi mi ha tirato a sé piano piano. Per fortuna che non ho la gomma, ho pensato! Perché avevo capito eh… Infatti a un certo punto Andrea ha messo la testa in un modo strano. Sì, me lo ricordo ancora, proprio come se fosse ieri. Prima l’ha piegata un poco da un lato, poi dall’altro lato. Era come se stesse controllando qualcosa, come se volesse vedere da quale parte si incastrava meglio. O forse no, ma che ne so io. So solo che lentamente si è avvicinato e io ho visto la sua faccia sempre più vicina. Allora ho chiuso gli occhi e Andrea mi ha baciato. E io sono rimasta per un po’ con le sue labbra incollate sulle mie, e avevo paura di aprirle, di muovermi, perfino di respirare. Giuro! Ma sì, lo so che sono sciocca, ma che ne so cosa poteva succedere, che sapore poteva avere. Era il mio primo bacio! E che diamine! Ma poi ho sentito che lui si muoveva un po’ e che la sua bocca era come semi-aperta. E allora mi sono lasciata andare. Ho aperto la mia e ho sentito le sue labbra morbide e improvvisamente uno strano vuoto tra di noi. I nostri respiri. Ma poi, all’improvviso, ho sentito la sua lingua. Piano piano si infilava tra i miei denti, timorosa, educata, insistente però. Ma non mi ha dato fastidio, non mi ha fatto paura…Anzi. Allora ho mandato avanti la mia. E si sono toccate, sfiorate, per poi sparire di nuovo e tornare poco dopo, leggermente più coraggiose, una volta rotto il ghiaccio. E poi, che ne so che, ma sì, hanno preso a fare in un modo! E continuavano così quasi senza volerlo, insomma ci avevano preso gusto! E alla fine le nostre lingue si spingevano con forza, si accarezzavano, si cercavano in continuazione, quasi una piccola lotta. Sì, proprio uno strano balletto il nostro! Ma forse si fa proprio così. Non so, so solo che dopo quel bacio ce n’è stato un altro e poi un altro, insomma altri due, e sempre con lui ma in due giorni diversi. Tutto questo accadeva prima che l’estate finisse. O almeno la nostra estate. Poi siamo ripartiti tutti e due per Roma. Ecco poi il resto l’ho già raccontato, non ci siamo visti ma ci siamo solo sentiti per telefono. Ecco, è che anche se per telefono, comunque io avrei voluto tanto affrontare la storia di quel bacio, almeno per ricordarlo un po’ con lui, per parlarne, per riderci su, per dargli un significato. Anche perché io non ne ho parlato con nessuno o meglio, solo con Giovanna, la mia amica del cuore. Che poi in realtà è proprio come se non ne avessi parlato con nessuno. Perché volete sapere cosa ha fatto Giò? Non ha voluto crederci! Cioè avete capito la mia amica del cuore? Roba che gliel’ho giurato in tutti i modi possibili e lei niente, lo stesso. Ho anche provato a farla ragionare. “Ma scusa Giò, ma perché mai dovrei raccontarti una cosa come questa, no?” E lei? Sapete lei che ha fatto? Niente, anzi, ha insistito.
“Ma che c’entra Isa, magari l’hai fatto solo per darmi fastidio!”
“Ma fastidio di cosa?”
“Fastidio…”
Oh, non c’è niente da fare. Quando non vuole capire è fatta così. Fastidio. Ma fastidio di che? E dire che lei ne ha avuti di ragazzi…
Beh, comunque con Andrea l’argomento bacio non si è proprio toccato. Non esisteva. Così ora lo aspetto su questa sdraio. Magari di persona prima o poi se ne parlerà o forse guardandolo negli occhi, che ne so un sorriso, un occhiolino, qualcosa, insomma si troveranno le tracce di quel bacio, non me lo sarò mica sognato! Uffa, certo che no. Mi ricordo ancora lo schiaffo che ho preso da mia madre. Era l’una quando sono tornata a casa. Mi ha fatto una serie di domande che neanche tutti i quiz televisivi messi insieme ne fanno tante! Be’, basta con il passato… Uffi, che pizza, non mi sono portata neanche un asciugamano e sono sicura che tutti quei piccoli buchi nella tela della sdraio, avranno fatto tipo formine dei segni di palline sulle mie gambe. Sì lo so, mi devo mettere a dieta. E prima o poi lo farò sul serio. Ma ora non mi va proprio di pensarci. E poi un metodo c’è per non avere tutti questi problemi, mi stendo sul lettino! Così lo faccio. Tiro fuori dalla borsa un libro e comincio a leggere. È la terza volta che lo leggo. Sì lo so potrei sembrare stupida, come se le prime due volte non lo avessi capito. Ma non è così, ve lo giuro. È che ogni volta che lo leggo ci trovo qualcosa che non avevo notato prima. E poi questo libro mi fa sognare. Sì, insomma, ecco vorrei essere anch’io come i due protagonisti di questo romanzo e poter scrivere da qualche parte: io e Andrea tre metri sopra il cielo. Ma poi però rimanere per sempre insieme al mio Step… Eh! E chi lo molla più. Ma sarà poi lui? Mah… Continuo a leggere per un po’, alla fine metto in mezzo il mio elastico dei capelli e chiudo il libro. Uffa, fa caldo e ancora non si vede nessuno. Allora decido di fare un bagno. Entro piano piano perché è veramente fredda. Brrr. Poi mi lascio andare, scendo piano piano come una sirena indecisa o meglio, come una specie di orsetto lavatore. Infatti comincio a scuotermi tutta cercando di riscaldarmi un po’. Ma che freddo può fare? Ma è perché ho preso troppo sole? Ma farà male? Ma quanto tempo fa ho mangiato? Ma poi me ne frego di tutte queste domande e mi butto. Qualche bracciata veloce e poi mi metto a fare il morto a galla. Ecco, ora va meglio. Si sta bene quando si galleggia, forse perché l’acqua in superficie è più calda o perché si sente un po’ di sole. Beh, comunque sia, si sta da sogno. E così chiudo gli occhi e penso. E non sento più niente. Anche le orecchie sono andate sotto. C’è un silenzio marino. Mi piace. Silenzio marino… Non un’onda. Anche il mare capisce la mia attesa. E allora immagino. Come sarà Andrea? Sarà dimagrito? Avrà i capelli lunghi, un tatuaggio, una qualsiasi codina, un ciuffo, un piercing! E che costume indosserà? Ecco, mi piacerebbe che arrivasse con una maglietta in spiaggia con scritto su: “Isabella non vedo l’ora di baciarti!” Ma con quella maglietta lì lo saprebbero tutti e magari ci prenderebbero in giro. Però me lo potrebbe dire all’orecchio. Sì, ecco, me lo potrebbe dire dandomi piano piano un bacio sulla guancia, sotto gli occhi di tutti che però non se ne accorgerebbero. Sarebbe il nostro segreto e rideremmo per questo. E allora io direi: “Certo come no, magari più tardi…” e continueremmo a ridere e lo capirebbe solo lui, e saremmo complici. E mi piace un sacco questa idea. Ma sono sola in acqua e sto sognando. E prima che mi addormento decido di uscire. Brrr… Fa un po’ freddo così mi asciugo subito e mi friziono forte. Poi mi stendo sul lettino e mi rilasso e dopo un po’ mi addormento. E non so per quanto. Ma all’improvviso, quelle grida. E non sono un sogno. “Mia! Passala, dai passa… E crossa, e cosa aspetti!” Mi rigiro sul lettino. Sono tutti là. E corro a salutarli e per fortuna nessuno dice: “Ecco Isabrutta!” Anzi sembrano tutti sul serio felici di vedermi. E mi abbracciano e mi salutano e pacche sulle spalle e ridiamo e qualcuno mi spinge, ma lo fa con simpatia. E c’è la Giò e Irene e altre amiche e perfino un ragazzo che mi saluta con un bacio sulla guancia. Lo riconosco solo dopo. È Francesco. E sono io che in questo caso glielo dovrei dire: “Ehi, Francesco, ti sei fatto grande eh? E anche bono!”. Ma non mi sembra proprio il caso anche perché dovrebbe esserci lui… E infatti saluto altri due amici e me lo trovo davanti. Non posso crederci. “Ciao!” Mi sorride. Mentre io quasi non lo riconosco. E cerco di non farmene accorgere. Ma poi guardo meglio e non ci sono dubbi. È proprio Andrea, purtroppo. E allora avete presente quelle smorfie brutte che non vorreste mai fare, ma che a volte senza che ve ne accorgete le fate eccome? Ecco, devo averne fatta una di quelle. Che ne so, come quando mamma mi fa mangiare qualcosa che non mi va o, peggio, che non mi piace proprio. Ma cerco in tutti i modi di fingere, sperando che lui non capisca.
“Ciao Andrea… Quanto tempo. Come stai?”
“Bene Isa. Non sai quanto sono felice di vederti…” E fa una faccia strana, anche lui, ma diversa dalla mia. Ecco, non so come dire, quasi furbetta. Sì è come se quella faccia mi volesse dire: “Ehi, ma ti ricordi che ci siamo baciati vero?” Oh, be’, non so se quella faccia vuole dire proprio sul serio tutto questo, ma nel dubbio io cambio discorso.
“Ehi ti aspettano per giocare…”
“Oh, non fa niente… Ma da quanto sei arrivata al mare?” E io inizio a raccontare un po’ di cose e mentre parlo lui non mi lascia un attimo, sì, non so com’è ma mi sta sempre addosso. Ma la cosa più assurda è che è troppo sudato e soprattutto, puzza! Ma alla fine per fortuna i suoi amici lo chiamano urlando, e allora lui scappa via, ma prima di andarsene mi dice: “Ehi, ci vediamo dopo vero?” E mi fa l’occhietto. E io dico sì ma in realtà tutta questa storia non mi piace per niente. È come se Andrea pensasse che è sicuro che ci vediamo dopo! E mi guarda ancora da lontano. E fa il fanatico e corre sulla spiaggia ed è di un grasso che fa paura… corre dietro il pallone e sembra che non ce la fa mai a prenderlo. E tutti gli altri corrono più veloci di lui. Gli altri sembrano una squadra di fenomeni e fanno casino e ridono quasi e lui uno negato. Mi siedo su un pattino lì vicino e parlo con Giovanna, la mia amica del cuore mentre Andrea e gli altri continuano a giocare a pallone. Poi dopo un po’ ci raggiunge anche Irene, quella che abita all’Eur. Anche con lei ci vediamo solo d’estate perché in fondo anche se siamo a Roma, lei abita lontano da me. Mamma non mi ci porta mai, se le inventa tutte. È arrivata perfino a dire che non mi vuole lasciare da Irene perché lì all’Eur corrono tutti, è pericoloso stare sotto casa. Ma io credo sia solo un problema di traffico. Peccato perché Irene è proprio simpatica e anche i suoi genitori. Il papà fa il portiere, la mamma invece la donna delle pulizie e cucina di un bene… Ogni tanto al mare sono stato a cena da loro. Gliel’ho detto a mamma. Abbiamo mangiato delle cose buonissime. Un piatto di pasta buonissima con dei pezzetti di prosciutto bruciacchiato che si chiama tipo “pasta della carboneria” e poi un’altra volta una pasta che chiamano come quella che usano per le sedie ecco, “pasta alla pagliata”. Mamma ha risposto: “Ecco perché sono così grassi…” Io non ho detto più niente ma mi sa che mamma un po’ ha rosicato perché a lei non piace tanto cucinare o forse perché non è tanto capace. Fatto sta che con questa Irene e la sua famiglia mi ci trovo proprio bene. Ma non sapevo ancora quello che mi avrebbe raccontato… Sì, cosa era successo quell’inverno. Con Irene era successa una cosa terribile, la più terribile che io potevo immaginare. Irene si tira indietro i capelli. “Che caldo…” “Già” faccio io. Poi mi guarda e inizia a raccontare. “Sai che quest’inverno un pomeriggio Andrea mi ha chiamato, senza che io me lo aspettassi. E poi ci siamo visti…” E rimane così, sospesa. Giovanna e io ci guardiamo senza dire niente. Cioè Giovanna fa una faccia che praticamente mi dice tutto. Ma io faccio finta di niente e mi giro di nuovo verso Irene che mi sorride in un modo strano, come a dire, vuoi sapere cos’altro è successo, vero? E io non ce la faccio e cado nella sua trappola. “ E allora…” “E allora ci siamo baciati.” E allora mi sembra che mi caschi il mondo addosso. E non guardo più Giovanna perché non oso pensare che faccia possa avere in questo momento. E poi mi faccio forza e faccio un respiro lungo e muovo le mani e cerco qualcosa muovendo il piede nella sabbia. E non so cos’altro mi vorrei inventare per distrarla, per portare il discorso da un’altra parte. Ma non mi viene in mente niente, proprio niente. Poi all’improvviso “Dai andiamo a prenderci un gelato, ne ho una voglia. Ve lo offro io!” Mi sembra un gesto generoso ma anche l’unico possibile per uscire da quella terribile situazione che non so perché ma mi fa stare proprio male.
“No,” fa Irene “io preferisco rimanere a guardare quelli che giocano a pallone…” “Ok, come vuoi…” E così scappo via subito e Giovanna mi corre dietro e sta zitta e spero proprio che non dica nulla. Ma siccome sa tutta la storia ed è una curiosa che fa paura, sicuramente vorrà sapere cosa penso. E infatti appena arriviamo in fila mi dice: “Senti Isabella…”
“Ti prego Giò… Ti offro il gelato o quello che vuoi ma non mi va proprio di parlarne!”
“Ok, come vuoi…” fa lei e un po’ ci rimane male. Ma non vuole rinunciare al suo gelato. “Un cucciolone allora…” E vedo Francesco più avanti, quello che avevo salutato prima in spiaggia, che giocava anche lui a pallone che mi sembrava diventato più carino. Ci vede ed è gentile. “Ehi, volete qualcosa? Dai che sto in fila.” “Sì magari” così prendiamo tutte e due un cuccciolone. E quando Francesco arriva e ce li porta provo in tutti i modi a pagarglieli, ma non c’è modo. “E dai abbiamo tutta l’estate davanti, mi offrirai un sacco di cose vedrai…” E ride ed è veramente carino. Ma carino sul serio! E cominciamo a parlare e ridiamo tutte tre insieme mentre mangiamo i cuccioloni. Alla fine vuoi per solidarietà o chissà cos’altro lo ha preso anche lui. Poi Giò dice che deve tornare in spiaggia e noi rimaniamo al baretto e non sappiamo bene che fare. Ma stiamo bene, c’è un po’ di silenzio e un po’ meno gente ma è bello stare lì. Poi mi viene un’idea. “Guarda lì c’è un jukebox. Ti va che metto una musica eh? Cosa vuoi sentire?”
“Scegli tu, fammi una sorpresa…”
“Ok.”
E non so com’è, ma scelgo quella. E poi infilo la moneta e spingo le lettere e il numero e sento il disco che parte e allora torno da lui. E dico una cosa assurda che non avrei mai pensato di poter dire, che non so come mi viene in mente, ma che mi esce così. “Ehi, ti va di ballare?”
Un lento in costume. Devo essere pazza. Però non so com’è ma mi va. E lui mi dice di sì. E allora lo tiro io per un braccio proprio mentre parte la canzone di Carmen Consoli: L’ultimo bacio. E mi fermo in mezzo alla sala e cominciamo a ballare. Francesco dopo un po’ mi stringe e io appoggio la mia testa sulla sua spalla. E sento l’odore della crema e un profumo fresco, e poi anche il vento del mare e quello della sera e altro che non so… Una cosa invece la so. Ed è incredibile. Anche se ha giocato fino ad adesso a pallone, Francesco non puzza. Così sorrido nascosta e continuo a ballare con la mia testa sulla sua spalla. E poi non so come, ma accade. Ci stacchiamo tutti e due insieme. Continuiamo a ballare così, sempre abbracciati, guardandoci negli occhi. Ed è come se lo avessimo deciso insieme, ci sorridiamo e ci baciamo. E allora chiudo gli occhi, ed è bellissimo e dura un sacco e non so neanche chi ci sta guardando. Poi realizzo qualcosa. Ehi, ma questo è il mio secondo bacio! E allora apro gli occhi e sono felicissima. Sì, è il mio secondo bacio e per non farmi avere dubbi, per ricordarmi il primo, Andrea è proprio lì, davanti a noi. Mi guarda. Andrea è fermo con il pallone in mano. C’è anche Irene vicino a lui. Si guardano per un attimo e non mi sembrano felici, almeno questo è quello che voglio credere io. Poi Andrea guarda di nuovo me, come se volesse dirmi o chiedermi qualcosa. Ma non se ne parla proprio. Io appoggio di nuova la testa sulla spalla di Francesco e guardo lontano, verso il mare. Qualcuno apre una doccia lì vicino, un altro ruba la palla di mano ad Andrea e scappa via. Io sorrido e guardo dall’altra parte. Sono felice. E non so perché ma il bacio che mi ha dato Francesco mi sembra ancora più bello. E poi lui è magro e non puzza e mi stringe e capisco che non bacerebbe mai nessun’altra. Be’, certo, almeno per adesso, visto che sta ancora ballando con me.