Sì, mi ricordo, forse non avevo ancora 16 anni, alla finestra, provavo una sottoveste di mia madre. Faceva caldo. Passò il ragazzo, appena il tempo di vederlo. Era giovanissimo. Si dev’essere fermato a circa trenta metri. Non l’ho mai detto neanche alla mia amica. È mattino. Naturalmente lui non può distinguere il mio viso. Però certamente mi vede. È come se lo avvertissi. Non si deve essere mosso un momento. Niente di morboso. C’era il sole. Volevo chiudere la finestra. Poi rimasi a guardarmi allo specchio, avanti e indietro, disinvolta. La mia immagine scompariva e riappariva ai miei occhi. Sì, mi vedeva, mi vedeva, ma che importa… Forse n’ero felice, sì, era come in un sogno, mi passavo le mani sui fianchi come se non sapessi di essere vista. Ma allora anche questa brava e sana ragazza tutta pulizia e concretezza avrebbe le sue fantasie, i suoi stati subdoli e crepuscolari? No, non sono stati crepuscolari, e neanche malizie… solo una sessualità dolcissima, un intimo desiderio di piacere… Sì, sei bella, sei bella… Ma è possibile che per la mia gioia io abbia bisogno del permesso degli altri? No, non è questo, gli altri ci vogliono, e poi lui non è “gli altri”… è un fanciullo bellissimo, immobile, che sta fremendo, sì, immobile… Immobile, certo, la stessa grata attesa che ha l’innamorato quando per la prima volta aiuta la sua ragazza a togliersi un indumento. Ecco, quello dev’essere il momento bello, per un uomo… e forse anche per una donna.