Ciprio andava su e giù per la stanza. Da quando aveva smesso di fumare era nervosissimo, aveva cominciato a mordersi la nocca del dito pollice fino a farla quasi sanguinare così da renderla, come piaga stabile, testimone del suo stato d’animo. Sapeva che tra poche ore il suo mondo avrebbe girato stecca, staccato i quadri, levato le tende… che lui sarebbe entrato in uno spazio nuovo, avrebbe galleggiato, dopo essere stato sputato dal videocalendario, in un mare calmo ed artificialmente limpido. Questo, se da un lato lo eccitava, lo rendeva felice, da un altro gli creava un grosso problema; cosa avrebbe fatto, come sarebbe stato all’indomani del grande cambio. Paradossalmente questa domanda intellettuale e un po’ schizoide proveniva dalla parte meccanica del suo corpo; erano le fibre ottiche, il plasma artificiale a sentirsi spiazzati, turbati, erano soprattutto i microcircuiti della vanità, che stavano nella guancia destra insieme agli indotti termici della bellezza, a pulsare in maniera anomala, a cambiargli il colore della guancia, a mandare in tilt le biovalvole del profumo, a stimolare la parte grassa del colon, fino a creargli dell’aria pericolosa tra la pancia e la vecchia vescica. Passi per il profumo che gli usciva senza logica dai pori, poteva anche sopportare l’idea che il suo pubblico vedesse le sue guance cambiare ripetutamente colore, anzi poteva sembrare una gustosa trovata, ma l’idea che qualcuno intuisse che lui, il grande Ciprio, il più bello esemplare di miscuglio videobionico canoro, dio della bellezza, pericoloso assassino di gente perbene, distruttore di tendaggi da salotto, era preda di un attacco di paleocristiana diarrea, con tanto di rumori da domatore di circo, lo angosciava. Cercò di calmarsi, mancavano due ore, telefonò al suo manager e, dicendogli che stava male, gli chiese di mandargli un uomo-libro o un cane parlante, qualcosa, insomma, che gli consentisse di scaricare la tensione e di passare quel poco, o tanto, tempo che lo divideva dal grande cambio. Il manager, con la scusa che stava per uccidersi e che la figlia aveva appena cambiato sesso, gli sbattè il videotelefono in faccia e Ciprio rimase più solo che mai. Allora pensò alla madre che non aveva mai conosciuto, al padre che non aveva mai avuto, ai fratelli mai esistiti, alle stelle, al mare, al camping, alle lotterie, all’antinfluenzale, alle scuole, ai bimbi, ai rimorchiatori, alla Rivoluzione Francese, a scaffali di floppy che aveva dovuto assimilare. Alla sua prima anima un po’ contadina e un po’ mongoloide, a un furto che fece dentro una pasticceria, alle cosce punto e basta, a meravigliosi oceani di solitudine silenziosa, ai fiori che ancora si aprivano e si chiudevano. Prese una pillola scolastico-televisiva e, facendo questo sogno, si addormentò. Sotto un bel cielo azzurro, vicino ad una grande quercia, il maiale, circondato dagli altri animali, si levò gli occhiali e cominciò a parlare. In lontananza si sentiva un canto di donna allegro e quasi religioso, due bambini volavano cinguettando da un ramo all’altro del grande Albero. Immaginiamo un dopo cena milioni di anni fa, quando gli uomini non erano più di tre o quattro e, sotto un cielo di miliardi di stelle, stavano buttati nella notte senza parlare, senza dolore o gioia, senza appartenersi. Forse quegli stessi uomini cominciarono a sentirsi diversi dagli altri animali quando scoprirono che il fuoco faceva paura a questi, mentre a loro creava un piacere ipnotico, una sensazione sulla quale era impossibile riflettere ma sulla quale ci si poteva fermare e magari la sera dopo ritrovare. Probabilmente i primi esseri umani, così soli e così confusi, sentivano il fuoco fissandone il calore. Per il resto niente li distingueva dalle altre bestie, infatti come le bestie venivano dal nulla e non morivano; non si mancavano, semplicemente sparivano tornando nel nulla. Oggi quel nulla, quella parete nera perfettamente levigata, quel mistero così vicino a noi, ma anche così fuori da noi, non esiste più (la stessa parola, perdendo il suo significato visionario, è diventata un termine di passaggio: nulla vuoi dir semplicemente niente quindi aria fritta, mentre prima aveva un significato completo e pressante come per stabilire anche tutto il resto). Il piccolo grande fuoco creatore, dal quale nascevano le prime ombre, i primi riflessi, faceva in modo che la notte lontana da lui ritornasse più nera, più profonda, ma anche sorprendentemente, e qui stava la novità, più languida. Oggi teniamo nelle nostre case altri fuochi che ci permettono di vedere tutto e subito anche il punto più lontano, anche quello che non esiste o addirittura è stato creato per non esistere, ci arriva in casa già cotto e pronto per essere mangiato. Allora dove è finita la parete nera così perfettamente levigata, quel buio tanto languido da rendere struggente e legittima anche la più fottuta paura: insomma oggi dov’è il mistero? Scrutato, svergognato, illuminato da tutte le parti, in tutte le salse riprodotto da milioni di televisori e di flash, come un simpatico vecchio fantasma, tirando su il cornicione da notte, è ruggito ed entrato dentro di noi. Ogni tanto si risveglia e ci spaventa, lo sentiamo muoversi per le stanze di quella vecchia soffitta che è la nostra anima.