Aldo Nove
Com’era bello davvero il Medioevo (San Francesco e la stella cometa)!
Un grandissimo era San Francesco, che ha inventato il presepe (durante il Medioevo, quando tutto era medioevale e tutto esisteva, non c’era razionalismo e spread) a Greccio.
A Greccio appunto San Francesco riunì i suoi frati e il popolo del paesino e organizzò il primo presepio vivente. La Madonna, San Giuseppe, il bambino Gesù, il bue e l’asino.
C’era tutto.
Mancava solo la stella cometa.
E fu allora che San Francesco ebbe un’idea. Quella di chiedere aiuto al più grande di tutti gli angeli, il Serafino, che aveva conosciuto.
1. CHI ERANO GLI ANGELI NEL MEDIOEVO
Ai tempi di San Francesco gli Angeli erano molto più conosciuti di oggi. Oggi la gente non ci crede quasi più a parte qualche New Age. Ma allora erano ovunque. Erano infiniti. Anche gli uomini lo sono, se li guardi da lontano. Se li guardi attraverso lo specchio del tempo. Se si rompe lo specchio. Allora vedi il brulicare delle generazioni, nei secoli, l’andirivieni delle nascite e delle morti, il pianto infinito e l’ininterrotta risata, spezzata dal tempo di ognuno, ognuno soltanto. Ognuno è una lettera di un immenso poema che sgorga dal cuore di Dio, dicevano nel Medioevo i giullari di corte. Un altro cuore più grande, che inizia a battere nel petto di chi lo riesce a sentire, e abbandona il proprio battito singolare accordandosi con quello universale. Gli angeli si muovono all’unisono. A differenza delle altre creature, che subiscono una deviazione costante dal Creato, loro non solo non deviano, ma compiono le rettifiche, e così l’armonia è sempre compiuta, e incessante e il loro lavoro, e dal loro sudore discende sulla terra la manna, che pure sulla terra trasuda dalle reliquie dei santi o da certe immagini dei santi molto belle, ed è santa, e ha il sapore del cielo più alto distillato, come una specie di rugiada del sole raffreddata lieve, ed è miracolante. Gli angeli sono stati creati da Dio il secondo giorno, perché lo aiutassero a fare l’universo dopo che c’era ovunque la luce dal buio separata hanno iniziato a muoversi in quello spazio e hanno aiutato Dio a renderlo pieno di tutto, e tutto lo conoscono per averlo visitato incessantemente, e protetto e difeso quando era cucciolo, e seguito in ogni fase delle sue età. Gli angeli conoscono bene le montagne, da quando erano giovani, sassi piccoli generati, e lo stesso i mari, che erano gocce, e in alto le stelle, le abitano, gli angeli, e le caverne e le case dei bricconi ugualmente. Gli angeli sono ovunque. I più importanti sono i Serafini. Loro si chiamano Mikael, Achaiah, Abaddon, Asmodeus, Cahetel, Ehyiah, Elemiah, Jehoel, Mahasiah, Nathanael, Semyazza, Seraphiel, Sitael, Vehuel, Lelarihell e Binael. Ognuno brucia di luce e non si estingue mai, e cantano ogni secolo, non si interrompono un momento, così che gli anni sono per loro perfetti, e i giorni indistintamente, da quanto è acceso il tempo in cui stanno tutti attorno a Dio. Ogni tanto qualcuno di loro si manifesta agli uomini, e il loro manifestarsi non è diverso da Dio, ma è sua emanazione, e lo sguardo di certi lo possono reggere, ma se non sono santi se ne spaventano, perché il fuoco fa paura, e sembra che debba distruggere tutto se chi vi assiste non ne fa parte mentre è soltanto il centro a cui gli angeli vogliono riportare che si è perso, e si attacca disperatamente al proprio buio, e ne fa il suo regno sempre inviso ai molti, che ne rivendicano invece il proprio, in reciproca e perenne battaglia. Chi guarda gli angeli perde il suo sguardo verso il cielo, e lo guadagna. Ma chi guarda la terra limita il suo sguardo e lo costringe in un angolo, e vede quello e pensa che sia il mondo e lo difende fino a che la sua finitezza non lo riempie di tristezza. E allora che un angelo interviene per aiutarti a guardare in alto senza spavento. Il più importante tra i serafini è Michele, che ha sempre in mano una spada e sconfigge il drago. Da tempo innumerevole lo combatte in molti campi di battaglia e non si stanca. Perché gli angeli non possono stancarsi, la stanchezza è il prezzo di quanto ha in sé un elemento di male, come la caducità della vita terrena, ma ogni angelo è immortale. La vita è dolore perché non è mai compiuta. E’ chiusa in sé e non è mai abbastanza. E’ quanto riceve luce dal sole, ma non è quella luce oppure non lo è ancora, come ogni cosa vi tende, e questo tendere è il bene, come una freccia che scocca verso la sua origine, e vi fa ritorno, e non si smarrisce. I serafini stanno attorno al trono di Dio. Oppure scendono sulla terra in missione, quando qualcosa sta per ricongiungersi al padre, o quando per mediante il Demonio qualcosa troppo forte se ne distacca. Il Demonio è l’angelo che Dio manda a tentare l’uomo, così che conoscendo le amarezze della sua strada ritorni a quella del Padre. E’ l’angelo che si rivolta contro tutto perché l’uomo possa ascendere attraverso lo spavento. E’ un angelo tremendo che gli altri angeli combattono perché nella guerra l’uomo discerna. E’ l’angelo che sussurra il terrore nelle grotte e nei castelli, nelle case e nei campi e in ognuno che veda l’abisso. L’abisso è il contrario di Dio, e non ha centro, e ovunque in esso è freddo, e ovunque è dappertutto e senza strade. Come nelle notti in cui la luna diafana sferza la forma delle cose, tradisce l’immagine fino a rendere pazzi. E’ buio il sole nell’abisso, e le sue piante tendono alla morte con risoluzione perché la scambiano per luce. Dove c’è il diavolo tutto è all’incontrario, e tanti in quel capovolgimento si smarriscono, altri trovano invece l’urgenza per andare lontano, in quella distanza che riunisce a sé. Gli angeli sanno che l’abisso non è veramente. E’ solo una prova. Ma l’uomo non lo sa. Lo deve attraversare, ci si deve calare dentro. Deve chiudere gli occhi per poi riaprirli lentamente alla luce. Gli angeli fanno questo. Assistono. Riaprono gli occhi. Tenendo desta la gloria del cielo. Annunciandola in terra. Spesso gli uomini hanno fatto confusione e hanno confuso il Diavolo con Dio. Oppure lo hanno adorato per cattiveria, o perché odiano Dio, o perché vogliono rubargli il creato e averne le ricchezze. Ad esempio i Catari, che stanno nella Francia, ed adorano un gatto che è il Diavolo in sembianza di gatto. Lo mettono in mezzo a un tavolo e gli baciano il buco del culo. Poi il Diavolo si manifesta ed è di luce, ma una luce fredda, brutta luce (oggi diremmo al neon). Sempre gli uomini vogliono qualcosa perché sia loro, e questo li spinge a cercare di avere quello che non gli spetta, e non riescono a smettere di farlo, e gli angeli allora intervengono. Degli angeli ciascuno è tremendo. Per troppa bontà rompono i nostri indugi. Mostrano la verità. E non lasciano scampo a che non vi sia luce.
Una volta Francesco raccontò alla gente di Gubbio che la nostra vita rischia di diventare un gioco pietrificato. Nella ripetizione di un errore si incanaglisce mentre il corpo invecchia e l’anima diventa di roccia, e allora soffre il suo stato che non passa, e alla fine si interrompe, ma resta nulla, immobile, e la luce lo dimentica, e rimane imprigionato nell’ombra, e pensa che l’ombra sia tutto e soffre per sempre, ogni cosa è tormento. Gli angeli allora intervengono a recidere le spire dell’incubo ma fanno male perché a tutto ci si abitua, anche agli incubi, perché tutto ciò che esiste è creatura, anche se non è vero che c’è, ma tenerezza, la si vuole, è infinito il volere e non importa che sia sbagliato, non ha limiti e si direziona talvolta dove non c’è nulla, e vi prosegue, per pazzia, per brama, per dimenticanza, perché è troppo semplice il cielo da capire, e sembra quasi un interruzione del gioco ma ne è soltanto l’inizio.
Di un gioco più grande.
San Francesco conobbe il Serafino il giorno in cui ricevette le stimmate. Era in ritiro sul monte della Verna quando arrivò il Serafino (qua c’è la storia delle stimmate, ma non la metto qui nella Smemoranda, è lunga).
1. LA LUCE DELLA STELLA COMETA
Così San Francesco disse questa cosa del presepe al Serafino.
E allora due giorni prima del Natale, durante i preparativi del primo presepe, San Francesco pregò forte il Serafino di apparire nel cielo proprio quella notte. In cuor suo San Francesco sentiva che l’angelo lo avrebbe ascoltato. E avrebbe ascoltato proprio lui, umili tra gli umili, perché era il santo poverello e smarrito. Perché Dio ama gli umili e così i suoi angeli, che sempre con amore gli obbediscono.
Era il 25 dicembre 1223.
Il primo presepe era pronto quando nel cielo apparve sfolgorante una stella. E sopra la grotta in cui si ripeteva, per volere del grande santo, la scena della nascita del Signore, coprendo in un attimo che parve eterno la volta del cielo, passò un grande fuoco che a tutti apparve come una stella cometa. Quella che indirizzò verso la culla del Signore i Re magi, sapiente dell’Oriente a rendergli omaggio, Re dei re.
Tutti allora alzarono gli occhi al cielo.
Un miracolo.
Anche Francesco alzò gli occhi al cielo e per un istante riconobbe il Serafino che aveva incontrato in tutto il suo splendore sul monte della Verna, quel giorno memorabile in cui si erano incontrati, il santo e l’angelo, e gli parve che quella scia di fuoco lo salutasse con grande amore, veramente tanto tanto bene. Vedete cosa c’era nel Medioevo.
Mica come adesso che comunque c’è l’Iphone, è vero, c’è Skype, c’è tutto.