Facile dire: “Mi piace I fratelli Karamazov” (che mi piace davvero, peraltro). Facile dire: “Amo molto l’indie rock italiano”. Più difficile ammettere che ti piace una cosa francamente imbarazzante, una cosa che un bravo giovine razionalista e di sinistra non dovrebbe avvicinare neppure con una pertica lunga due metri. Ecco, a me piace una cosa così. Faccio coming out, e confesso che guardo il docu-reality su quella gente lì che va a caccia di fantasmi negli Usa. L’ho detto. Non si torna indietro.
Non che io creda ai fantasmi. O meglio, non ritengo esistano prove di una qualche consistenza scientifica che attestino l’esistenza dei fantasmi. Ma mi piace vedere questa gente che gira di notte per fortezze abbandonate del XIX secolo trasalendo a ogni squittio di topo, a ogni cigolio. “Hai sentito?” dice uno al compagno, quello annuisce, e tu non hai sentito neppure mezzo sospiro. Mi piace ascoltare l’EVP (voci disincarnate registrate su nastro, per voi neofiti) che è palesemente solo rumore bianco, mentre per l’acchiappafantasmi l’entità sta chiaramente dicendo: “Aiutatemi che ho perso le chiavi di casa”.
Intendiamoci, mi sento in colpa per questa mia vergognosa passione. Sono un astrofisico, e i nostri acchiappafantasmi non hanno ben chiaro il metodo scientifico. Ma mi diverto, e non ci posso fare niente. Perché tutti noi prima o poi abbiamo sognato di farci un giro a lume di torcia per il manicomio infestato. Perché è divertente andarsi a cercare la ragione scientifica dietro quel “fatto inspiegabile”. Perché tutto sommato i tipi sembrano abbastanza onesti: prove inesistenti, indizi labilissimi, e grandi rassicurazioni che è tutto ok al “cliente”, in genere proprietari di alberghi-musei allettati dall’idea di metterci su un cartello con scritto: “Visitate il luogo infestato!”. Insomma, innocuo se non stai lì a crederci. Perché la verità è che tutti abbiamo bisogno ogni tanto della nostra pausa da noi stessi. Questa è la mia.