Fred faceva jogging nel parco deserto alle prime luci dell’alba.
Erano secoli che non praticava un po’ di sport.
Indossava una vecchia tuta aderentissima che lo faceva sembrare un atleta rumeno alle Olimpiadi di Monaco del ’72. Quel tipo di tuta, insomma, che in seguito venne riciclata con successo come pigiama.
Portava scarpe basse scamosciate con la suola in gomma e calzini corti cremisi. L’uomo aveva uno strano modo di correre. Era uno di quelli che vanno più forte camminando che correndo. Era orgoglioso di aver vinto la sua pigrizia e trotterellava felice tra gli alberi.
D’un tratto, senza accorgersene, aumentò l’andatura. Sempre più forte. Tentò di rallentare, ma si accorse con terrore di non riuscirci! Il cervello aveva preso il sopravvento su di lui. Guardava le sue gambe girare sempre più vorticosamente.
In preda al panico, tentando di arrestare la sua corsa, cercò di afferrarsi ai rami bassi di un albero, ma le gambe lo trascinarono via con un pugno di foglie in mano.
Poi, la sua mente soggiogò anche le braccia, che, ubbidienti, si misero a spingere contro i fianchi per aumentare ancora l’andatura. I polmoni parevano scoppiargli. Dalla bocca gli usciva ormai solo un sibilo prolungato, sembrava il richiamo per stanare degli asmatici.
I muscoli presero dolergli in un modo insopportabile; ma il cervello non ebbe certo compassione e ordinò ai piedi di spingere ancora più forte contro l’asfalto fresco dl mattino.
Giro dopo giro, continuava la sua folle quanto involontaria corsa. Non riusciva a fermarsi e con gli occhi sbarrati dall’orrore seguitava a correre in perfetto stato “addio autoradio”.
Respiri sempre più brevi e convulsi gli dilatavano la gola ormai secca. Il sudore gli inzuppava gli abiti. Il cuore, che stava per spaccarglisi nel petto, cercava con tutte le sue forze di resistere, ma si rese conto che la fine sarebbe arrivata presto.
Bisognava fare qualcosa, ma il muscolo cardiaco non riusciva proprio a immaginare come avrebbe potuto prendere il sopravvento sulla mente. L’uomo aveva un colore cianotico. I muscoli delle gambe si strapparono in più punti.
Fred capì: avrebbe corso fino a morirne. In quel momento il cuore, che stava per cedere, ricordò un vecchio adagio: “al cuor non si comanda”. Certo, l’amore!
Il miocardio sapeva di avere solo pochi istanti. Si doveva innamorare di qualcuno, ma subito.
Nel parco c’era solo un’altra persona china ad allacciarsi una scarpa: si innamorò di quella.
La mente, soggiogata dal più irrazionale dei sentimenti, l’amore, fu costretta a rallentare ed attaccare bottone.
Piano, piano, Fred riebbe il controllo sul suo cervello. Fu una sensazione bellissima. Poteva continuare a vivere, grazie al suo cuore.
Ora, Fred convive con un carrozziere di Valenza Po.