Notte profonda con poche stelle nel cielo e bianche nuvole al soffitto della stanza.
Notte rubata finita sull’angolo del letto a provare, riprovare a cercare di spiegare, a convincerti a parlare.
E tu nell’altro angolo di un secondo mondo, dentro un altro cielo, di un nuovo capitolo più poliziesco a parlare con un ladro, a sentire il verso dei cani, a contare le pecore non per dormire ma per sete di potere, per avarizia o solo perché ti piace.
Notte fredda e bagnata aggrappato a un legno nel mare nero di pesce fritto a pochi centimetri dalla spiaggia senza volerci arrivare a vedere le luci degli alberghi e quelle che si accendono e si spengono e ti fanno sentire solo.
E tu sempre più dall’altra parte, che non capisci, che sparisci poi ti fai trovare, quasi sempre inconsapevole, con il fastidio dell’estate e io, io con il mio amore a gola secca e il mio non voler bere. Notte dentro la notte come le scatole cinesi o come le mani inguantate o le pantofole nei piedi.
Notte lumacona viscida e lenta dove tu e quell’altro state da qualche parte seduti di fronte a levarvi le pulci dai capelli a dirvi “quanto mi piaci” a farvi diventare blu le orecchie a forza di baci o a guardarvi negli occhi senza dire niente, senza toccare niente, senza nemmeno respirare statue nude bianche o blu a seconda del tempo vendute da un arabo su una spiaggia.
Notte di tutte le stelle schegge di una luna precipitata che un tempo s’illuminava buia tra le palme di un’oasi nel poster di un ragazzino della I^F nel cielo di casa sua, negli occhi blu dei suoi sogni, nel motore fresco del suo cuore, nelle mani che sfogliavano un giornale.
Notte criminale arrivata all’improvviso e poi partita, languida come una samba e ruvida come la vita.
Notte senza l’ammore e adesso che esce il sole notte già finita.