Di solito la notte la passo a dormire accanto a me che sto sveglio. E il Fellini sveglio, telepaticamente, riesce a controllare il Fellini che dorme.
Schizofrenia?
Di sicuro sull’insonnia potrei tenere cicli di conferenze. D’estate è piacevoli stare svegli.
Mi capita di uscire e, accompagnato da un cagnolino amico che mi segue strusciandosi al mio polpaccio, arrivare fino a Piazza di Spagna, dove faccio due chiacchiere con i ragazzi di una “pantera” della polizia, ascoltando con loro gli allucinanti messaggi di ordinaria violenza via radio, che contraddistinguono l’impressione di tranquillità che offre la notte, quando i palazzi sembrano dormire chiusi, impenetrabili, tranquilli.
C’è stato un momento in cui pensavo perfino di girare degli special polizieschi, e queste nottate in “gazzella” mi ispiravano molto, al punto che qualcuno voleva che ne facessi un libro.
D’inverno è tutto più complicato. Giro per casa come un fantasma in vestaglia, apro i cassetti, riscopro cose, osservo le rilegature dei libri, pregusto scappatelle in cucina, finché non accetto la mezza pastiglietta.
Così magari mi addormento, e magari faccio un sogno, che vi racconto.
Un’immagine sola, io che devo recapitare una lettera allo studio di Fellini, ma arrivato al citofono non trovo la sua targhetta, bensì una piccola lapide di marmo colorato con venature azzurre e rossastre, ai bordi una cornice in rilievo, una fessura per le lettere, e sopra scritto: Disperso tra i dispersi. Mi accorgo che la busta è aperta e il messaggio è bianco. Fine.
Vorrà dire che la baracca del cinema è finita?
Sono rimasto colpito e sconcertato da questa entusiasmante vertigine di vuoto e, da Narciso, mi sono congratulato col regista, che, dormendo, dimostra gran forza di sintesi.
Era meglio che fossi arrivato fino in cucina, magari a rimescolare la tisana.