Ballettologhi e danzofili di tutto il mondo dibattono ancora oggi, a distanza di alcuni decenni, sul come dove e quando nacque la danza moderna, modern-dance per gli esterofili, prozia già vecchiotta, dei breackisti e flashdancisti che invadono oggi i cinema, le discoteche e imbrattano i marciapiedi con le loro radioline a transistor. Come si passò, insomma, dalle eteree e dolciastre ballerinette con tutù e alucce alle scatenate danze di Jennifer Beals? 1917. A Parigi i Ballets Russes di Diaghilev dettano legge. Si danza sulle punte e sotto i tacchi. Nijinsky è già mezzo pazzo e i salotti della capitale profumano d’oriente grazie ai sontuosi e pacchiani costumi di Léon Bakst. Scrivono gli storici. Allo Champs Elysées, intanto, si esibisce, quasi da sola, una giovane americana un po’ invasata e grassottella, tale Isadora Duncan di cui il giovane Poirot, paffuto e leggermente pingue, provvisto di un fastidioso accento belga, si invaghisce pazzamente. La conquista appare impossibile. A nulla vale l’astrologa. Né la cartomante. E dai con i foulard premonitori di Versace. Effetto nullo anche dalle sciarpe di Cardin. Scarpe a chili, che lei, la puttanella, puntualmente rifiuta indignata. E a nulla valgono quei graziosi souvenirs del Partenone o quei bassorilievi ateniesi esibiti davanti al teatro per invitarla al colloquio. Preferibilmente amoroso e toccaccione. Poi, quel grido. Improvviso, lancinante, spaventoso. La grande occasione di Hercule Poirot. Luccicante attesa per la prima rappresentazione di “Le supplicanti di Atene”, mitica e solitaria performance dell’americanina tutto pepe e niente scarpe. Il tout Paris affastellato in palchi e platea. Una ressa. Tutti con le scarpe lucidate. E poi quel grido. Rivelatore solo per il giovane Poirot. “Mi amate, vero?” domanda Isadora. Si srotola la tenda di dosso e lascia intravedere le gambe ben oltre la caviglia. “Se mi amate, trovatemi le scarpe rosa che qualche disgraziato mi ha portato via”. Rubate. Chiaro? “Finché non le avrete trovate danzerò a piedi nudi.” Chiaro. Niente scarpe. Niente spettacolo.Ça va sans dire. E se Poirot, in preda all’euforia, rovista tutto il teatro da cima a fondo e telefona a Miss Murple, all’amico Sherlock e al vecchio Nero a noi non interessa. Delle scarpe nessuna traccia. Neanche in casa della Marchesa Casati, dove a caccia di indizi, incontra Gabriele, spasimante della Sua Isadora, e poi Eleonora, quella giovane e sgraziata pinup in cerca di successi e copertine, amante di Gabriele ma incapace persine dell’abc dell’aerobica. E che dire dei due vecchi fratelli Vladimir e Irina Rebikov, che ce l’hanno tanto con Isadora, da loro considerata arrogante e troppo libertina? Sono in troppi ad avercela con lei. Tutti buoni per un furto, insipido e innocuo di volgari scarpette da ballo. Isadora, intanto, continua a danzare a piedi nudi.| Ingrassa. Caviglie grosse e acne a tutto viso. Ben attenta a dove mette i piedi. Gli storici incalzano. “Le Monde” accusa e scandalizza. Le “Silfidi”, con tanto di scarpette, fanno i soldi all’Opera. Poirot scava a Gorki Park e trova William Hurt travestito da pupazzo di neve. Arresti a tutto spiano. Delle scarpe, niente. Inutile cercare ancora. Poirot fa fortuna come comparsa nei film di Peter Ustinov e si ritira poi a vita privata. Isadora continua a danzare sugli alluci e si mette in società con il dottor Scholls. Più tardi Sandy Shaw le fa causa per plagio. Ma la Duncan la vince e finisce sulle enciclopedie. Tutto merito del suo avvocato. Nel 1927, quando ormai il charleston fa agitare le migliori del cosmo e il grande Gatsby se la spassa come un matto, Isadora si spegne a Nizza. Sciarpa di Versace al collo. Di lì a poco sarebbe iniziata l’era del rock’n roll. Capito Jennifer?