L’internauta, figura erroneamente mitizzata da certa stampa affamata di sensazionalismo, proprio come gli altri umani sogna una vita più spettacolare: una vita cinematografica che non lo liquidi nei titoli di coda come “terzo uomo alla fermata del tram”. Questa brama d’evasione, unita all’invitante disponibilità del cyberspazio, rende l’internauta un soggetto debole e bisognoso di tutto il nostro aiuto; solo studiandolo senza pregiudizi potremo capire come recuperarlo, e perchè non lo meriti affatto. L’internauta ha un rapporto difficile con l’alimentazione, ambiguo ma sempre compulsivo: o ingurgita senza sosta armi chimiche comprate al vicino fast-food, oppure è così assorbito dallo schermo da non trovare il tempo per cibarsi. Nell’ultimo caso perde cinquanta chili durante i primi due mesi di abbonamento, viene scambiato dalla madre miope per un filo di lana e finisce in un maglione a rombi che il padre riceverà a Natale. Va appena meglio all’internauta-divoratore: costui vacilla insieme alla scrivania sopra una montagnola tremolante di confezioni di hamburger ammucchiate. Quando la pila raggiunge minacciosa il livello di guardia, l’internauta comincia a galleggiare tra i mobili, senza accorgersene tracima dalla finestra e precipita dal quarto piano in una coreografica cascata di polistirolo, ketchup e patatine. Poi, grazie alle virtù elastiche conferitegli dalla sua sfericità e dai panini in gommaplasticaingeriti, rimbalzando rientra nella stanza e riprende con naturalezza la navigazione. L’evoluzione e le sue ferree leggi sembrano a tutt’oggi premiare una terza specie di internauta, la cui sopravvivenza prescinde da disordini alimentari: l’internauta immobilis. Questi aderisce alla sedia fino ad avviticchiarvisi saldamente, acquista peculiari abilità fotosintetiche che gli permettono di trasformare in nutrimento la pallida luce del monitor e, in genere, fiorisce ad aprile. Socievole, ma alquanto pigro, l’internauta lascia accumulare nella sua casella settimane e settimane di posta elettronica. Si dice che uno studente di Busto Arsizio abbia recentemente trovato, sotto migliaia di messaggi non ancora controllati, una email di Amundsen che chiede soccorso. Formatosi su alt.conspiracy e alt.private.investigator, l’internauta d.o.c. è assai sensibile al problema della privacy e tutela la corrispondenza con software crittografici in grado di trasformare i suoi messaggi in accozzaglie incomprensibili di parole assurde. Il destinatario potrà decifrare il tutto con un programma identico, Aldo Biscardi a occhio. La comunità degli internauti ha risolto a suo modo l’alienante contrasto tra parola scritta e parola parlata: nelle chatline e nelle email ricorre agli smiley (o faccine) per sostituire il linguaggio non verbale. è molto semplice: con due espressioni banali, il sorriso 🙂 e il broncio :-(, voi potete trasmettere gli stati d’animo basilari e Raoul Bova può diventare un attore famoso. Quando a casa del giovane internauta arriva la bolletta telefonica, comunque, le due forme di comunicazione si incontrano: è facile che i genitori guardando la parola scritta esclamino una parola parlata. E che parola!


Giuliano Aluffi


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