“Quando ti sposo ti porto a Cinix”, le disse sfiorandole i capelli per timore di romperli. Aveva conosciuto quell’isoletta a sud di Creta, insieme all’incanto che ci sta intorno, un paio d’anni prima e sapeva come fare per tornarci nel caso l’amore l’avesse colpito stavolta nel centro, non di striscio come al solito.
Si sposarono dopo due mesi perché quando il presente è gioioso e l’amore preciso come un alveare è sbagliato chiedersi se tra un anno sarà ancora così. Partirono abbracciati per il viaggio di nozze, lui aveva organizzato tutto senza lasciare nulla al caso, nemmeno il vento tiepido tra i capelli di lei in modo che anche le foto risultassero bellissime.
Il traghetto girò piano intorno al piccolo arcipelago come fa un pesce rosso sazio quando evita il cibo che galleggia nella vaschetta.
Sbarcarono all’ora della merenda e quando il traghetto ripartì lo stesso sposo fiero riuscì a pensare che tutto il resto del mondo non esisteva e che forse non era mai esistito. Prese per mano la sposa che stava in silenzio curiosa e attenta, nell’altra mano la valigia e di lì a 100 metri di una stradina chiara e compatta come panna da cucina, arrivarono davanti a un gruppo di case con garage, dove un anziano con la faccia schiacciata dal sole noleggiava motocicli. Una specie di vecchia lambretta li portò a sparire dietro una curva a picco sulle rocce e sul mare. Il sole cominciava a sbadigliare quando lo sposo arrivò a dove aveva da sempre sognato di portare la sua sposa.
Era una piccola insenatura protetta da un mantello di colline basse. Poco più in alto del mare, nel centro esatto del golfo, una casa lieve si mimetizzava tra le pietre bianche di quel paradiso. Lo sposo orgoglioso tentò la battuta: “Chissà cosa avranno fumato gli dei quando decisero di inventarsi questo posto, … eh?”.
La sposa non rispose e non accennò neppure a un sorriso. Lui giustificò il silenzio pensando (vantandosi un po’) al classico eccesso di stupore. Entrarono nella casa buia e aprirono la finestra di mezzo.
Il cielo aveva a quest’ora il colore degli occhi di Paul Newman, il mare era immobile come un setter davanti al rumore di un presunto fagiano. Una barca bianca era infilata nell’acqua… sembrava un pavesino nella crema di mascarpone, alcuni uccelli chiari volavano, pochi… per non disturbare. Lo sposo aggiunse a tutto ciò un: “… Io ti amo…”.
Lei si affacciò, respirò e disse: “… Ma non c’è nessuno… chissà che noia!” Con gesti calmi responsabili e sicuri, senza più guardarla, lo sposo scese nella stradina dove avevano lasciato la vecchia moto e scomparve dagli occhi di lei alla finestra che attonita chiamava forte il suo nome. Non si incontrarono mai più e non sappiamo più nulla di loro, ma su quell’isola da un po’ di tempo, chissà perché, piove in continuazione