Da bambino non avevo amici. Io e mio fratello Grido siamo diventati amici tardi, quando io divenni grande abbastanza per superare le gelosie da fratello maggiore. Il primo giorno di scuola ero l’unico che non aveva pianto quando i genitori avevano lasciato l’aula.
Non capivo perché tutti si disperassero, in fondo era chiaro che dopo poche ore saremmo tornati a casa. Non riuscivo a relazionarmi con gli altri, a loro piacevano cose che trovavo noiose.
Ogni confronto era sul piano fisico. Quando si facevano le squadre durante l’ora di ginnastica, venivo sempre scelto per ultimo. Cresciuto a Milano dai miei nonni, iniziai le elementari in una piccola frazione di provincia. Ero magro e pallido, il bersaglio preferito dei bulli. Le botte però non mi facevano male quanto i colpi ricevuti a livello psicologico. Ero lo sfigato, addirittura si diceva che portassi sfiga. Ero innamorato di una ragazzina che invece amava uno dei bulli. I bambini sanno essere spietati e, quando gli adulti sono distratti, adottano dinamiche da branco animale. Io non ero certo il maschio alfa, non lo sono mai stato.
Trovai il mio primo amico tra i banchi della scuola media, un altro reietto come me. Tutti e due eravamo emarginati, ascoltavamo roba tipo i Doors e i Black Sabbath.
Eravamo pieni di brufoli, non indossavamo vestiti di marca. Finalmente potevo condividere la passione dei videogiochi, che a quei tempi era considerata quasi una perversione. Entrambi disapprovavamo la provincialità dei nostri coetanei e fuggivamo a Milano appena possibile.
La prima lezione di vita la imparai allora: se trovi un amico tienitelo stretto. Purtroppo, anche se ci abbiamo provato, non siamo riusciti a frequentarci dopo i vent’anni.
Lui si è fatto una famiglia e lavora lontano da Milano, io… va be’, lo sapete io che faccio. Dentro il cuore sarà sempre il mio primo amico, e sono sicuro che un giorno torneremo a sentirci più spesso che solo a Natale. Vero, Davide?
Quando cominciai a bazzicare il centro di Milano, con la testa piegrazie ai social network ci stiamo rincontrando anche con i “dispersi”… ma è una sensazione dolce amara. Il successo ti porta via tanto, non a caso la chiamano onda. Ci sono persone che dicono che sei cambiana di sogni e di rime, incontrai Marco, che ora dirige un’azienda. Insieme a lui mossi i primi passi nella musica, lui dj e io m.c. Ci sentiamo ancora spesso e ci vediamo raramente, ma il rapporto è rimasto invariato. Poi conobbi una banda di ragazzi, che oltre all’altro membro degli Articolo, vantava la presenza di persone che ancora lavorano con me oggi, come ad esempio dj Zak e Space1.
Space1 nei primi anni ’90 era già famoso e lavorava a Radio Deejay. Quando Albertino gli chiese se secondo lui era una buona idea passare gli Articolo rispose “Assolutamente sì” senza conoscermi. Io avevo tutti i suoi dischi in vinile.
Spazio è il ragazzo che vedete cantare con me, quello che finisce le rime quando io prendo fiato. Lui è uno dei pochi rimasti dalla prima compagnia, quella dei primi ’90.
Ora che sono passati così tanti anni, grazie ai social network ci stiamo rincontrando anche con i “dispersi”… ma è una sensazione dolce amara. Il successo ti porta via tanto, non a caso la chiamano onda. Ci sono persone che dicono che sei cambiato, senza rendersi conto che sono loro a cambiare atteggiamento nei tuoi confronti. Io, in fondo, mi sento sempre quel bambino solo. Certe cose nella vita non si superano mai. Ho sempre tentato quindi di lavorare con i miei amici, ormai da quasi un decennio la mia band è formata da persone che mi conoscono da quando ero poco più che adolescente. Nell’ambiente ho tanti conoscenti e pochi amici, come il sopracitato dj Albertino. Quasi tutti lavorano con me da quasi vent’anni. Franco Godi, più che il mio produttore, è un fratello adottivo. Mario Puzo dice che gli amici e gli affari sono come olio e acqua, non si mischiano. Io invece penso che se il successo non ti dà l’opportunità di lavorare con la gente che ami, vuol dire che di successo proprio non ne hai.
THE END