… Dopo anni di abbagli e sonore fatiche, finalmente la più misconosciuta delle scienze, la geomusicologia, ha emesso il verdetto che tutti attendevamo da tempo: il Mediterraneo non fu, in origine, un mare bensì una vasta distesa di sabbie mobili, assolutamente invalicabili, e perdipiù in lenta ma inesorabile crescita…
Tutto ciò preoccupava non poco le popolazioni che erano accampate ai bordi di questo brodo primordiale: prima di tutto perché erano costrette ad arretrare man mano che il fango semovente avanzava, eppoi perché questa fanghiglia impediva loro di prendere contatto con gli immaginari dirimpettai.
Ma c’era di più, un ultimo ma non meno importante particolare: questa presenza li rendeva tristi. Quale poeta, quale musicista, se non fetido, potrebbe mai trovare ispirazione davanti ad una putrida distesa di sabbie mobili a perdita d’occhio?… Solo un lontanissimo antenato dell’H. P. Lovecraft avrebbe potuto ricevere un qualsivoglia bagliore creativo!
Ma torniamo alla recentissima scoperta. Sappiamo oggi che fu un musicista della fine del Quinto millennio a. C. a salvare l’umanità mediterranea dall’estinzione per eccesso di tedio, colui che oggi potremmo chiamare l’inventore del liuto e della chitarra, un artigiano, un falegname al quale daremo il nome di Ibn-el Ud. E questo per tre serie ragioni: prima fra tutte quella che vuole far nascere i cordofoni nel Medio Oriente, poi perché Ud in arabo significa sia legno che liuto (al ud, cioè liuto, luth, lute e laute tra i colonizzati…). Infine perché, oltre alla verosimiglianza, mi piace pronunciarlo.
Dunque Ibn-el Ud era certamente un uomo dotato di grande sensibilità musicale, nonché di fine intuito fisico-matematico, tanto che seppe sfruttare principi fisici allora totalmente sconosciuti.
Ma ecco che, ahimè, una volta costruita la prima “chitarra” (chissà com’era fatta), cercata un’accordatura a noi sconosciuta, ed improvvisato i primi accordi di accompagnamento alle forme vocali di quei tempi lontani (forse le prime “maqamat”), Ibn-el Ud si rese drammaticamente conto che tutto ciò era, in quella situazione, perfettamente inutile… la tristezza grigia e depressiva che permeava quelle terre, soffocava anche il canto più ammaliante, ora impreziosito da quei dolci, persistenti accordi.
Passò altro tempo e ci furono altri tentativi, ma le Grandi Sabbie ebbero la meglio. La musica, le arti, e la vita stessa di quelle popolazioni erano in pericolo…
Finché un giorno in cui tutto il paesaggio si sintonizzò su un’unica tonalità di grigio, Ibn-el Ud si spinse, disperato, sul lungo istmo di terra che entrava dentro le grandi sabbie per qualche chilometro, e dal quale tutti si tenevano ben lontani. Ad un certo punto, solo nell’immenso Grigio, fu sorpreso da un temporale estivo: Ibn-el Ud si sentì in corpo lo spirito di un Highlander ed inveì contro il cielo e la sabbia, contro gli dei che avevano dato tale sciagura al suo popolo (e chissà a quant’altri), e, al colmo dell’ira, si accorse che in un punto non lontano le sabbie mobili gorgogliavano vistosamente, formando in superficie gigantesche bolle di melma sabbiosa e sibilante. Dal dolore dell’impotenza non ci vide più, e lanciò il suo fido strumento verso le semisfere beffarde e maleodoranti: una di esse avvolse ed inghiottì il prezioso cordofono…
Tutto si immobilizzò. La palude sembrò sul punto di sputare il corpo estraneo. Ma non accadde nulla, e la pioggia continuò a cadere silenziosa ma possente…
Ibn-el Ud se ne tornò a casa, intontito, e per la prima volta senza il suo inseparabile strumento. Piovve tutta la notte, e i sette giorni seguenti. Tutti stettero chiusi nelle loro umide (e grigie) abitazioni.
L’ottavo giorno apparve un sole un po’ meno grigio. Questo spinse la gente ad uscire per strada ad asciugare le grigie membra e gli ancor più grigi pensieri. E fu così che tutti si accorsero, con incredulo stupore, che la Grande Palude aveva cambiato colore: era la prima volta che il cielo si rifletteva sulla sua superficie… Ma essa era ora formata da acqua, non più dal fango grigiastro che sino ad allora aveva contaminato paesaggio, corpi ed anime.
Grida di gioia emessi da decine di migliaia di gole fecero increspare la tenera superficie del Nuovo Mare… Corse voce che il miracoloso strumento di Ibn-el Ud aveva fatto da tappo sul fondo delle Grandi Sabbie, e che la lunga pioggia torrenziale aveva fatto il resto. Forse fu così, almeno ci piacerebbe crederlo.
Quello che più importa è che, in un sol colpo, rinacquero a nuova vita tutte le popolazioni di quella parte del mondo, nacque il Mar Mediterraneo, e, di lì a poco, avrebbero visto la luce (è proprio il caso di dirlo) liuti e chitarre di ogni tipo.
Accadde infatti che il racconto del disperato e provvidenziale gesto di Ibn-el Ud, malgrado l’assenza di giornali e telegiornali, fece rapidamente il giro del neonato mare; del quale, peraltro, non si sa quale fu il suo primo nome, ma si è certi invece che ebbe la forma di una chitarra!… (non fate quella faccia, prendete l’atlante e tirate una linea tra l’Andalusia e la Calabria). Il nostro buon falegname volle sottrarsi a questa improvvisa ed imprevista notorietà, e lo fece nel modo migliore: ricostruì lo strumento che aveva sacrificato per il bene di tutti, lo lasciò in bella vista in un luogo ove chiunque avrebbe potuto vederlo, e se ne andò chissà dove con la sua famiglia.
E ci fu il pellegrinaggio per il “sacro Ud”. Esso fu ammirato, venerato, e soprattutto copiato: falegnami, musici, artigiani di ogni razza ne fecero accurati disegni, per poi ricostruire nelle loro botteghe al Ud, lo Strumento Originale. E molti lo battezzarono col nome di colui che per primo lo costruì. Ma i più inventarono ben altri nomi, tanto più strani quanto più lontani nel tempo e nello spazio erano i luoghi nei quali il “sacro” liuto-chitarra fu ri-costruito (non vi stupite, pensate a come poteva funzionare un “telefono senza fili” intercontinentale seimila anni fa…).
Ed ora che è quasi finita, ci rimane giusto il tempo di rivolgere un pensiero a questo Mare Nostrum nato da una “chitarra”, e che a sua volta ha generato centinaia (forse migliaia) di tipi di strumenti a corda… E pensate quanti miliardi di ore di musica e di piacere ci hanno sino ad oggi regalato i discendenti del Primo Ud…
E pensate, infine, come sarebbe stata la nostra vita senza “i cordofoni del Mar Mediterraneo”… (ovvero senza Andrès Segovia e Jimi Hendrix).
Certo molto, ma molto più grigia…