L’Editore aveva mandato un nuovo Direttore, a sorpresa. Il quale se ne stava lì in mezzo a tutti. Però è morto ammazzato. Sempre sorpresa. E dato che l’Editore è una Cooperativa nonostante tutto, la decisione più furba era sembrata quella che i panni sporchi si lavassero in famiglia. Era così arrivato il Commissario Unico Nicodemo (detto Nico) e aveva preso in pugno la situazione prima che trapelasse la notizia. E siccome la Silvia era stata vista per l’ultima volta con il morto (che di nome faceva, naturalmente, Comunardo), fu subito nell’occhio del ciclone. Ma Silvia pianse prima ancora che il copione lo prevedesse e spergiurò di amare Stefano da sempre, anche se raramente corrisposta, e male. Il Beppe non fece una piega ma si vedeva benissimo che ci era rimasto di stucco, ché, con Stefano, lui stava da anni e questo lo sapevano tutti. Tranne Dolores che s’era ignucchita a corteggiare il Beppe dai tempi in cui la “Smemo” era ancora solo cartonata e, si sa, a discutere in due se mettere o no il balacron, succede sempre qualcosa che va al di là delle intenzioni. Ma poi, era davvero un delitto d’amore, quello in cui si era trovato esageratamente coinvolto Comunardo? Maria Gemma ammise che aveva avuto uno sguardo eccessivo, in ascensore, col nuovo direttore, ma niente più, visto che lui sembrava occuparsi più di Gino e Michele che delle ragazze. Ma Gino e Michele, che si erano presentati mano nella mano con Nico sul luogo del delitto, ammisero solo un breve flirt con Silvia la quale si mise di nuovo a piangere e si buttò tra le braccia di Roberto, fino a quel momento il meno sospettato. Fosse stato un film la gente avrebbe detto subito: allora è lui. Ma film non era e Roberto se ne uscì fuori in preda a una crisi isterica tirandosi dietro il Beppe e la Silvia che nella confusione si erano messi a loro volta a muovere mani e bocca non proprio come se facessero l’alfabeto muto. Anche Maria Gemma se n’era uscita lentamente con Nico, con una ridicola scusa di impaginazioni e caratteri, che non ci aveva creduto neppure Stefano, il più buono. Così Stefano stesso aveva finito con l’accettare un invito a teatro di Dolores. Erano rimasti Gino e Michele. I due gaglioffi si chinarono verso Comunardo: “Dai muoviti. Adesso che la lotta per la successione a Direttore è aperta, tutti daranno il massimo per mettersi in mostra. Torna in Cooperativa e avvisa che da domani ognuno porterà alla “Smemoranda ’86” gli articoli più belli”. Comunardo si alzò e salutò: “A domani”. E, come quelli di “Visitors”, si tolse la maschera. C’era da dubitarlo? Comunardo era in realtà Pallino, l’uomo dai mille volti della Cooperativa. Tutto aveva funzionato a meraviglia. Adesso Nico, che davvero – mente insana – aveva progettato tutto ed era il vero Commissario Unico voluto dall’Editore, non doveva aspettare altro che i frutti. Gino e Michele portarono il mattino dopo un articolo del Fulvio, inteso come lo stopper dell’Inter e della Nazionale mondiale. Ma per non far torto alle altre squadre, ci misero insieme i disegni di Perini e Angese, di fede romanista, di Stefano Di Segni, che fecero passare per laziale ma non glielo dissero mai, e di Dalmaviva, che pur essendo di Torino non si era ancora capito se teneva alla Juve o al Toro e per questo aveva passato dei guai. Subito dopo si presentò Dolores. Prima chiese di Stefano, poi, visto che dal foier del “Lirico” nessuno ne aveva saputo più nulla, mise sul tavolo i pezzi di Gaber, Luporini, Guzzanti e Ombretta Colli. Arrivò Silvia con gli occhi ancora gonfi per le ore piccole. Ma portava con sé Ugo Volli, Livia Cerini, Alberto Tonti e Ivan Della Mea. Beppe entrò subito dopo. “Porro, Turroni e Fabio Treves, vi basta?”, disse. “No”, rispose Stefano entrando. Dolores fece una smorfia di disappunto. Stefano era vestito come la sera prima e aveva la barba lunga. Teneva sotto il braccio una cartelletta: le fatiche di Paolo Galvani, Michele Serra, Mario Piazza, Elfo, Franco Serra, Paola Calvetti. “Ottimo lavoro, ma non basta”. Parlò Gino, e Michele estrasse altro materiale: i disegni di Elle Kappa, Giuliano, Enzo Lunari e l’articolo di Gaio Fratini. Maria Gemma, che aveva procurato poche cose, ma buone, estrasse i pezzi di Giorgio Soavi, Frasca Polare, De Micheli Stradivari, Morandini e Lubrano. Stefano quelli di Laura Asnaghi, Cicci Biraghi e Enzo Gentile. Entrò Roberto: portò Luca Visentini in persona che dettò il suo pezzo facendo gli addominali. Silvia disse: “Questo per la vittoria sicura: due cartelle di Natalia Aspesi”. Beppe: “Quattro di Viviana Kasam”. Dolores: “Carlo Castellaneta, Mariangela Melato, Milva!”. Gino e Michele: “Mario Capanna, Fabio Santini, Italo Cucci!”. Dolores: “Giorgio Strehler!”. Stefano: “Greggio e Giannelli!”. Roberto: “Passepartout, Umberto Gay e Aurora Betti.”! Gino e Michele: “Alt. Contemori, D’alfonso, Staino. Due pezzi di Faeti, una poesia di Benni, una vignetta di Altan. Più i nostri pezzi”. Nico, il Commissario Unico, scosse la testa: “Per quest’anno il posto resta vacante. Troppa carne sul fuoco, troppo casino!”. Ma mentiva – l’insano -Stava venendo fuori, lo aveva capito lui, la “Smemoranda” più bella di tutte, la Smemoranda dell’amore: un amore di “Smemoranda”.


Smemoranda


Vedi +

Smemoranda 1986


Vedi +