Un uomo camminava con il giornale aperto davanti al naso.
Guardava con estremo interesse un nuovo tipo di decappottabile, di cui non si sarebbe potuto comperare neanche la pallina da tennis per il gancio della roulotte. L’uomo di cui non posso dire il nome – Filippo Mauceri, coniugato- con una rapida deviazione ad angolo, si infilò in un portone. 
Automaticamente estrasse dal taschino della giacca una chiave argentata.Mantenendola dritta davanti a sé, salì un piano e con precisione assoluta la infilò nella serratura di casa sua. 
Il signor Filippo provò una delle sorprese più grandi della sua ordinata vita: la chiave non girò nella toppa, seppure oliata ogni giorno che l’amministratore manda in terra. 
L’uomo continuò per alcuni secondi ad armeggiare e a rigirarsi tra le mani la capricciosa chiave. Chiamò a gran voce la moglie. 
Trasse un sospiro di sollievo quando sentì che qualcuno, dietro la porta, si avvicinava, ma il poveraccio quasi svenne quando vide sulla soglia di casa un donnone in vestaglia con la faccia arcigna. Non fu terrorizzato dall’aspetto poco gradevole della donna, ma dal fatto che era una perfetta sconosciuta. Il signor Filippo indietreggiò d’un passo e osservòla porta: la numero otto, la sua. Si sincerò anche dello zerbino.La spiritosissima parola Salvelox impressa sopra, lo rassicurò.

Lo ridestarono gli strattoni della matrona che lo aveva preso per il bavero e che pretendevadi sapere cosa volesse da lei. Filippo si divincolò e si precipitò dal suo dirimpettaio, l’unica conoscenza che aveva nel palazzo. Una volta,il vicino aveva bussato da lui per chiedergli in prestito dei proiettilianti-albanese, dato che si era scordato di comprarli.
Suonò.
Immediatamente si affacciò un uomo di mezza età, che inveiva contro di lui senza motivo. Il signor Filippo si trovò perso. Vide la sua stessa esistenza dissolversi in un incubo.
Le urla degli inquilini del pianerottolo, unite ad altre che provenivano dalla tromba delle scale, gli rimbombavano nel cervello. Il solito odore di minestrone, così familiare in mille ritorni a casa, gli salì alle nari mentre scendeva di corsa le scale verso il nulla più angosciante.
L’uomo, disperato, si mise le mani tra i capelli facendosi cadere il cappello,ma non se ne accorse neppure, spaventato com’era dai gesti e dalle parole ostili.

Il disgraziato si fermò nell’androne. Non voleva abbandonare la sua casa. Era smarrito.Nel girarsi verso la luce che veniva dal portone a vetri, il “suo”portone a vetri, vide un’ancora di salvezza: la guardiola del portinaio.Prima di attaccarsi in preda al panico al campanello bitonale, guardò attentamente la porta. Bene al centro c’era un quadretto di papa GiovanniXXIII e di John Kennedy che si guardavano di profilo, circondati da una cornice di conchiglie false. Tutto intorno allo stipite, le cartoline degli inquilini: Rimini, Maldive, Bali, Sharm El Sheik. 
Sicuro, l’uomo suonò al “suo” portiere. Invece, scostate le tende a fiori astratti, si palesò uno sconosciuto con un piatto di spaghetti in mano. Il signor Filippo fuggì di corsa, inciampando nel vaso di begonie, pur avendolo schivato per anni. Ora era nel sole cocente,sperduto. Aveva ancora negli occhi le immagini strazianti di quegli sconosciuti che avevano preso il posto rassicurante delle persone che lo amavano. In un secondo la sua vita era cambiata.
Il signor Filippo si guardò attorno. 
Solo allora si accorse che, negli anni, avevano costruito decine di condomini identici a quello in cui viveva lui. Ma il signor Filippo non si era certo avventurato, fino a quel giorno, al di là del suo numero civico.
Al colmo della felicità, corse verso il suo appartamento, sempre con la chiave puntata dritta davanti a sé. 
Che piacere fisico sublime gli procurò la chiave che girava docile nella toppa!
L’uomo entrò in casa sua. Salutò espansivo la moglie accanto al frigo. La donna non lo degnò di uno sguardo.
Procedendo per il corridoio, il signor Filippo cinguettò un saluto al figlio che guardava in Tv un programma per “voi giovani”. L’adolescente lo ignorò. Il padrone di casa grattò la testa al suo cagnolino che gli ringhiò dietro.
Il signor Filippo si lasciò cadere nella sua poltrona preferita,felice di essere di nuovo tra le persone che lo amavano.


Lorenzo Beccati


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Smemoranda 2002


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