La Luna quella notte era più grande della Terra

di Lucio Dalla su 16 mesi - Smemoranda 2005





Aveva divorato tutto: parole d’amore e di odio, preghiere, struggenti momenti di pace e pericolosi silenzi di guerra. Corpi e respiri aveva succhiato dalle finestre delle case e mangiato le ombre dagli angoli bui delle strade, rubato frasi d’amore spezzate da fischi di bestemmie di fuoco, accordi di chitarre che uscivano dalle osterie per mescolarsi all’abbaio di cani più grossi dei lupi di montagna. Tra lontani tocchi di campane suonate da nessuno, i pochi uomini che circolavano ancora per le strade vedevano la loro ombra allungarsi e muoversi anche quando impauriti si fermavano per farsi superare. In quella notte dove ci si sentiva inseguiti anche a letto, nascosti sotto le più pesanti coperte, si capì che aveva vinto la luna, che non c’era rifugio o angolo o grotta per nascondersi o sogno di labbra dove rifugiarsi. Era una di quelle poche notti di luna piena dove gli innamorati, invece di ascoltare il suo silenzio e la sua musica argentata, le chiedevano nervosi di parlare, di spiegarsi, di invadere il loro destino per sapere quali strade avrebbe preso il loro amore. Se doveva camminare sul filo delle spade che lo avrebbero diviso o se si fosse dolcemente sdraiato su quella nuvola rosa, di prima mattina, là dove spunta il sole.
Dentro un velo di una nuvola incerta, Sidonia la “cantrice” lancia la sua profezia, annuncia l’amore disperato e senza futuro di Tosca. Il suo canto rimbalza tra i tetti di Roma e le piazze vuote, entra dai finestroni delle chiese e, illuminandolo senza pietà, si ferma sul cuore doloroso di un Gesù crocifisso.


Lucio Dalla


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Smemoranda 2005


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