L’abbacchio non vuole pensieri

di Caterina Sylos Labini su 16 mesi - Smemoranda 1991





Hallo Boys, sono Priscilla H. grandissima mignatta americana, e siccome voi di Smemoranda mi piacete un casino, voglio regalarvi in anteprima assoluta alcuni “assaggini” tratti dal mio memoriale di imminente pubblicazione intitolato: “Cock doesn’t want troubles (in italiano: “L’abbacchio non vuole pensieri”). 
Non so da voi in Italia, ma qui negli States, grazie all’Aids, alla droga, alla depressione, all’angoscia, alla dieta, alla prostata, ma soprattutto alla depressione che se li mangia a tutti quanti, il nostro lavoro è diventato veramente una pacchia.
Fare l’amore manco a parlarne: tu devi solo startene lì serafica, mentre lo scoppiato di turno te la mena con le paranoie che gli spappolano il cervello. Quella capa di auricchio di Ronald Reagan, per esempio. Mi chiama solo quando la moglie è in clinica a rifarsi la faccia, quindi non più di tre volte al mese. Non ci crederete, eppure Ronnie è un tipo veramente affascinante.
Dentro quella capoccia da gufo imbalsamato nasconde una banca-dati che fa paura: ha una memoria formidabile, si ricorda tutto.
“Ma allora – mi direte – come mai non si ricorda un tubo dell’Iran Gate?” Perché lui mica è fesso, memorizza solo le cose importanti della sua vita, e cioè tutti i suoi film. Ed è qui che gli si scatena l’erotismo. Basta che gli citi un titolo a capocchia di un suo vecchio film, che lui te lo recita da cani dalla prima all’ultima inquadratura. Capito che notti irresistibili? 
Tutto il contrario di quell’altra faccia da auricchio di Schwarzenegger. Lui mi invita in palestra e poi si scatena. Con gli attrezzi, però. Contento lui…
A dispetto di certi suoi volgari detrattori che lo dipingono come un perfetto imbranato nei rapporti con il gentil sesso, Woody Allen, tiè, e beccate questa, sarebbe invece un vero e proprio bomber.
E’ stato per anni uno schiopper furibondo e solo di recente, purtroppo, una devastante forma di “morbo del jazzista” gli ha disintegrato la libido. Woody è ormai maniacalmente convinto di essere la reincarnazione di un grande mito del jazz e che il suo coso sia il suo clarino, ragion per cui se lo tiene tutto l’anno blindato in una custodia. Lo tira fuori solo alla festa del suo compleanno e agli astanti che fanno buon viso a pessimo gioco, dice con fremente commozione:” Aò, guardate che strumento! Questo, tempo due anni, diventa primo clarino alla Philarmonic Orchestra di Chicago, tant’è vero che mi chiamo Artie Shaw!”.
E ora vi abbraccio tutti caldamente, ma non in senso figurato, bensì in senso violentemente erotico, perché qua, co’ ‘sti chiari di luna, la carne urla, anzi ululaaaaa…
s Love


Caterina Sylos Labini


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