«Ciao!».
Dev’essere cominciata così, anche se in verità non lo ricordo. Ricordo i mesi successivi, il commento ogni giorno di un numero di Ken il Guerriero, che mi facevo prestare per avere argomenti di conversazione con quel tipo carino visto all’università, ma col quale non sapevo come attaccare bottone.
Sì, di sicuro mi sarò girata, e, prendendo il coraggio a due mani, gli avrò detto solo: «Ciao!».
Non lo sapevo, allora, ma quel ragazzo sarebbe diventato mio marito.
«Ciao!» avrebbe detto lui, la bellezza di nove anni dopo. Sette di fidanzamento, due da sposini, soli io e lui, e poi il test di gravidanza che si colora. Nostra figlia sembra il grande puffo, con la tutina immancabilmente troppo larga, e il cappello assolutamente smisurato per la sua capoccetta da bimba appena nata. E ci viene da dire solo questo, dopo averla immaginata, attesa, vista sgranata sullo schermo di un ecografo. Ciao.
«Ciao!» risuona nei corridoi del pensionato dove mi ritrovo a quindici anni. Mi ci ha mandato la scuola, come membro della delegazione italiana che discuterà dei temi della fame nel mondo. È il 1996, a Roma c’è il summit della FAO, e, di fianco ai capi di stato, ci siamo noi, centinaia di ragazzi provenienti da tutto il globo. Tchao dicono i miei amici africani francofoni, perché ciao è universale. E lì, in mezzo ai monaci che ci ospitano per una settimana, ce lo diciamo spesso incrociandoci, anche se non ci conosciamo, anche se lavoriamo in gruppi diversi. Tchao, perché siamo una cosa sola, in quei pochi, irripetibili giorni.
Ciao. Una delle poche parole in italiano che scambio con un ragazzo nigeriano che incontro ogni volta che passo dal supermercato vicino casa mia. Il resto ce lo diciamo in inglese. Banalità sul tempo, su quel che facciamo. Vorrei saperlo aiutare, vorrei potergli dare più che quattro parole in croce nella sua lingua madre. Ma non so, o non riesco.
Un saluto per chi è appena arrivato, per chi comincia una storia, per chi si riconosce nonostante tutto, per chi si tocca solo per un istante. I “ciao” della mia vita.