L’importante è non dargi soddisfazione!

di Emanuele Pirella su 16 mesi - Smemoranda 1981





I padri si interrogano. Si aggirano preoccupati. Dietro la porta chiusa del bagno, c’è un figlio con la diarrea o un figlio in coma per un’overdose? Perché sono questi i tempi che viviamo. Un mio amico cinquantenne ha abbattuto a spallate la porta e ha sorpreso il figlio, francamente meravigliato ma impossibilitato a reagire, seduto sul cesso a leggere Linus. Una sera io aspetto un’amica in Largo Treves, a Milano. Forse ho capito male l’ora perché l’amica ritarda e io vado un po’ su e giù, silenziosamente, lungo via Solferino. Vedo i giornalisti del Corriere, appena le mie Clark fanno il loro appiccicoso pigolio, fare un salto, guardarmi brutto, mettersi spalle al muro. “Non preoccupatevi, sono una vittima anch’io” mi verrebbe voglia di dire. Invece decido di tossicchiare lungo tutto il percorso, di starnutire, di cantare, di rumoreggiare, di fischiare, di fare tutta una serie di rumori rassicuranti. Le Brigate Rosse non tossiscono? O ad un posto di blocco un altro amico che disciplinatamente si ferma. Frugano la macchina, guardano i documenti, danno un’altra occhiata, tutto bene. Gli chiudono il portellone, “parta pure!”. Dopo due chilometri, un secondo posto di blocco. Documenti, ispezione alla macchina. Appena riaperto il portellone, colpo di scena. Proprio lì, in bella vista, c’è un mitra dimenticato da qualche poliziotto del posto di blocco di prima. Sì, adesso è facile scriverlo per bene, “mitra dimenticato da qualche poliziotto del posto di blocco di prima”. Il mio amico è riuscito a dirlo solo due giorni dopo ad un tenente che finalmente gli ha creduto. (E intanto, nella caserma, un giovane poliziotto stava consegnato perché aveva “perso” il suo mitra). L’apocalisse è fatta così. Sintomi contraddittori e apparentemente trascurabili compaiono qua e là. Potrebbe essere varicella. Invece è l’apocalisse. Uno esce da un film dell’orrore e gli pare di aver visto un film neorealistico. Mostri? Occhi strappati? Sangue? Torture? “Basta con questa piatta riproduzione della realtà!” In fondo non mancano che diciannove anni all’anno Duemila. Ricordate quello che ci facevano imparare a scuola, sulla famosa paura dell’anno Mille? Beh, una volta ci è andata bene, due non credo. C’è da dire che abbiamo preso la rincorsa lunga. Io contavo di spassarmela almeno fino al 1997. Poi lì si vedeva quale religione scegliere, di che morte morire. Invece niente. Eccoci qui ad aspettare, facendo finta di niente. Io ho addirittura votato DP, a proposito di far finta di niente. E mi capita di dire: “ti amo”. E di stappare una bottiglia di vino e di versarla agli amici. Magari dico anche: “Sentite com’è buono!”. L’importante è non dargli soddisfazione, all’apocalisse. Se verrà, bisogna farsi trovare rigorosamente impreparati. Io, un attimo prima, mi metterò le dita nel naso. Che venga. Mi riconosceranno, dopo, dalla faccia attonita, appena appena stupita.


Emanuele Pirella


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