Questa storia è vera, anche se chi mi conosce la troverà incredibile. Ebbene: il primo di mille, duemila, tremila concerti visti in vita mia è stato quello di Madonna, a Firenze, il 6 settembre dell’87.
“Madonna?”, esclamerà stupito chi mi conosce. Eh, sì. Io che ho visto cinquanta volte Bruce Springsteen, io che ho seguito i Pearl Jam a Londra, Dublino e Belfast, io che conosco tutte le canzoni degli Afterhours e dei Diaframma, tutti i cantanti dei Deep Purple, tutta la discografia degli Who, il primo biglietto per un’esibizione live l’ho comprato per Madonna. Ma capitemi.
Intanto, avevo sedici anni. Quando hai sedici anni, la copertina di Like a Virgin può giocarti brutti scherzi… e infatti, nell’angolo della mia camera in cui accumulavo oggettistica varia – fumetti dell’Uomo Ragno, libri di fantascienza, cassette di Vasco – c’erano un sacco di poster, copertine, articoli, foto di Madonna. A un certo punto la pila di roba si era talmente accumulata che mio padre aveva comprato una mensola di solido ferro, aveva chiamato un falegname professionista e l’aveva fatta montare sopra il mio letto. Così, senza nemmeno uscire dalle coperte, potevo alzare una mano e prendere a scelta un vecchio numero dell’Uomo Ragno, un volume della saga di John Carter di Marte o – slurp – un poster di Madonna succintamente vestita.
Per il concerto avevo un piano perfetto. Il giorno prima ero andato a trovare mia nonna nella sua casa di Firenze, e siccome mia nonna mai e poi mai mi avrebbe lasciato andare a un concerto, meno che mai di una cantante dal nome blasfemo, le avevo raccontato che sarei uscito con mio cugino. Un cugino noto nell’ambiente del Galluzzo come Metallo, data la passione per gruppi come Iron Maiden, Metallica o Manowar. Corrompere il cugino Metallo, pagare il silenzio, era facile: bastava regalargli una spilletta nuova degli Ac/Dc.
Così, un po’ emozionato, mi ero messo in fila fuori dallo stadio Franchi. Avrei assistito al mio primo concerto, quella sera. Avrei visto Madonna, la donna che popolava i miei più luridi sogni!
Ma lo show mi aveva annoiato abbastanza, a dir la verità. I cambi d’abito, i balletti e le invereconde stonature mi avevano estenuato un poco. Il pubblico, che si era messo a intonare un tremendo Alee-ooo durante Live to Tell, mi era parso ignorantissimo e cafone. E Madonna, vista dal vivo, non pareva poi ’sta gran bellezza.
Il giorno dopo, tornato a Bologna, avevo avuto una curiosa sorpresa.
Quella notte, per motivi oscuri, la mensola di ferro si era staccata dalla parete. E il peso combinato della mensola, dei libri di fantascienza da ottocento pagine, dei fumetti, dei dischi, erano stati sufficienti a – incredibile! – squarciare il mio cuscino. Il cuscino sul quale tutte le notti appoggiavo la testa. Tutte le notti tranne quella lì, quella in cui ero impegnato a sbadigliare sulle coreografie di Open your heart.
Allora: come potrebbe un giorno essere perfetto più di quel 6 settembre ’87?
Intanto, avevo visto il primo concerto della mia vita… e avevo capito che gli show a base di balletti e cambi d’abito mi facevano venir voglia di rigettare.
Che al mio secondo concerto avrei voluto sentire delle chitarre, delle batterie, dei bassi, e che forse avrei potuto chiedere al cugino Metallo di registrarmi qualcosa dei Black Sabbath.
Ma, soprattutto, prima di ogni altra cosa, non ero morto con la testa schiacciata dalla mensola. Grazie a Madonna, sono vivo per raccontarlo.
Vi pare poco?