Giangilberto Salaroli, Cavaliere del Lavoro, non immaginava certo di trovare un rinoceronte nell’ascensore.
L’animale, cortese, teneva una zampa sulla fotocellula per impedire alle porte di chiudersi, e con il corno gli faceva cenno d’entrare.
L’uomo indietreggiò sgomento nel pianerottolo e non salì.
L’ascensore ripartì silente.
Il Cavaliere del Lavoro, indignato, ne parlò con la moglie che stava facendo tai-chi davanti al frigo e lo ignorò.
Dalla rabbia, ripensando al rinoceronte, quella notte l’uomo non dormì, continuando a fissare l’ora della sveglia proiettata sul soffitto della camera con la tappezzeria a piccoli pierrot che ridono. Una rarità.
Il mattino dopo, Giangilberto Salaroli pigiò il bottone SU con una certa apprensione. Scivolando sui cavi impregnati di grasso, l’ascensore arrivò, pronto ad accoglierlo. Del rinoceronte nessuna traccia.
Quando l’uomo si apprestò a salire, avvertì una presenza alle sue spalle.
Il rinoceronte era lì, ansimante, con due grosse borse della spesa del supermercato “Menodicosìcirimetto”.
Con un gesto di raccapriccio, il Cavaliere del Lavoro s’infilò nel piccolo vano.
L’animale lesse il cartello con la portata espressa in chili e si avviò mesto per le scale, ondeggiando il sederone a ogni gradino.
Trascorsi alcuni giorni, Giangilberto Salaroli trovò un filo di pipì lungo il vaso di peonie di plastica nell’androne. Chiamò il portinaio e sbraitò che era stato di sicuro il rinoceronte.
L’occupante della guardiola, pur nutrendo il dubbio che l’animale africano sarebbe stato capace di ben altre entità acquose, gli diede ragione e tre bollini Esso per raggiungere il termo-giaccone.
Il Cavaliere del Lavoro si lamentò anche della puzza di selvatico che trapelava dalla porta del rinoceronte.
Subito si mise a scrivere una lettera, su carta intestata fregata in un alberghetto di Alassio, con cui convocava i condomini per un’assemblea.
Ordine del giorno: il rinoceronte.
La sala preposta era piena. Unico assente, per decenza, l’animale.
Giangilberto Salaroli, spalleggiato dalla moglie sessantenne in tuta da aerobica, tuonò contro l’africano.
Urlò così tanto che almeno tre volte la sua dentiera fece capolino per vedere cosa stesse succedendo.
L’oratore asserì che l’essere primordiale era un problema e doveva essere cacciato. Non solo per il decoro, ma anche perché tutti gli appartamenti del palazzo perdevano di valore. Ci mise poco a convincere i condomini e il rinoceronte fu cacciato.
Giangilberto Salaroli al bar “Bar Bagianni” si vanta: -Va bene tutto, ma un extracomunitario nel mio condominio, proprio no!”
Ebbro di Biancosarti, il Cavaliere del Lavoro torna a casa e trova nell’ascensore due stambecchi della Valle d’Aosta. Sorride.