Lei e lui alla sbarra. No, non quella… Bensì l’infernale oggetto di legno (o metallo) che come una costante persecuzione affligge la vita di ogni ballerino/ina che si rispetti. Sala-ballo del Mega-Teatro-Conosciuto-In-Tutto-Il-Mondo-Per-Le-Sue-Tradizioni. Interno. Giorno. Lei è ancora leggermente assonnata vista l’ora: la maledetta lezione (ovvero il riscaldamento psicologico-muscolare a cui quotidianamente si sottomette con la disciplina che le hanno inculcato) si svolge sempre presto e lei non ci ha ancora fatto l’abitudine. E nervosa. Domani sera debutterà nella parte di Giulietta e attende il suo Romeo. Alla sbarra. Gliel’hanno spedito direttamente dall’Unione Sovietica… No, di là c’è scappato lui, giusto un paio di settimane fa: “troppo freddo – ha dichiarato agli assalti della stampa la neo-star e soprattutto – pochi soldi”. Nessuno in Italia lo ha mai visto. Neanche la direzione del teatro. La lezione incalza, il maître de ballet in tenuta da aerobica da i consueti uno-due-tre-quattro, noiosi come sempre. Lui appare. Nome incomprensibile, non sa una parola d’italiano, basso che più basso di così non si può, sguardo sprezzante, tipicamente ballerineccio di quelli che “lo so che sono brutto, ma tanto ho la tecnica”. Tovarich a tutti. Va alla sbarra e ignorando la sua lei inizia un fastidioso balzello con le gambe a velocità indescrivibile. “Dio, com’è brutto… ho sognato Romeo con capello lungo, biondo a caschetto, sguardo sognante, fisico body-building, occhio delonesco”. Il tarlo dell’angoscia aumenta quando iniziano le prove. Lei è sopraffatta dalla bruttezza e dai brufoli di Romeo… Beh, se ne potrebbe re-inventare una versione sul tema “l’amore è cieco”. Non trova giustificazioni. “E l’alito? Come ce l’avrà, l’alito?”. L’incontro… il primo contatto, le mani che s’incrociano prima timidamente, poi sempre più effervescenti e colme di giovanile esuberanza scespiriana… e quel maledetto (fino a ieri benedetto) primo bacio… “come farò?”. Tovarich annuisce, accenna un sorriso. “E che piedi!… Accidenti come salta…” Si provano i particolari. Lui strascica le gambe leggendarie. La parte la conosce a memoria, l’ha già ballata in mezza Unione Sovietica… Ma lei no. L’ha sognata perenni e adesso l’occasione è arrivata. Domani sarà Giulietta. Il pensiero la martella, non riesce a distrarsi da quella visione di realtà che si mescola al sogno di sempre. “Beh, dopotutto è una star. Mi farò pubblicità. E se poi quei maledetti giornaletti s’inventano la storia d’amore, di quelle dal palcoscenico alla vita la strada è breve”. Tovarich suda. “Anche questo ci voleva.” Durante la pausa lei tenta un contatto verbale. “In fondo dobbiamo ballare insieme una delle storie d’amore più importanti della letteratura di tutti i tempi.” Lei sbatte i ciglioni tentando la conquista. Ma lui continua a tacere. “E io, che se non mi immedesimo non ce la faccio… Del resto se De Miro riesce a diventare Jack la Motta in due mesi, avrò pure il diritto di sembrare Giulietta per qualche ora.” “Ma come diavolo farò a suicidarmi per uno così? Potrei sempre provare – come fanno tante mogli dopo il primo periodo di passione – a ballare con lui immaginando di avere come partner, che so, William Hurt o Christopher Lambert… Ma perché non mi hanno rifilato John Travolta ultima maniera? Questo ci ha la tecnica, piroetta e salta meglio di me…” Adesso suda anche lei. Non per lo sforzo, ma per il terrore. Ognuno ha il sudore che si merita. “E se vado in direzione annunciando che Tovarich non ha il phisique du rôle? Non mi crederebbero. Che ne sanno loro di quello che prova una ballerina che deve fingere di amare un Romeo di questo genere?” Palcoscenico. Interno. Sera. Sono due giorni che si conoscono e Tovarich insiste a non parlare. Gira, piroetta, salta e simula amore per Giulietta tra un tramezzino e l’altro. Scena della camera da letto. Romeo e Giulietta consumano la loro prima (e unica) notte d’amore. La tragedia è alle porte. Tra qualche ora Romeo fuggirà ecc. ecc. “Sì, ma prima ci tocca consumare.” La musica di Prokoviev illumina di note la platea del teatro. A lei sembra una marcia funebre. Ma le hanno insegnato che quella è una scena dâamore. La sognava tutte le sere, da piccola, quando la danza era solo fatica e la costringevano persine ad andare a scuola. “E adesso che faccio?” Lui si insinua tra il finto lenzuolo (nella danza tutto è metafora), accenna toccatine pudiche e danzate. L’angoscia di Giulietta aumenta; sono a contatto… Tovarich non immagina minimamente quello che lei sta provando, dentro, nell’anima lacerata dalla delusione… “In fondo sono una star, prima ballerina assoluta. Ci ho messo una vita per arrivarci. Posso sempre fingere e danzare per me, come se lui non ci fosse… Verranno male anche le fotografie…” La serata? Un successo senza precedenti. Nessuno si è accorto di niente, tra il pubblico, che decreta Tovarich astro nascente. Pazienza se è bruttino e anche leggermente rachitico. Naturalmente, le critiche hanno sottolineato la meravigliosa intesa tra i due partner, la religiosa atmosfera che la nuova coppia della danza è riuscita a creare sulla scena. Giulietta e Romeo hanno ringraziato il pubblico sotto una cascata di fiori. Pare inviati dal governo americano. Fioccano contratti da tutto il mondo per Tovarich. Nessuno sa che al colmo della scena d’amore, piena di pathos e commozione Tovarich finalmente ha parlato. Con gli occhi, naturalmente. Solo per implorarla di levare i suoi piedi che incautamente si erano poggiati, in piena punta di gesso, sull’allucione strapagato del sovietico dâassalto. Potenza di un “pas de deux” che, per chi non lo sapesse, è il “passo a due” ovvero la realizzazione in danza dell’atto d’amore.


Paola Calvetti


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Smemoranda 1986


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