Anche i mari, si sa, invecchiano. E, con l’età, cambiano fisionomia: il Mediterraneo, nel secolo che verrà, non farà eccezione.
Confrontate i vostri vecchi atlanti del 1995 con le immagini, naturalmente in ologramma (proiezioni laser), evocate dagli atlanti in CD-Rom in voga nel 2045. Ad occhio e croce, sarete prossimi alla pensione: vicini a festeggiare il vostro sessantesimo compleanno.
Chiamerete dunque a voi i vostri nipoti. Seguirete il loro indice quando, sfiorando con un solo tocco lo schermo dell’Olo-Atlante, richiameranno l’immagine del pianeta.
Così eccovi davanti l’immagine del globo terrestre. Un computer super intelligente decodifica comandi vocali.
Non appena pronunciate la parola “Mediterraneo” si attiva. Eccovi davanti – ripreso da satellite, sintesi monitorata nel corso delle ultime ventiquattro ore – l’intero Mediterraneo.
Un tempo – anche visto dal satellite – il Mediterraneo di notte era nero come la pece: tranne che per le luci delle città sulle coste. Le luci dei grandi centri ci sono ancora: Genova è lassù, un milione e mezzo di abitanti, un terzo italiani e due terzi maghrebini che hanno dato man forte al decollo di quella che, con Napoli, è diventata la più importante città araba del Mediterraneo occidentale. Con Marsiglia e Barcellona formano il cosiddetto Quadrilatero del cuscus. Un tempo, sul finire del millennio, erano solo le tribolate mete dell’emigrazione araba. Ora, invece, sono metropoli multirazziali, le più vivaci e ricche dell’intero bacino.
Il mare, appena sotto, è punteggiato da fonti luminose fortissime: quelli che sembrano fuochi artificiali sono i vulcani sottomarini ritornati in attività, nel basso Tirreno, dopo il sisma del 2002: fece un mucchio di danni, ma, ironia della sorte, unì la Sicilia al continente rendendo inutile la costruzione di quel ponte, sullo stretto di Messina in progettazione da qualche decennio.
I bagliori dei vulcani in eruzione s’accostano a fonti luminose – d’un azzurrino che tende al verde – schierate davanti alla costa africana. Sono gli impianti per l’estrazione degli immensi giacimenti di gas naturale che costellano il Mediterraneo meridionale. Se pensate che, per quelle lucine, nel 1998 è scoppiata anche una guerra tra la Libia e Algeria e Tunisia vi rendete conto di quanti soldi si pompano da quelle parti. Peccato che non se li godano i paesi interessati ma quella “Repubblica Islamica del Mare Aperto” che, di fatto è stato il primo stato non territoriale del Mediterraneo. E quando si dice non territoriale si vuol proprio dire che non ha terra. A meno di voler definire con questo termine le dozzine di amplissime piattaforme – la più piccola con l’estensione di una dozzina di portaerei affiancate – dove hanno sede la capitale e gli uffici di questo stato “virtuale”, il più ricco tra quelli che s’affacciano su queste coste.
Altrettanto ricco è lo Stato Confederato di Gerusalemme e Cipro dove arabi e israeliani, finalmente integratisi gli uni agli altri, sono diventati il punto di riferimento a cui fanno capo anche il Libano, la Siria, la Grecia e l’Egitto (con la Turchia il paese più popoloso del bacino). La Confederazione è governata da un faraone ebreo che si chiama Mosé III.
Se spostate lo sguardo del satellite verso l’Adriatico vedete il buio più buio. Nessuna luce: dopo le guerre balcaniche durate tre decenni quelle terre sono frammentate in principati, basate su economie elementari dove anche l’energia elettrica è un lusso. Splendono solo le luci delle isole dalmate acquistate da un fondo pensioni tedesco. Di fatto il clima è buono e, il costo della vita, ridicolo.
Tokio, per i suoi anziani in pensione, si è comprato invece le Baleari, le isole dell’Egeo e – per la Cappadocia – ci sono trattative in corso. L’Inps, con la riforma decollata nel 1996 ai suoi pensionati offre l’Abania e il Marocco. I vostri amici, che vi aspettano lì per il prossimo anno, si trovano bene. Talvolta hanno nostalgia.
Di cosa? Ma dell’anno scolastico 1995-96, naturalmente.