La maschera che indossa Arlecchino è colorcuoio, marrone scuro, come un volto bruciato dal sole, un volto di un contadino:esattamente quello che è Arlecchino. La maschera di Pulcinella ènera. Non un volto abbronzato, ma un moro. Figlio dell’Africa, “figliodi Annibale” come canta Almamegretta. Anche Pantalone, veneziano, hala maschera nera e, infatti, la sua origine è araba, un mercantearabo che vive a Venezia, così aperta verso Oriente, un mercantearabo che ha imparato ben presto le abitudini e la lingua dei veneziani.Ma Pulcinella, figlio di un moro (la storia si ripete, ricordate la TammuriataNera, scritta dopo l’entrata degli americani a Napoli, che parla di un bambinonato nero, evidente frutto di un incontro tra un nero americano e una napoletana?)non è un mercante, è un figlio di nessuno, condannato a rimanerepovero e con l’eterno problema della fame… Ogni popolazione, ogni città,quando crea la sua “maschera” lo fa parlando di sé, deipropri difetti e delle proprie virtù, nascondendosi dietro un filtro,un simbolo, una maschera, appunto… Ricordo la casa dietro piazza Plebiscitoe il sole di Napoli sulla terrazza con i vasi del basilico e mia madre chemi raccontava questa storia di Pulcinella… Un giorno Pulcinella sta camminandoin campagna. é primavera, il sole è caldo e l’aria èprofumata di limoni e di fiori nuovi… Ad un certo punto, da dietro uncespuglio, balza fuori un leone! Ora vi devo dire, in tutta coscienza, cheio non ho mai visto un leone a Napoli, né sulla costiera amalfitana,né a Somma Vesuviana e neanche a San Giovanni a Teduccio… Ma erobambino e quel leone che balzava alle spalle di Pulcinella, mi sembravadel tutto reale e così, per me, era logico che Pulcinella si mettessea correre per cercare di sfuggire a questo leone sbucato fuori da chissàquale paese lontano o da chissà quale memoria africana dello stessoPulcinella… Fatto sta che il povero moro-napoletano scappa, inseguitodal leone, ed arriva sull’orlo di un precipizio. Si volta e vede il leoneche lo sta raggiungendo, così si attacca ad una radice che spuntadal dirupo e si lascia penzolare nel vuoto. Il leone arriva, si siede esi mette ad annusare, con l’acquolina in bocca, quel bocconcino sospesoa un metro sotto di lui. Pulcinella guarda verso il basso e vede che unaltro leone, giù alla base del precipizio, lo sta guardando e giàsi lecca i baffi pregustando un pranzetto che, prima o poi, gli arriveràdal cielo. Il povero Pulcinella, sospeso nel vuoto tra due leoni che stannoaspettando solo lui, non sa che fare. Guarda alla sua sinistra e vede, apochi centimetri da lui, una piantina di fragole selvatiche con una fragolinamatura, rossa e profumata. Allora guarda ancora una volta il leone sopradi lui e il leone sotto di lui, poi stende una mano, stacca la fragolinae se la mangia. Quella fragola era davvero dolcissima! La storia finivacosì. E naturalmente io domandavo a mia madre cosa succedeva a Pulcinella.E giustamente mia madre rispondeva: “Non si sa… intanto Pulcinellasi è mangiato la fragola.” Tutto questo è molto Napoletanoe, quindi molto pulcinellesco, ma… Parecchi anni dopo, leggendo in librodi aneddoti Zen cinesi ho trovato la stessa storia, dove l’uomo, però,si ritrovava sospeso tra due tigri. Le fragole ci sono anche in Oriente,ma non sapevo che Pulcinella fosse mai stato in Cina…